Sebbene tutte le amministrazioni pubbliche subiscano da tempo gli effetti della spending rewiev, ed anche i nostri militari patiscano gli effetti di questi tagli, le dotazioni belliche delle nostre armate continua ad ammodernarsi a prezzi tutt’altro che di saldo.
La scorsa estate le due Camere hanno approvato delle mozioni che impegnavano il governo a non precedere a nessuna ulteriore acquisizione degli F35 in attesa delle conclusioni di un`indagine conoscitiva parlamentare; nonostante ciò già a settembre il ministro Mario Mauro ha avviato le procedure per l’acquisto di nuovi cacciabombardieri prodotti dalla statunitense Lockeed Martin; come più volte spiegato si tratta di aerei dotati di una tecnologia quanto mai avanzata dal costo di 150 milioni di euro ciascuno in grado di trasportare sia le bombe tradizionali sia quelle nucleari, sebbene avendo il nostro paese firmato il trattato di Non proliferazione nucleare non potrebbe utilizzarle nemmeno se prodotte e fornite da un’altra nazione, ragione per la quale le 90 stanziate in Italia tra Ghedi ed Aviano sono sotto il controllo delle truppe statunitensi.
I nuovi acquisti del ministro
Lo scorso 27 settembre oltre a saldare l’ultima rata da 113 milioni dei primi 3 aerei già acquistati il dicastero guidato da Mauro ha firmato il contratto d’acquisto definitivo di altri 3 aerei per 403 milioni, per i quali in precedenza erano stati anticipati 47 milioni. Alcune settimane dopo dalle casse statali sono usciti altri 60 milioni in qualità di anticipo per 8 ulteriori velivoli.
Non appena dagli Usa sono trapelate queste notizie ovviamente il Parlamento ha chiesto lumi al ministro che però ha fatto notare ai suoi interlocutori che le mozioni parlamentari “non incidono
sulle politiche di acquisto già determinate”, schierandosi così ancora una volta con i vertici militari che non gradiscono la facoltà del Parlamento di poter controllare la spesa militare in seguito ad una norma introdotta nel 2012.
Lo scontro però riguarda anche i beneficiari dei soldi stanziati dalla Difesa oggi appannaggio della statunitense Lockeed Martin a danno dell’italiana Finmeccanica. Molti infatti, specie tra i renziani, preferirebbero che quei soldi venissero spesi per l’acquisto degli Eurofighter prodotti da un consorzio del vecchio continente cui fa parte anche la controllata dello Stato.
I fautori di questa ipotesi sostengono che questa scelta consentirebbe un risparmio nella manutenzione e l’autonomia operativa vista la comproprietà dell’hardware, che invece rimane sotto esclusivo controllo americano sugli F35, spregiativamente definiti “aerei a sovranità limitata”.
La spesa triennale
Per carità, tutte queste spese Palazzo Baracchini le aveva pianificate da tempo visto che se ne faceva menzione già nell’apposito documento pluriennale della Difesa per il triennio 2013-2015 presentato lo scorso anno dall’allora ministro Di Paola, da molti indicato come consulente di Finmeccanica anche se la stessa azienda ha in più occasioni smentito tale indiscrezione, pienamente confermato dal suo successore Mauro.
Spulciando il documento si vede bene che nei 5 miliardi stanziati per il 2014 oltre 500 milioni sono destinati agli F35 mentre un miliardo è riservato agli Eurofighter. Ciò che rende questa corsa al riarmo ancora più incomprensibile, al di là della possibilità di finanziare un’azienda italiana o ina americana, specie in tempi di crisi come quelli attuali, è il costante taglio del numero dei militari operati dai vari governi che si sono susseguiti che hanno portato ad una diminuzione di ben 35mila unità e con il ministro Mauro che anche nel Consiglio dei Ministri di venerdì ha presentato le proprie proposte per risparmiare diminuendo ancora il numero dei nostri soldati.
Fabrizio Di Ernesto - Agenzia Stampa Italia