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L'Istat: Italia al 12 esimo per le retribuzioni orarie.

(ASI) L'Istat rende nota la struttura delle retribuzioni in Italia confrontandola con la media europea: l'Italia si posiziona al 12simo posto. Ecco la priorità del nuovo governo Gli stipendi degli italiani sono fermi dal 2010, 16,2 euro la retribuzione lorda annua per ora retribuita dei lavoratori dipendenti nelle imprese e istituzioni con almeno 10 dipendenti nell'industria e nei servizi (escluse le attività della P.A. ). La retribuzione oraria delle donne (15,3 euro) è inferiore del 9,4% a quella degli uomini (16,7 euro). Il livello massimo di retribuzione oraria (26,5 euro) si registra nelle Attività finanziarie e assicurative, quello minimo (10,8 euro) nelle altre attività dei servizi. I dirigenti hanno una retribuzione oraria pari a circa quattro volte quella degli operai (44,3 euro contro 11,8); i dipendenti con laurea o titolo di studio superiore percepiscono una retribuzione oraria più che doppia rispetto a quella dei dipendenti con un titolo di istruzione primaria (26,2 euro contro 11,6). Per noi è impensabile un simile diverso trattamento in quanto sia il laureato, sia il diplomato o colui che ha solo la licenza media per portare avanti la famiglia spende quanto un laureato e subisce il medesimo carico fiscale. In Italia, la retribuzione oraria, espressa in termini nominali ( senza tener conto del potere di acquisto) è inferiore di circa il 14% rispetto a quella della Germania, del 13% rispetto al Regno Unito, dell'11% nel confronto con la Francia; risulta invece superiore di circa il 26% rispetto alla retribuzione oraria percepita in Spagna. Il contratto a tempo indeterminato rimane la tipologia contrattuale prevalente (90,7%), interessa il 91,5% degli uomini e l’89,8% delle donne, mentre è assunto con contratti a termine il 7,2% dei lavoratori dipendenti. Per quanto riguarda il titolo di studio, il 46,7% dei dipendenti ha un livello di istruzione di scuola secondaria superiore, il 33,2% di scuola secondaria inferiore.

La retribuzione annua pro-capite è più elevata al Nord-ovest. Oltre 600 mila licenziamenti negli ultimi nove mesi, le compagnie di bandiera registrano bilanci in rosso, il sistema bancario italiano, come anche estero, è attraversato da decine di scandali e di accuse gravissime, ogni giorno in Italia si abbassano, per sempre, decine di saracinesche e chiudono 30 aziende. Una famiglia su tre non arriva a fine mese, lo stipendio fermo da troppi anni cede sotto il peso del prelievo fiscale e del caro vita. L'economia è ferma, i consumi al minimo storico. Il modo di intendere le votazioni è cambiato, gli elettori non hanno votato il loro rappresentante, ma, hanno bocciato colui che hanno inteso come nemico. Hanno mandato a casa l'austerità fiscale in un Paese leader della corruzione e dello spreco ignobile. Lo dimostrano queste elezioni: "Il 91% degli italiani ha bocciato le tasse. Il dato relativo al governo Monti è chiaro. Il fatto che nonostante gli scandali il Pdl attragga ancora un voto su tre dà l'idea di quanto ancora ci sia una parte del Paese che si arrende alla logica – almeno ci leva qualche tassa - ''.

Questa l'analisi del voto da parte di Marco Paccagnella, presidente nazionale di Federcontribuenti, associazione che in Italia conta su oltre 90mila tesserati. Il primo partito in Italia è quello dei cittadini vessati dalle tasse e stritolato da Equitalia: tema quest'ultimo totalmente assente dal programma del Partito Democratico ed ecco dove ha invece guadagnato punti Berlusconi che furbo come una volpe, altro che giaguaro, ha messo il dito nelle piaghe degli italiani. Per noi il futuro non è un mistero, se Bersani non darà ascolto alle grida della popolazione il capovolgimento sarà tanto veloce quanto netto e si tornerà alle urne. L'unica incognita resta la composizione del tavolo del consiglio dei ministri. Questo tavolo sarà l'ago della bilancia. L'unica maniera per uscire dalla ingovernabilità secondo Paccagnella è quella di puntare sulle priorità vere del Paese che sono la riforma del sistema della riscossione e la riforma fiscale. Se tre aziende su cinque chiedono prestiti per pagare le tasse significa che 4 aziende su cinque son destinate a chiudere nei prossimi mesi. I prestiti devono servire per lo sviluppo e non per indebitarsi due volte, con banca e Stato. Noi continueremo a spingere per attaccare alla radice le Leggi sbagliate, quelle che non tengono conto di un fenomeno assolutamente da tenere bene in mente: in Italia il prelievo statale sulle buste paga raggiunge la cifra record di 53,5%, contro una media Ocse del 35,3%; la pressione totale sulle imprese è del 68% contro il 43% medio dell'Ocse. È qui, sulle aziende e sul lavoro, che il peso del fisco raggiunge record mondiali e dove è più facile incappare nelle barbarie di banche o Equitalia. Ecco le priorità del nuovo governo.

 

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