(ASI) Una manciata di voti. Tanto basta per tenere in sospeso il futuro politico della Polonia — e forse anche quello dell’intera area centro-orientale dell’Unione Europea. Il primo turno delle presidenziali del 18 maggio si è chiuso con il centrista Rafał Trzaskowski, sindaco di Varsavia e candidato della coalizione di governo, avanti di poco rispetto allo sfidante Karol Nawrocki, storico sostenuto dal partito sovranista Diritto e Giustizia (PiS).
Trzaskowski ha ottenuto il 31,3% dei voti, contro il 29,5% di Nawrocki: un risultato più stretto del previsto, che rimanda la sfida decisiva al ballottaggio del 1° giugno. In terza posizione, con il 14,8%, si è fermato Sławomir Mentzen, volto della destra libertaria e anti-europeista, ormai capace di intercettare una fetta consistente dell’elettorato giovane e disilluso.
La fotografia che emerge dalle urne è quella di una Polonia divisa, polarizzata e nervosa, dove ogni elezione si trasforma in un referendum esistenziale sul modello di Stato e di società.
Trzaskowski, europeista convinto e volto moderato del premier Donald Tusk, ha impostato la sua campagna su un programma di riforme istituzionali, difesa dello Stato di diritto e normalizzazione dei rapporti con Bruxelles. Nawrocki, al contrario, si presenta come il continuatore della linea del presidente uscente Andrzej Duda: un nazionalismo sociale che rifiuta l’influenza europea, ostile ai migranti e vicino ai valori tradizionali.
Il suo linguaggio, diretto e aggressivo, ha galvanizzato la base più conservatrice, evocando spesso l’ammirazione per Donald Trump e l’esigenza di “salvare la Polonia dalle élite globaliste”.
L’ago della bilancia, ora, sarà proprio Mentzen. Il leader della Konfederacja — movimento che unisce ultraliberisti e nazionalisti — ha già ricevuto i primi appelli da Nawrocki per unire “le forze patriottiche” contro il governo Tusk. Ma il suo elettorato, più volatile e pragmatico, potrebbe disperdersi o persino astenersi al secondo turno, rendendo i pronostici incerti.
Non meno rilevante è il peso dei candidati minori della sinistra e del centro ecologista, che insieme hanno raccolto circa il 15% dei voti. Trzaskowski cercherà di conquistarli proponendosi come argine al ritorno dell’autoritarismo, ma il compito non sarà facile: la fiducia nella coalizione di governo si è logorata dopo mesi di compromessi e lente riforme.
L’atmosfera resta tesa. Gli osservatori parlano di un voto “storico”, capace di decidere non solo la direzione interna, ma anche l’equilibrio dell’Europa orientale. Con il Paese incastonato tra Kaliningrad, Bielorussia e l’Ucraina in guerra, la presidenza polacca è ormai un ruolo strategico per la NATO e per la politica di contenimento della Russia.
Lo stesso premier Tusk ha definito il voto “una scelta di civiltà”. E in effetti, per Bruxelles, una vittoria di Nawrocki significherebbe l’apertura di una nuova faglia all’interno del fronte europeo: una Polonia meno cooperativa, più sovranista, pronta a riabbracciare la logica del “noi contro loro”.
I mercati osservano, le cancellerie attendono, e i polacchi si preparano a un secondo turno che promette di essere una resa dei conti ideologica. Da una parte l’Europa liberale e istituzionale di Trzaskowski, dall’altra la visione identitaria e conservatrice di Nawrocki.
In mezzo, una nazione che sembra specchiarsi nelle proprie contraddizioni: europeista nei sogni, ma profondamente diffidente verso Bruxelles; moderna nelle città, nostalgica nelle campagne. Il 1° giugno non sarà solo un voto per il presidente, sarà un test cruciale per capire se la Polonia vuole continuare a camminare dentro l’Europa — o iniziare a voltarle le spalle.
Tommaso Maiorca – Agenzia Stampa Italia



