ILL.MO SIG. PROCURATORE DELLA REPUBBLICA
PRESSO IL TRIBUNALE DI TRANI
Esposto
Il sottoscritto Sig Roberto Fiore nato a Roma ed ivi residente alla Via Cadlolo 90 tel 06 45471802, nella sua veste di cittadino italiano, venuto a conoscenza dagli organi di stampa di un’indagine in materia di derivati e di illiceità nelle funzioni di vigilanza poste in essere da dirigenti e funzionati della Banca d’Italia, intende esporre alla S.V.
Ill.ma quanto segue, al fine di verificare la sussistenza di eventuali ipotesi di reato, perseguibili d’ufficio o a querela di parte, relativamente alla condotta del Presidente Monti e dei Ministri coinvolti nel gravissimo danno alle ragioni e agli interessi nazionali.
Immediatamente dopo l’insediamento del Governo Monti, nel corso del gennaio 2012, allorché si preannunciava un periodo di lacrime e sangue per i contribuenti italiani, derivante dall’enorme debito pubblico che attanaglia l’Italia (senza considerare, in questa sede, che l’affermazione dell’esistenza stessa di un debito pubblico, è un falso clamoroso), veniva corrisposta dal Governo italiano alla Morgan Stanley una cifra oscillante dai 2,6 ai 3,4 miliardi di euro, a definizione e chiusura di esposizioni fondate su contratti finanziari derivati, risalenti al 1994. La notizia, pur se riportata da alcuni organi di stampa, ha avuto un’eco molto marginale rispetto alla gravità del fatto.
A seguito di interrogazioni parlamentari provenienti da più fronti politici, in particolare a quella formulata dal deputato Idv Antonio Borghesi, il Sig. Marco Rossi Doria, Sottosegretario all’Istruzione, non propriamente riconducibile ad un esperto di finanza, con una laconica risposta così dichiarava: “Alla fine del 2011 con regolamento il ministero dell’Economia delle Finanza, in data 3 gennaio 2012, ha proceduto alla chiusura di alcuni derivati con Morgan Stanley (due interest rate swap e due swaption) in conseguenza di una clausola cd. di additional termination event presente nel contratto quadro (ISDA Master Agreement) che regolava i rapporti tra le Repubblica italiana e la banca in questione”. Tale dichiarazione, per i motivi che più oltre verranno, pur se sommariamente, indicati, pone immediatamente l’interrogativo sulla liceità di un’adesione così pacifica, senza contestazione alcuna, in assenza di dilazione e, soprattutto, di verifica e trasparente dibattito.
Per comprendere la portata del pagamento e la devastazione per la finanza pubblica è sufficiente tener conto che è maggiore l’importo che lo stesso Governo vuole reperire tra i contribuenti per la riforma degli ammortizzatori sociali e che la somma indicata ammonta oggi a quasi la metà delle tasse (IVA) che gli italiani dovranno subire nel corso del nuovo anno.
L’obbligo di pagamento, a carico dello Stato, discenderebbe da una scellerata pattuizione del 1994 per consentire la regolarizzazione dei conti pubblici, al fine di entrare nell’Euro (sic).
Nel 1994, quando il Tesoro stipulò il contratto con la Morgan Stanley, a capo della predetta banca c’era il nostro Mario Draghi (attuale Governatore BCE), mentre, da quanto appare sullo stesso curriculum vitae del figlio dell’attuale Presidente del Consiglio dei Mnistri, Giovanni Monti, questi ricopre attualmente la carica di Vice Presidente della banca erogante, Morgan Stanley! Quindi, il padre ha pagato il figlio, in danno degli interessi nazionali e delle tasche dei cittadini italiani.
Ma andiamo per ordine. La singolarità della vicenda risiede nella facoltà discrezionale di chiedere il rientro riconosciuta al predetto istituto, singolarità assoluta nel panorama dei derivati e della loro definizione, che avrebbe dovuto indurre ad una ben differente scelta comportamentale, altrimenti apparendo un chiaro privilegio riconosciuto alla banca e, perché no, al giovane rampollo, con un altrettanto certo danno alla collettività nazionale. In altri termini, la Morgan poteva richiedere, verosimilmente in qualsiasi momento, il rientro per l’operazione in derivati perfezionata con lo Stato italiano. Tale clausola, chiamiamola di rientro immediato a seguito di scelta meramente potestativa e senza ancoraggio a parametri o criteri di rimodulazione del sinallagma contrattuale, non è presente in tutti i rapporti finanziari che hanno fatto ricorso ai derivati, ma lo era nella fattispecie di cui al pagamento del 3 gennaio ca., si ripete di 2,6- 3,4 miliardi di euro. Tuttavia, è naturale porsi un secondo interrogativo:
come mai proprio durante il Governo Monti la Morgan richiede il pagamento e avrà inciso la circostanza che il figlio Giovanni ne è vice presidente?
«Si tratta dell’ unico caso di contratto accompagnato da una clausola rescissoria. Non ne esistono altri», avrebbe tuttavia rassicurato il Tesoro. Ma, se ciò è vero, lo Stato italiano doveva contestare e resistere, evidenziando la condotta prevaricatrice ed illegittima della banca, che – peraltro – già aveva ottenuto un vantaggio enorme dall’operazione. Invece di tutelare gli interessi nazionali, il Governo Monti ha corrisposto alla Morgan Stanley, con Vice Presidente Giovanni Monti, quanto ha ritenuto dovuto e lo ha fatto immediatamente, senza batter ciglio e senza neanche evidenziare che la richiesta si collocava temporalmente in un momento di difficoltà economica epocale per lo Stato italiano e, quindi, per i suoi cittadini!
Queste clausolette di estinzione anticipata a favore della banca sono rarità nei contratti che riguardano il rischio per lo Stato di un rientro anticipato per l’intero, in quanto inserire il diritto di rientro in qualsiasi momento a discrezione del creditore è principalmente presente nei contratti stipulati con Morgan Stanley.
Il Tesoro, prima di pagare, avrebbe dovuto comunicare regolarmente anche il “rischio controparte” e la sua concentrazione. In altri termini, se lo Stato Italiano avesse avuto un credito, poteva essere la Morgan Stanley in grado di onorare la sua obbligazione? Di converso, nulla è stato fatto al riguardo. Non è stato, quindi, valutato il rischio controparte.
La tutela delle ragioni dello Stato, e quindi della collettività, avrebbero dovuto indurre ad una ferma contestazione e, in ogni caso, verificare l’esistenza bilaterale dei margini.
Peraltro, nella bozza di regolamento dei derivati degli enti pubblici, che da quattro anni giace al Ministero dell’Economia, è previsto che gli enti possano fare swap, possono fare cap, ma swaption no! Per questo più che la trasparenza è importante la peer review, cioè una revisione paritaria affidata ad esperti. Era quindi necessaria una fase di consultazione con chi conosce questi prodotti anche, soprattutto, nella fase di pagamento.
La disciplina normativa che, de iure condendo, lo stesso legislatore tende ad applicare, in conformità con i principi generali del diritto, impone al Governo di mettere in competizione tra loro le banche che trattano derivati per la gestione del debito:
Esigendo il dettaglio delle commissioni e dei costi di ciascun elemento del derivato sottoscritto
Comunicando la politica di bilancio, le scelte di emissione e i derivati scelti per perseguirla
Comunicando le commissioni pagate alle banche sui derivati.
Prima di pagare occorreva verificare se il predetto percorso era stato svolto in conformità e, di poi, doveva essere rappresentato alla collettività nazionale.
Diversamente il mandato a governare si trasforma in un simulacro inviolabile, in cui il cittadino subisce sistematicamente il danno, rimanendo all’oscuro delle decisioni.
Tuttavia, la scelta del governo italiano è assolutamente singolare ove si tenga conto che una gestione più oculata e nell’interesse dei cittadini italiani, avrebbe dovuto condurre se non ad una ferma contestazione, assolutamente legittima, quanto meno ad una rivisitazione volta al riequilibrio, sempre attraverso la cd. revisione paritaria.
Per verificare se la condotta del Presidente Monti possa inquadrarsi nell’ambito della legalità, ovvero nella piena illiceità, è opportuno verificare se vi fossero o meno ragioni da spendere per la contestazione e se il pagamento fosse necessitato.
Ebbene, se solo il Governo italiano avesse assunto la stessa posizione, meritoria ed oculata, contestativa tenuta da molti Enti Locali, tratti in inganno ed indebitati in maniera surrettizia dall’uso distorto dei derivati nella finanza locale, ciò non sarebbe accaduto e gli italiani non sarebbero stati costretti a subire gli strali da sanguisuga di chi allegramente paga ad un creditore che tale non è.
Infatti, molti Giudici di merito, in sede cautelare, dinanzi ai devastanti effetti dei derivati sulla finanze degli enti locali,. a causa di differenziali negativi collegati ad un prodotto swap che avrebbero costretto un Comune a sborsare circa 1 milione e mezzo di euro, producendo un’esposizione debitoria così pesante da far temere agli amministratori di non poter più disporre finanche delle somme minime sufficienti ad assicurare il perseguimento delle funzioni pubblicistiche connaturate ad un ente territoriale, hanno disposto la sospensione per il conclamato periculum.
Il predetto elemento che deve essere positivamente accertato per l’accoglimento della domanda cautelare, è stato ravvisato nella oggettiva impossibilità, per la parte ricorrente, di salvaguardare i propri diritti assunti lesi mediante un successivo risarcimento per equivalente pecuniario, come nel caso della Morgan Stanley.
Peraltro, non potendo ricavarsi l’irreparabilità del danno patrimoniale dalla sola natura pubblica del soggetto contraente, in fattispecie come quella in discorso, risulta necessario verificare se un’eventuale sospensione consentisse effettivamente di disporre altrimenti delle somme temporaneamente e quindi di perseguire i fini pubblici, il conseguimento dei quali sarebbe invece ostacolato qualora, in attesa di ottenere la restituzione di tutto quanto dovrebbe essere pagato nel prossimo futuro, l’ente territoriale fosse impossibilitato ad affrontare gli esborsi necessari per il conseguimento di tali fini. E’ stato, quindi, individuato l’elemento del pregiudizio grave ed irreparabile nella constatazione dell’impossibilità per lo stesso Comune di poter far fronte contemporaneamente ai suoi scopi istituzionali primari, come nella vicenda Morgan.
In altro contenzioso tra ente locale e banca estera, la difesa dell’istituto ha sostenuto che la cessione ad al cliente di un derivato che persegua una finalità dichiaratamente speculativa ben reggerebbe il contratto sia sotto il profilo della sua causa (ritenuta lecita) che sotto quello del suo oggetto (ritenuto determinabile).
La meritoria risposta giudiziaria è stata quella di ribadire la certa applicabilità, anche nei rapporti tra banche e clienti qualificabili come “operatori qualificati” (ex art. 31 del regolamento CONSOB n. 11522 del 1998), del canone generale previsto all’art. 21 del T.U.F. (decreto legislativo n. 58 del 1998), vale a dire dell’obbligo per la banca di comportarsi sempre e comunque “con diligenza, correttezza e trasparenza, per servire al meglio l’interesse dei clienti e per l’integrità dei mercati“.
Pertanto, non è sufficiente, per la banca, trincerarsi dietro l’argomento di avere avuto a che fare con un cliente “esperto” per sottrarsi finanche ai fondamentali obblighi di trasparenza e correttezza che devono sempre e comunque informare la condotta di un soggetto intermediario. Il principio vale anche nel caso portato all’attenzione della S.V. Ill.ma (stante il vincolo della connessione con l’indagine già in corso), anche se nella fase finale del pagamento è verosimile che abbia prevalso il tradimento delle ragioni patrie e la pervicace sottomissione alle strutture architettoniche mondiali del sistema bancario e della finanza internazionale.
A tal riguardo è stato ribadito un principio sacrosanto che avrebbe dovuto essere ben noto anche all’attuale governo, cioè che “la logica “antagonista” del contratto di scambio deve cedere il posto, anche quando l’intermediario negozia in proprio con un cliente, alla cooperazione nell’interesse altrui, regola immanente alla prestazione di un servizio riservato soltanto a soggetti abilitati (art. 18 T.U.F.)“.
Come mai questi meravigliosi bocconiani, facendo attenzione a non incorrere in un pur comprensibile lapsus calami che stravolgerebbe il senso e la loro competenza, non hanno rilevato la presenza di un mark to market (valore di mercato) già negativo al momento della negoziazione del prodotto e, in secondo luogo, la presenza di costi occulti (definibili up front) legati alle operazioni di ristrutturazione del derivato, promosse dalla banca ad una certa distanza dalla sottoscrizione del primo contratto e, quindi, non si siano rifiutati di pagare.
In altri termini, il Governo italiano doveva evitare che il pagamento della pretesa creditoria provocasse un ulteriore aggravamento della sua precaria situazione finanziaria.
La questione di un difetto di giurisdizione del Giudice nazionale, comunque da escludersi anche sulla base di precedenti pronunce, nel contenzioso con la Morgan Stanley, certamente non muta i termini della questione nel merito, posto che le ragioni di merito sono comuni a tutti gli ordinamenti e, quindi, non possono consentire l’abdicazione dal diritto di difesa, peraltro da svolgersi nell’interesse della collettività nazionale.
Alla luce di quanto dedotto, la domanda è: perché il Governo Monti ha supinamente aderito ad una richiesta di pagamento così gravosa ed illegittima, nonostante avesse subito danni nel corso del predetto rapporto e la stessa Morgan Stanley avesse ottenuto uno speculare rilevantissimo lucro?
La risposta “politica” risiede nella chiara sottomissione dell’attuale governo italiano alle ragioni delle finanza e, soprattutto, del Presidente del Consiglio, alla grande finanziaria bancaria internazionale, ma la risposta giudiziaria impone di verificare l’interesse privato o il conflitto d’interesse tra il Capo del Governo e il di lui figlio, Vice Presidente dell’istituto beneficiario del grazioso esborso. Forse non è causale neanche la circostanza che, al momento della contrazione del debito del derivato recentemente restituito nell’ammontare di 3,6 miliari di euro, a capo della Morgan Stanley vi fosse l’attuale governatore della BCE Draghi e che, quindi, il pagamento del gennaio 2012 era anche a sostegno di un patto tra soggetti che non rappresentano l’Italia ma interessi di altri in danno del loro Paese.
Dopo aver verificato che la condotta del governo consentiva una scelta di diversa, cioè quella sacrosanta di non pagare, la Magistratura deve estendere le sue indagini ai veri distruttori e al cd. “primo livello”
politico.
A sommesso parere dell’esponente, le medesime ragioni invocate dagli Enti Locali che hanno reagito al grave vulnus alla sovranità territoriale posto in essere dai derivati ceduti dalle grandi banche internazioni, dovevano essere attivate dal Governo centrale, non sussistendo alcuna differenza, anzi, tra le situazioni operanti tra gli Enti Locali territoriali e lo Stato.
Infatti, nel solco della giurisprudenza formatasi in materia di responsabilità civile connessa all’uso della contrattazione in strumenti derivati, segnatamente nelle nome di comportamento contenute degli intermediari finanziari contenute nel TUF e nei regolamenti attuativi, è necessario rispettare tre gruppi di doveri: a) doveri informativi; b) doveri di adeguatezza delle operazioni finanziarie e c) doveri di gestone nei conflitti d’interesse.
Nel caso di specie, occorre accertare se, nel comportamento tenuto dalla Morgan - che ha richiesto il pagamento – e dal Governo – che lo ha effettuato senza alcuna contestazione, possano ravvisarsi ipotesi di reato, tenendo conto che, nella vicenda del pagamento alla Morgan Stanley, è evidente che non vi è equivalenza delle posizioni contrattuali originarie, in quanto lo stato ha ritenuto di accettare posizioni penalizzanti, senza ricevere in contropartite il cd. premio di up front, che avrebbe dovuto compensare, attraverso il riconoscimento di una rilevante quantità di liquidità, la sua posizione di svantaggio.
Il Comune di Milano, com’è noto dalla cronache, ha correttamente tutelato le ragioni del proprio territorio ed ha impedito, pur aderendo ad una transazione, l’aumento della pressione fiscale locale, preservando così i residenti, mentre il Presidente del Consiglio ha ritenuto di danneggiare l’economia nazionale a discapito dell’intera collettività, provvedendo al pagamento di un debito non dovuto, che poteva essere comunque contestato e rinegoziato e sicuramente ricondotto nell’ambito del principio commutativo, forse per avvantaggiare l’istituto privato straniero e lo stesso figlio del Presidente Monti.
Dinanzi alla richiesta di pagamento, riconducibile ad un chiaro abuso del diritto e a forme di conclamata usura, Monti avrebbe dovuto rifiutarsi di pagare esercitando il diritto di difesa (peraltro legittima)!
Una condotta del genere può essere considerata lecita, legittima ed esente da censure ulteriori di quella politica? E poi, quale è ragione per cui un fatto di portata così epocale è passato in sordina, tanto che solo pochi ne sono a conoscenza e i media non hanno dato il risalto dovuto?
A parere dell’esponente, l’attenzione della S.V. Ill.a, senza volersi sostituire alle funzioni istituzionali cui Ella è preposta, dovrebbe verificarsi se può intravvedersi un prestito obbligazionario in assenza del requisito della convenienza economica ai sensi dell’art. 41 comma I L. 488/01, tenendo conto che il valore della nuova passività doveva essere inferiore alla passività dei mutui preesistenti che si andavano ad estinguere. Inoltre và verificato se vi è stato un raggiro doloso, attuato dagli istituto per non aver conteggiato due componenti di costo dello swap di ammortamento in fieri, cioè il costo che lo Stato doveva affrontare in futuro per chiudere altro contratto in derivati stipulato, nonché omissione dolosa per la mancata considerazione del costo implicito, causato dallo squilibrio della posizione dei contraenti.
Ne consegue che l’ipotesi di reato, commesso dalla Morgan Stanley al momento del perfezionamento del rapporto appare essere quella della truffa contrattuale ai danni dello Stato (art. 640 I e II comma, con le aggravanti di cui agli artt. 61 nn. 7 e 11 cp), ovvero l’appropriazione indebita aggravata (artt. 646, 61 nn. 7 e 11 cp). Alle predette figure criminose, si aggiungono quelle dell’art. 1 TUF, informazione privilegiata e manipolazione del mercato.
Inoltre, la restante parte del credito è stata presa in carico della Banca Intesa, senza effettuare alcuna gara e con violazione di tutte le regole di trasparenza, non essendo, per altro verso, ipotizzabile che il predetto Istituto abbia svolto attività senza lucro ed anzi è vero l’esatto contrario. In ogni caso, doveva necessariamente procedersi all’affidamento solo dopo l’esaurimento di una competizione pubblica, volta a far ottenere il maggior risparmio possibile della casse statali.
L’enorme vantaggio che, di converso, deriva al predetto istituto, che è garantito dallo Stato stesso (!!), appare il frutto di unfair competition, cioè di una concorrenza sleale, forse conseguente alla presenza di un membro del medesimo governo Monti molto vicino agli interessi della stessa Banca Intesa.
Al predetto rilievo si aggiunge la necessità di verificare la previsione dell’esborso nel bilancio dello stato, tenuto conto che, proprio in ragione della vessatorietà dell’impegno sostenuto, il pagamento poteva essere richiesto in qualsiasi momento, per cui la posta quanto meno doveva essere prevista a rischio, mentre, da una sommaria e celere verifica, non sussistono indicazioni in tal senso, così che ai dubbi di legittimità si sostituiscono i sospetti di illiceità.
All’esponente sembra che Morgan and Stanley richieda il pagamento immediato dei vari miliardi in forza di una dichiarazione di Standard and Poor avvenuta due settimane prima. Da notizie di stampa, sembra che la Procura di Trani sta indagando su Standard and Poor perchè avrebbe "elaborato e diffuso giudizi falsi,parzialmente infondati e comunque imprudenti, tendenziosi e scorretti" in quella precisa occasione del downratring dell' Italia.
Inoltre i magistrati indagano per aggiotaggio e insider trading S&P che sono proprio le accuse più gravi perchè significherebbe che S&P avrebbe forzato negativamene il giudizio sull'economia italiana per permettere a Morgan Stanley di fare il business. Monti è stato anche nel libro paga di S&P.
Sulla base di quanto dedotto, il sottoscritto chiede alla S.V.Ill.ma di verificare se dalla condotta del Presidente del Consiglio Mario Monti – o di qualsiasi altro soggetto che abbia a qualsiasi titolo partecipato - nella vicenda del pagamento del derivato innanzi descritto, anche in relazione alla posizione rivestita dal di lui figlio, Giovanni Monti all’interno della Morgan Stanley e al grave danno causato alle ragioni dello Stato e dei cittadini, possa ravvisarsi una o più ipotesi di reato perseguibili d’ufficio o querela di parte, nel qual caso se ne chiede formalmente la penale punizione. In caso positivo perseguire gli autori dei ravvisati reati, comunicando, ai sensi dell’art. 408 cpp, eventuali determinazione volte a richiedere l’archiviazione al seguente indirizzo:Roberto Fiore Via Cadlolo 90 Roma
Con osservanza.