Oggi si alza il dito contro il problema della “cementificazione” poiché negli ultimi cinquant' anni e soprattutto nella Prima Repubblica, si è fatto scempio dell'ambiente senza alcuno scrupolo con sfrenate speculazioni edilizie, per esempio, con i consorzi di bonifica che alla luce dei fatti sembrano avere avuto il primario obiettivo di spendere miliardi di vecchie lire, ma come poi venivano impiegati i giganteschi fiumi di denaro non aveva importanza; così pressoché tutti i fiumi abruzzesi sono stati cementificati e “arginati” per fare in modo che i terreni circostanti divenissero edificabili, senza porsi il problema di come quelle opere siano state concepite, di quali danni avrebbero potuto creare. Si restringono gli argini e l’acqua non passa con la stessa facilità: in caso di piena sono guai.
Quei guai che abbiamo visto in questi giorni sulla costa abruzzese sopratutto a Pescara, Montesilvano e Francavilla al Mare (patrie della speculazione edilizia selvaggia), dopo l'ultima alluvione del 1992. In fin dei conti qualcuno potrebbe dire che dopo 20 anni una emergenza ci può stare ma non è così: di disastri annunciati è piena l’Italia e l’Abruzzo eccelle in questa specialità.
Si è sempre solo pensato ad accontentare questo o quella lobby economica e si sono adattati progetti non in base alle esigenze del territorio o dell’interesse pubblico ma a quelli del desiderio dei privati amici del detentore del potere di turno con numerose opere pubbliche imposte al territorio e alla popolazione perché volute dai poteri forti.
In questi giorni con lo sgombero e la chiusura per due giorni del Centro Commerciale Megalò, costruito in piena area di esondazione, così come mostrano le mappe della Regione, si è tornato a parlare dell'utilità e della convenienza di questa opera, il cui sgombero voluto dal sindaco Di Primio è stata forse una super precauzione visto che il fiume che è esondato non ha superato i maxi argini di 11 metri di altezza costruiti proprio per difendere il centro commerciale. Eppure la costruzione di quel centro superò tutti i controlli tecnici e burocratici spinti dalla politica che aveva deciso che quella iniziativa privata doveva essere realizzata proprio in quella zona. Ma, in realtà, la costruzione del Centro Commerciale Megalò, è solo la punta di un iceberg e non può essere usata come "capro espiatorio" di una situazione che "fa acqua da tutte le parti" in questo caso veramente in tutti i sensi e rappresenta probabilmente il fallimento delle scelte dell'intera classe politica degli ultimi decenni.
Viene alla mente ad esempio il rapidissimo e scriteriato sviluppo urbano di Pescara eMontesilvano sulla costa, a pochi passi dal mare, con case addossate senza un sistema fognario e servizi adeguati o lo sviluppo edilizio nei pressi del porto canale dove sorgono diversi uffici pubblici come la Regione, la Prefettura, la Questura, la Provincia e tanti altri, oppure il guaio della diga foranea che ha di fatto tappato il fiume che in casi di piena non defluisce come dovrebbe e che oggi ha bisogno di almeno 200mln di euro per essere “aggiustato”. Tutte aree che con la pioggia si allagano sistematicamente e che con l'alluvione sono diventate dei fiumi in piena. E’ vero la pioggia di questi giorni è stata eccezionale ma ad esempio Porta Nuova a Pescara si allaga anche se fanno quattro gocce.
Tutte opera realizzata con la superbia del potere che non ascolta chi è più in basso ma ha ragione ed oggi siamo a raccontare una tragedia.
In nome della fiducia infinita nel progresso e del business economico senza limiti si è preferito costruire, realizzare infrastrutture e servizi sulla costa, penalizzando ad esempio aree di antica urbanizzazione come Chieti alta che negli ultimi decenni è stata inspiegabilmente umiliata e svuotata di molti uffici e servizi solo per ragioni politiche e interessi di parte diversi da quelli della collettività e che in questi giorni ha dimostrato tutta la sua importanza e utilità. Se centri di potere e uffici amministrativi sono stati concentrati per millenni sul colle teatino, qualche ragione ci sarà. Il problema delle frane è un falso problema, perché comunque è un fenomeno che se ben controllato non porta seri danni anche perché a Chieti alta non c'è stata saggiamente quella concentrazione edilizia che c'è stata in altre aree costiere. Tral'altro, finanche Chieti Scalo che si trova nel cuore della Val Pescara in un sito ben difeso, non ha subito di certo i devastanti danni che ci sono stati sopratutto a Pescara, dove si è costruita la città su un sito probabilmente non idoneo, vicino la foce di un fiume, area che per gli ambientalisti e anch'essa "zona rossa" a rischio continui allagamenti. Il pericolo neve è un altro falso problema perchè avviene un paio di volte all'anno e comunque non crea pressoché alcun disagio ai pubblici servizi quando si riesce ad organizzare un adeguato piano neve.
Dunque, l'antica Polis di Teate, nell'ottica di una conurbazione locale, oltre a rappresentare la memoria storica e il polo culturale, potrebbe, sia per ragioni economiche ( palazzi maestosi e signorili vuoti già pronti ad essere utilizzati per svolgere funzioni di pubblici servizi e affitti a costi più bassi), sia per ragioni di sicurezza (zona non altamente sismica perché vuota nel sottosuolo e salva dal pericolo inondazioni perché sita in collina), essere utilizzata per creare una vera e propria cittadella amministrativa che fornisca l'intera Valle del Pescara.
Cristiano Vignali - Agenzia Stampa Italia