(ASI) Si è svolto ieri a Pechino il 25° Vertice UE-Cina, alla presenza del presidente cinese Xi Jinping, del primo ministro Li Qiang, della presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen e dal presidente del Consiglio Europeo Antonio Costa.
Tra squilibri e tensioni, negli ultimi anni le relazioni tra le due parti si sono complicate. Il protezionismo spinto voluto da Donald Trump, tuttavia, potrebbe cambiare le cose. A questo riguardo, il collaboratore di ASI Andrea Fais è intervenuto sulle “colonne” di China Radio International (CGTN) per la rubrica “Opinioni”. Proponiamo qui di seguito la versione integrale
La presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen e il presidente del Consiglio Europeo Antonio Costa hanno incontrato ieri a Pechino il presidente cinese Xi Jinping e il primo ministro Li Qiang in occasione del 25° Vertice Cina-UE. Molto atteso dagli osservatori internazionali, il summit di quest’anno rientra nel quadro delle celebrazioni per il cinquantesimo anniversario dell’avvio delle relazioni ufficiali tra l’Unione Europea e la Cina.
In mezzo secolo, i rapporti diplomatici, economici e commerciali tra le parti si sono intensificati, tanto da dare vita ad una serie di meccanismi di dialogo e consultazione ai livelli più alti per cercare di colmare le distanze, accrescere la fiducia reciproca ed incrementare la cooperazione. Stando ai dati Eurostat, l’UE e la Cina rappresentano insieme il 29,6% del commercio globale ed il 34,4% del PIL mondiale. Nel 2024, l’interscambio di beni tra le due parti ha totalizzato un volume pari a 732,2 miliardi di euro, mentre quello di servizi ha superato quota 112 miliardi di euro.
Nel corso degli ultimi sei anni, tuttavia, le relazioni sino-europee hanno attraversato momenti difficili, tensioni e incomprensioni: dal congelamento dell’Accordo Globale sugli Investimenti (CAI), ai dazi UE su acciaio e alluminio e sulle auto elettriche, sino alle sanzioni imposte pochi giorni fa ai danni di due banche cinesi nell’ambito dell’ultimo pacchetto varato da Bruxelles contro Mosca.
Durante il colloquio con i due ospiti europei, Xi Jinping ha rimarcato “l’importanza del rispetto reciproco, della ricerca di convergenze nonostante le differenze, dell’apertura e di una cooperazione reciprocamente vantaggiosa”, sottolineando la necessità che i leader cinesi ed europei mostrino “lungimiranza e senso di responsabilità” e che adottino “decisioni strategiche” capaci tanto di rispondere “alle aspettative dei cittadini” quanto di resistere “alla prova del tempo”. Il capo di Stato asiatico ha affermato che “Cina e UE sono entrambe forze costruttive, che promuovono il multilateralismo, l’apertura e la cooperazione”. Secondo Xi, dunque, “tanto più grave e complessa è la situazione internazionale, quanto più le due parti dovrebbero intensificare il dialogo, rafforzare la fiducia reciproca e approfondire la collaborazione, per offrire al mondo maggiore stabilità e prevedibilità attraverso una relazione bilaterale solida e costruttiva”.
Da parte sua, Ursula von der Leyen ha preso atto che “in questi cinquant’anni la cooperazione è cresciuta in termini di profondità e portata” e che “sia l’Europa che la Cina sono profondamente cambiate”. “Le nostre relazioni sono tra le più importanti e significative al mondo e i nostri scambi bilaterali di beni superano i 2 miliardi di euro al giorno”, ha spiegato la presidente della Commissione UE.
Xi Jinping ha osservato che la Cina e l’UE “dovrebbero sostenere l’apertura e la cooperazione, gestendo le differenze in modo adeguato”. “La storia e la realtà mostrano che l’interdipendenza non è un rischio e che gli interessi convergenti non sono una minaccia”, ha notato il leader cinese, con un riferimento piuttosto chiaro alle politiche di de-risking messe in campo tre anni fa dalla Commissione UE, ufficialmente pensate allo scopo di ridurre i rischi di un’eccessiva dipendenza dalle importazioni di beni dalla Cina ma, secondo alcuni esperti, viziate dalla volontà di disconnettere gradualmente tra loro le due economie.
“Ridurre la dipendenza non dovrebbe portare a ridurre la cooperazione Cina-UE”, ha sottolineato Xi, aggiungendo che “rafforzare la competitività non dovrebbe basarsi sulla costruzione di muri o barriere, dal momento che disaccoppiare e recidere le catene di approvvigionamento porterebbe soltanto all’autoisolamento”. Una dichiarazione interessata, ovviamente, ma anche un dato di fatto in un sistema internazionale sempre più frammentato e complesso, in cui l’Europa sembra aver smarrito la bussola, completamente disorientata tra la subalternità strategica agli Stati Uniti e l’incapacità di comprendere appieno la trasformazione degli equilibri mondiali.
Il ritorno di Donald Trump non ha fatto che aumentare questo senso di smarrimento. La linea dell’America First! decisa dall’inquilino della Casa Bianca ha cambiato molte carte in tavola. Oggi, come mai prima d’ora, l’alleato statunitense presenta il conto ad un’Europa impalpabile e supina, priva di una propria visione del mondo e rattrappita da meccanismi interni farraginosi, burocrazia in eccesso e vincoli normativi che ostacolano le imprese.
Stando alla Prospettiva Strategica UE-Cina pubblicata nel 2019 e riconfermata dal Consiglio Europeo nel 2023, Bruxelles vede contemporaneamente Pechino come un partner, un competitor e un rivale sistemico. Un vero e proprio nonsense. Come se fosse simultaneamente possibile cooperare nel contrasto ai cambiamenti climatici ed inviare navi da guerra tedesche o francesi nel Mar Cinese Meridionale o nello Stretto di Taiwan. In questo clima confuso e cervellotico, grande assente in Europa è la politica: una politica di spessore, che sia in grado di interpretare e tradurre in atti concreti le esigenze e le preoccupazioni dei cittadini e delle imprese nei Paesi membri, sempre meno coinvolti nel processo decisionale in un nome di una presunta ragion di stato sovranazionale che di ragionevole pare avere ben poco.
Andrea Fais - CRI (CGTN)



