“Veniamo da anni di sguardo corto sull’ agricoltura - dichiara Saverio De Bonis, coordinatore della Fima - privi di un’ agenda per il settore e di una strategia, ma adesso è giunto il tempo di valutare i benefici di un’ agricoltura sana sui bilanci sanitari, idrogeologici, ambientali e turistici del Paese. Per farlo, qualcuno deve spiegare quanto costa continuare a trascurarla e quanto sia importante il negoziato europeo”.
Raggiungere questi obiettivi è possibile. “La nostra federazione - aggiunge - ha elaborato delle proposte per difendere il reddito degli agricoltori, la legalità nei sistemi di transazione, la politica agricola comunitaria, la politica del credito e quella fiscale, il Ministero degli agricoltori e dei consumatori, la trasparenza nelle informazioni, l’ aggregazione e la promozione dell’ export agricolo, la salute dei consumatori e del territorio, la liberalizzazione dei servizi”.
“Abbiamo rivolto il nostro invito a tutti i leader delle principali coalizioni - conclude il coordinatore Fima - e nei prossimi giorni incontreremo a Palagiano (Ta), nell’ aula consiliare del Comune, i responsabili agricoltura delle varie forze politiche disponibili ad un confronto”.
FIMA – Federazione Italiana Movimenti Agricoli 9 punti per una nuova politica agricola che stimoli la ripresa La Fima, federazione italiana movimenti agricoli, intende apportare il suo contributo in una campagna elettorale che ci inonda di parole, spesso gridate piu’ per attaccare qualcuno, che per proporre qualcosa. Al chiasso della declamazione, preferiamo proposte democratiche per una nuova politica agricola che “contagi positivamente l’ economia complessiva” e ci faccia uscire dalla crisi, come ha affermato a Davos il presidente della Bce Draghi secondo il quale: “l’ economia reale più di tutte è rappresentata dall’agricoltura. Quel settore Primario che traduce in denaro il prodotto della terra”. L’ economia reale, dunque, non puo’ riprendersi se non a partire dall’ agricoltura, che sinora è stata relegata nel silenzio e non ha potuto esprimere tutto il suo potenziale perché subappaltata all’ industria, che ha dato anche un’ immagine distorta del primario ai consumatori: “le merendine che diamo ai nostri figli non sono prodotte nelle fattorie dove attori bellissimi fanno biscotti parlando alle galline”. Ma adesso finalmente grazie al lavoro svolto dagli agricoltori, che stanno riappropriandosi dei loro spazi, l’ agricoltura sta diventando un crocevia in tema di salute pubblica, tutela dell’ ambiente e del territorio. Emerge così la vera dimensione del primario come bene comune e nasce una “neoagricoltura” che consente di uscire dalla decadenza, in cui si afferma la centralità dell’ uomo, dei suoi servizi e dei valori in grado di offrire ad una società postmoderna smarrita dalla disinformazione. Pertanto, la nostra federazione intende parlare in modo inequivocabile di politica ”agricola” anziché “agroalimentare”: la confusione fatta sinora tra il sostantivo e l’ aggettivo ha danneggiato tutti. Coloro che tentano di far passare la rappresentazione degli interessi dei piu’ forti come l’ interesse generale vanno fermati attraverso parole chiare dalle forze politiche sul ruolo degli agricoltori e sul rapporto tra industria e agricoltura, senza ambiguità e a favore di un consumo consapevole. Non si puo’ piu’ utilizzare l’ immagine dell’ agricoltura per spot pubblicitari, senza il consenso degli agricoltori. Chi sono i veri garanti di un immaginario realistico della produzione primaria? E’ altresì strumentale l’ enfasi sui benefici dell’ export agroindustriale, che rappresenta un nuovo pregiudizio, perché le ricadute in termini di valore aggiunto vanno all’ industria non al primario, anche a causa di una crescente importazione di materie prime straniere, senza regole e spesso di dubbia qualità sanitaria. Una miope visione del mercato delle materie prime, nel lungo periodo genera danni, non benefici per l’economia (emblematico il caso zucchero). E genera danni anche alla salute pubblica! Oggi chi vuol fare politica seria per il cibo, la sicurezza alimentare, la difesa del terrritorio, l’ ambiente, al di là degli slogan, del folkclore, degli spot, o dei circoli degli intenditori “olistici”, deve partire dal primario ovvero dagli agricoltori, con sobrietà, il resto è marketing funzionale agli interessi dell’ agribussiness, cui occorre porre un freno. Ogni candidato di ogni schieramento puo’, dunque, ascoltare le nostre idee e prendere precisi impegni, a favore degli anelli deboli del mercato.
1. Difendere il reddito e l’ immagine dei produttori. Il segmento della produzione agricola è quello che in tutte le filiere sconta le maggiori difficoltà in termini di redditività. Bisogna indicare quali sono gli strumenti necessari per bilanciare i rapporti di forza (con industriali e distributori) e riformare gli attuali meccanismi di formazione dei prezzi all’ origine in modo trasparente e neutrale, dando piena attuazione alle Cun-Commissioni Uniche Nazionali, perché i prezzi ai produttori sono fermi agli anni settanta! Ma nessuno lo dice per non disturbare i manipolatori, che ne abusano anche in termini di sfruttamento dell’ immagine del settore, senza riconoscere contropartite: serve una legge che disciplini l’ uso dell’ immagine dell’ agricoltura per spot pubblicitari o set cinematografici. L’agricoltura, inoltre, sarà sempre di più un settore strategico per combattere la fame, ma è necessaria una più equa redistribuzione per fronteggiare in futuro la nuova scarsità di cibo annunciata dalla FAO e, soprattutto, avvicinare i giovani al settore per favorire il ricambio in una logica di sovranità alimentare in grado di creare le condizioni per il settore agricolo di tornare a fare reddito.
2. Difendere la legalità nei sistemi di transazione. Lotta alla mafia in agricoltura significa anche lotta ai cartelli per contrastare intese e abusi vietati nella carne, nel latte, nell’ ortofrutta, nell’ olio, nel grano, nei mangimi. E’ necessario potenziare l’ attività investigativa preventiva delle autority di controllo e prevedere sanzioni penali stringenti (come negli Stati Uniti), non solo sanzioni amministrative. I pastai dopo essere stati condannati per il loro cartello hanno pagato una multa, ma gli agricoltori e i consumatori non hanno avuto un euro di risarcimento danni! Chi ha difeso i produttori? Nessuno. Questo esempio dimostra il modo anticoncorrenziale e anticomunitario con cui gli industriali dell’ agroalimentare sarebbero piu’ competitivi e produttivi degli altri segmenti della filiera! Lotta alla mafia significa anche estendere le norme antiriciclaggio nelle vendite all’ asta in agricoltura. C’e’ poi la lotta alla grande speculazione sulle materie prime, di carattere globale, che deriva dallo smantellamento della regolamentazione dei mercati delle merci. Con i futures tradizionali si scommetteva sulle variazioni di prezzo a breve termine e c’era una certa stabilità. Da oltre dieci anni, invece, si è passati ad un mercato elettronico parallelo aggirando ogni tipo di controllo e scommettendo sull’aumento dei prezzi a lungo termine. Questa evoluzione sta provocando volatilità per i mercati e forti tensioni sociali tra consumatori e produttori in tutto il mondo. Pensare di porre rimedio con nuovi strumenti assicurativi è utopistico. Va frenato lo sbarco della finanza (tossica) in agricoltura: il nuovo future sul grano è stato annunciato con l’ obiettivo ambizioso di fare dell’ Italia il mercato di riferimento, ma il rischio è un aumento della speculazione! Per difendere il libero mercato, occorre rivedere la regolamentazione delle borse merci e la legislazione sulle soccide, perché antecedenti ed in contrasto all’attuale legislazione antitrust. Come pure occorre rivedere gli effetti dell’art. 62 con il quale vengono disciplinati i tempi di pagamento delle aziende. La nuova norma, da un lato regolarizza i rapporti contrattuali verso la distribuzione, dall’altro, rischia di portare al collasso allevatori e florovivaisti. Per aiutare la trasparenza e la legalità si potrebbe istituire una banca dati nazionale dell’ agroalimentare accessibile a tutti gli operatori per veicolare le informazioni su leggi e bandi, nazionali ed europei, e fornire informazioni di mercato.
3. Difendere la politica agricola comunitaria dal baratto. La Pac é nata con l’ obiettivo dei trattati di garantire un reddito e un tenore di vita equo alle popolazioni rurali! La progressiva riduzione di risorse, invece, finirà per limitare le politiche rivolte al settore. Occorre riservare, senza finzioni, gli aiuti Ue solo agli agricoltori attivi e consentire un allineamento al reddito medio europeo nelle zone svantaggiate. Non ci piace il greening, né la modulazione, né il finto capping con selettività solo apparente. Dove sono pubblicati gli elenchi italiani dei beneficiari della Pac? Bisogna togliere i sussidi alle multinazionali che hanno ben pochi rapporti con l’ agricoltura tradizionale per darli ai piccoli e medi agricoltori! Perché il testo approvato dal Consiglio sul bilancio Ue 2014-2020, ha modificato al ribasso la Pac con tagli per altri 16,5 miliardi e, globalmente, i fondi per l’ agricoltura sono stati ridotti di quasi 50miliardi rispetto al periodo di precedente programmazione. All’ agricoltura italiana andranno meno contributi (-9,3 miliardi in 7 anni!), ma le risorse per il Sud sono aumentate dell’ 1% a prezzi costanti. Arrivano in ritardo, rispetto ad altri settori, i fondi europei di adeguamento alla globalizzazione: 2,8 miliardi spalmati in 7 anni per tutta l’ Ue si tradurranno in briciole per il mondo agricolo italiano. Ora la palla passa all’ Europarlamento, che speriamo corregga l’ accordo, perché gli unici a trionfare sono stati gli inglesi, la cui regina continuerà a drenare risorse alla Pac. Un fatto è certo, versiamo all’ Europa piu’ di quanto ci viene restituito: il saldo è peggiorato nel periodo 2006-13 (in media negativo per 4,5 miliardi), ma dopo l’ ultima trattativa sarà meno peggio (-3,8 miliardi). Da un tecnocrate europeo come Monti ci saremmo aspettato molto di piu’: i nostri trasferimenti verso l’ Europa diminuiranno per 700 milioni di euro annui. Ma il vero punto debole è un’ altro: nonostante siamo contributori netti, non siamo in grado di opporci a politiche europee di svendita dei prodotti agricoli mediterranei perché a qualcuno fa comodo barattare le nostre materie prime agricole per favorire altri scambi commerciali. Con l’ alibi della crescita di paesi che vivono in condizioni di maggiore difficoltà, ci si espone al rischio di creare situazioni di nuova povertà (mezzogiorno agricolo), mettendo a repentaglio la salute dei consumatori europei: gli Accordi Ue-Marocco, Green Corridore, Italia- Egitto, vanno azzerati e riformulati su basi diverse. Non siamo protezionisti ma questa non è l’ Europa che piace ai produttori e ai consumatori. Se i governi e la Ue hanno deciso di derogare da qualunque vincolo per sostenere con aiuti di stato le banche, l’industria automobilistica, la Gdo e l’industria di trasformazione, per quale motivo le aziende agricole non sono state comprese in questa logica di riconoscimento delle misure anticrisi? E’ imperdonabile il ritardo dei fondi europei sulla globalizzazione.
4. Difendere le misure anticrisi e la politica del credito. Nel quadro degli attuali schemi normativi della Ue appare improbabile che si possano approvare misure anticrisi senza una deroga europea preliminare agli interventi nazionali e regionali. E’ indispensabile negoziare con Bruxelles una deroga alle regole di Basilea per consentire anche alle aziende agricole “non in bonis” di ottenere credito, di ristrutturare le passività ed uscire dalla crisi, se necessario nazionalizzando qualche istituto di credito. Senza credito non puo’ esserci agricoltura, né capacità di spesa dei fondi europei, ma la precondizione per rilanciare il settore primario é liberarlo dalla zavorra dei debiti pregressi: 11 miliardi verso Inps/Equitalia e 38 miliardi verso Banche. Per farlo ci vuole la mano pubblica: come è stato fatto per il condono agli “evasori dei videopoker” (con l’ obolo del 2% di Monti); o per gli evasori fiscali che hanno esportato capitali in Svizzera (con l’ obolo del 5% di Tremonti); o per le industrie beneficiarie della legge 488. La politica dei due pesi e due misure è ingiusta: l’ esito deludente del voto parlamentare sulla moratoria in agricoltura verso i debiti Inps, Equitalia e Banche, non è passato inosservato agli agricoltori! Sia chiaro, noi non vogliamo confonderci con gli evasori, ma un condono in agricoltura ha un senso se tutto il Paese comprende l’ effetto leva per il rilancio dell’ economia complessiva.
5. Difendere una politica fiscale. Per un settore che non è mai riuscito a risolvere i problemi dei suoi rapporti economici nella filiera e che versa in una crisi che non è un riflesso della situazione economica generale italiana, ma è addirittura antecedente, richiedere un alleggerimento dei costi dello Stato, potrebbe sembrare una scorciatoia. La verità è che pur essendo il carico fiscale in agricoltura inferiore ad altri settori economici, le ultime manovre hanno vessato gli agricoltori con un inasprimento, dando una rappresentazione falsa del mondo agricolo come di un settore florido. I redditi agricoli italiani (-35,8% in dieci anni) si sono allontanati dalla media dei colleghi europei (+5,3%), sicché aumentare il prelievo sugli agricoltori italiani è socialmente ingiusto e, forse, anche anticostituzionale. E’ ingiusto, altresì, il mancato rispetto degli impegni presi dal Governo: a seguito della verifica del gettito IMU si doveva procedere a rivederne le aliquote perché le entrate effettive sono state superiori di 127 milioni rispetto alle entrate presunte. In agricoltura bisogna rivalutare i prodotti agricoli e i redditi di chi produce, non gli estimi catastali! Per compensare gli effetti distorsivi del mercato e la perdita di potere di acquisto degli agricoltori, il problema finanziario è un falso problema. Le risorse si possono recuperare sopprimendo inutili enti pubblici come Isa, Inran, Agecontrol o eliminando le spese superflue dei dirigenti Sin (Sistema informatico nazionale per lo sviluppo dell’ agricoltura). Oppure destinando una quota del prelievo sulle somme depositate in Svizzera. Oppure evitando le multe da Bruxelles per aiuti di Stato non consentiti. Sulla riduzione dei costi lo Stato puo’ abbassare le aliquote iva al 4% sugli acquisti di tutti i beni e servizi, allineare le aliquote contributive e previdenziali a quelle degli altri concorrenti europei, eliminare le accise sui carburanti e sul trasporto dei prodotti agricoli. Sui ritardi nelle erogazioni dovute da parte dello Stato nel pagamento dei premi pac, l’ Italia, al contrario di altri paesi, non riesce a rispettare sempre i termini previsti dall’ Ue, che significa maggiori costi. Perché i costi del ritardo devono scaricarsi sugli agricoltori? Inoltre, é compito della politica economica rendere sempre più indisponibili posizioni di rendita verso le multinazionali, che attraverso l’uso improprio dello strumento cooperativo (di cui condividiamo le finalità), hanno ridotto il gettito fiscale per le casse dell’erario e frenato la possibilità di estendere questi strumenti a favore del mondo agricolo. L’alterazione del quadro competitivo ha prodotto una deriva monopolizzante in molte filiere, che durante la crisi si stà intensificando!
6. Difendere il Ministero degli agricoltori e dei consumatori dagli intrusi. Nonostante l’ attuale Ministro abbia disposto per primo in Italia un registro delle lobby, bisogna rivedere le funzioni e le competenze del ministero in direzione degli agricoltori e dei consumatori. Basta con la favola delle filiere! Gli industriali che trasformano hanno già molti ministeri a loro appannaggio e troppe filiere; noi vogliamo un Ministero degli agricoltori e dei consumatori, che non diventi un appendice di altri ministeri; che abbia un suo bilancio e sappia tutelare, innanzitutto, l’ immagine dell’agricoltura, valorizzandone l’ uso, soprattutto, oggi che i consumatori ne riconoscono il valore (sondaggio Mannheimer). Vogliamo un ministero che attui i piani di settore senza tenerli fermi nei cassetti per anni, adotti integralmente le risoluzioni parlamentari e ascolti le segnalazioni dell’ autorità garante del mercato e della concorrenza.
7. Difendere la trasparenza, l’ aggregazione e la promozione. L’ Europa deve decidere tra industria alimentare e cittadini affinché l’etichettatura e un sistema a semaforo chiaro, siano nell’interesse del consumatore. Oggi che il passaparola va nella direzione del mangiare italiano come garanzia, occorre intensificare, la lotta alle frodi e alla contraffazione, favorendo l’ apposizione di etichette italiane (non false, né incomplete) che consentano ai consumatori di fare scelte oculate. L’ art 161, paragr 1, TFUE impone all’ Unione di promuovere il diritto all’ informazione a favore della protezione dei consumatori mediante scelte consapevoli. La tracciabilita’ obbligatoria spunterebbe le armi ai furbi e ai delinquenti. La scarsa organizzazione commerciale in forma di OP (Organizzazione Produttori) corrisponde a verità solo in parte, noi non abbiamo una seria politica di promozione dell’export, come Francia, Spagna e Germania.
8. Difendere la salute dei consumatori e il territorio. L'Unione europea è impegnata a proteggere la salute e il benessere economico dei consumatori, ma i principali artefici della salute dei consumatori sono i produttori, senza i quali non ci sarebbero prodotti biologici, biodinamici. Nuovi criteri Ue favorevoli alla chimica non portano benefici. I produttori hanno convinto il Senato a richiedere l’ applicazione del principio di salvaguardia di protezione della salute dei consumatori da parte del nostro Governo in ambito Ue (caso micotossine grano duro), adesso attendono risposte. Gli aiuti alle imprese devono essere legati alla salubrità dei prodotti e alla capacità di prevenire e ridurre rischi sanitari, il cui impatto negativo sul bilancio pubblico è sottovalutato. Anche la funzione naturale di presidio del territorio è sottovalutata. La presenza dell’ uomo aiuta il turismo, conserva il paesaggio e la biodiversità, tutela le acque, previene gli incendi nei boschi, le frane, gli smottamenti, le esondazioni dei fiumi. Quanto costa alle casse dello Stato intervenire con sistemazioni idrogeologiche a posteriori? La funzione di presidio é una funzione imprescindibile che và salvaguardata con la migliore integrazione ambientale, eliminando gli ostacoli alle esigenze silvo-pastorali, come accade nei parchi. La difesa della terra intesa, invece, come lotta al cemento, pur se apprezzabile, é destinata a scontrarsi con la legislazione urbanistica. E’ tempo, dunque, d’ istituire una commissione che valuti i benefici di un’ agricoltura sana sui bilanci sanitari, idrogeologici, ambientali e turistici del Paese. Il contributo dell’ agricoltura alla crescita del Paese non puo’ essere misurato solo in termini di Pil agricolo, servono nuovi indicatori.
9. Liberalizzare i servizi in agricoltura. La liberalizzazione dei servizi è condizione necessaria per la sburocratizzazione delle pratiche in agricoltura ed è fondamentale per permettere la libera scelta degli agricoltori, senza nessun tipo di ricatto, privilegio o condizionamento psicologico. Questo tipo di azione, sarebbe la sicura premessa per realizzare un "unica e grande associazione dell' agricoltura italiana".
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