(ASI) Riceviamo è Pubblichiamo - In piena guerra civile, le autorità con sede a Port Sudan, guidate dall’esercito, affermano di aver abbattuto un aereo “straniero” all’aeroporto di Nyala,
il quale trasportava, secondo loro, combattenti e materiale militare destinati alle Forze di Supporto Rapido (FSR).
Ma dietro questo annuncio non emerge alcuna prova concreta a sostegno dei fatti, alimentando seri dubbi sulla credibilità dell’incidente.
Nessuna prova presentata
Fino ad ora, né foto, né video, né elementi tecnici che mostrino il relitto o il luogo presunto sono stati resi pubblici. Le piattaforme di monitoraggio del traffico aereo non hanno segnalato alcuna attività insolita sopra Nyala nel periodo indicato.
Testimoni locali affermano che l’aeroporto ha continuato a funzionare normalmente, senza traccia di un evento importante.
Il ministero degli Affari Esteri degli Emirati Arabi Uniti ha categoricamente smentito queste accuse, definendole “affermazioni prive di fondamento” e accusando le autorità sudanesi di cercare di distogliere l’attenzione dalle gravi violazioni commesse dall’esercito e dalle milizie alleate.
Per molti analisti, questo tipo di accuse senza prove contro attori stranieri non è nuovo. Si inserisce in una strategia volta a esternalizzare le responsabilità per ridurre la pressione interna e internazionale.
Lo scrittore sudanese Munim Suleiman, in un editoriale pubblicato da Al-Rakouba, evidenzia la mancanza di rigore della narrazione mediatica pro-esercito, priva di dati tecnici (immagini satellitari, scatole nere, rapporti di esperti) e basata su affermazioni non verificabili.
Secondo Radio Dabanga, gli abitanti di Nyala assicurano di non aver sentito alcuna esplosione o deflagrazione nei pressi dell’aeroporto nelle date citate. Data la vicinanza del sito a zone residenziali, un incidente di tale portata avrebbe lasciato tracce visibili e udibili.
Le Forze di Supporto Rapido negano qualsiasi assalto contro Nyala e assicurano che la città è protetta da un moderno sistema di difesa aerea coordinato, rendendo improbabile qualunque intrusione nemica. Sottolineano inoltre l’ironia del fatto che tali accuse provengano da un campo che si appoggia esso stesso sulla presenza di truppe straniere in aree sotto il controllo dell’esercito, come Port Sudan e Wadi Saydna.
In assenza di prove materiali e di fronte alla ripetizione di questo tipo di narrazioni accusatorie dopo ogni battuta d’arresto, questo annuncio sembra più un’operazione di guerra psicologica più che un fatto accertato. Una strategia che, secondo molti osservatori, serve soprattutto a evitare di affrontare le vere questioni: violazioni dei diritti umani, aggravamento della crisi umanitaria e recenti perdite militari.
*Immagine generata con AI ChatGtp.



