Putin colpisce Kiev: la vendetta del Cremlino prende il volo

Riceviamo e Pubblichiamo.

"La tranquillità che viene dalla saggezza consiste nell'accettare ciò che non possiamo cambiare e nel dedicare le nostre forze a ciò che è nelle nostre mani." – Marco Aurelio

(ASI) All'alba del 6 giugno 2025, la Russia ha lanciato il suo più massiccio attacco aereo su Kiev e altri centri strategici ucraini dall'inizio del conflitto iniziato nel 2022. Oltre 400 droni kamikaze Shahed di produzione iraniana, decine di missili ipersonici Kinzhal e missili da crociera Kalibr hanno colpito infrastrutture civili e militari, causando gravi danni a linee elettriche, centrali di approvvigionamento idrico e basi militari. L'azione, rivendicata dal Cremlino come "risposta necessaria e giustificata" all'Operazione Spiderweb — un attacco ucraino avvenuto il 1° giugno contro basi aeree nel profondo territorio russo, che avrebbe danneggiato fino a 40 bombardieri strategici — segna un'escalation significativa nel conflitto.

Mosca ha motivato questa rappresaglia come un gesto di autodifesa per ristabilire l'equilibrio strategico e proteggere la propria sovranità, sostenendo che l'Ucraina, con l'appoggio occidentale, abbia varcato una linea rossa, mettendo a rischio la sicurezza nazionale russa. Da parte sua, Kiev ha condannato fermamente l'attacco, definendolo un crimine di guerra e un tentativo disperato di intimidire la popolazione civile e piegare la volontà di resistenza.

La reazione internazionale è stata immediata e variegata. Gli Stati Uniti hanno condannato con forza l'attacco russo, definendolo una brutale escalation e ribadendo il loro sostegno militare e finanziario all'Ucraina, in particolare con la fornitura di sistemi avanzati di difesa antiaerea. Tuttavia, sotto la presidenza Trump, l'approccio americano rimane pragmatico e mirato a evitare uno scontro diretto con Mosca, mantenendo un equilibrio tra pressione militare e diplomazia. L'Unione Europea, da parte sua, appare divisa: paesi come Polonia e i Paesi Baltici chiedono un inasprimento immediato delle sanzioni e un intervento più deciso, mentre Germania, Francia e Italia prediligono un approccio più equilibrato, finalizzato a evitare un'escalation incontrollata. L'Italia, in particolare, ha condannato con fermezza l'aggressione, riaffermando il proprio sostegno all'Ucraina, ma ha evitato un linguaggio troppo duro nei confronti di Mosca, privilegiando il dialogo e la mediazione diplomatica per cercare di contenere la crisi. La Cina, pur mantenendo relazioni economiche con la Russia, ha invitato entrambe le parti a un immediato cessate il fuoco e ha promosso la ricerca di una soluzione negoziata, sottolineando l'importanza della stabilità regionale e mondiale.

Dal punto di vista militare, l'attacco russo ha evidenziato una nuova fase del conflitto caratterizzata dall'uso coordinato di droni kamikaze Shahed, missili ipersonici Kinzhal e missili da crociera Kalibr. I droni Shahed, economici e difficili da intercettare, sono stati impiegati in massa per saturare le difese aeree ucraine, mentre i missili Kinzhal, volando a velocità superiori a Mach 5, hanno rappresentato una sfida senza precedenti per i sistemi di difesa. I missili Kalibr, già utilizzati in Siria e in Ucraina, hanno colpito obiettivi strategici a lunga distanza con precisione chirurgica. Grazie a sistemi di difesa radar avanzati e batterie antiaeree fornite da Stati Uniti e Europa, Kiev ha intercettato una parte consistente dei missili e droni, limitando i danni maggiori, ma il bilancio complessivo resta pesante.

L'8 giugno 2025, la Russia ha ripreso la sua offensiva su Kiev con un nuovo massiccio attacco aereo e missilistico. Questa ondata ha visto l'impiego di numerosi droni e missili, causando interruzioni di corrente e danni a infrastrutture civili fondamentali. Le difese ucraine hanno nuovamente intercettato la maggior parte dei vettori nemici, ma diversi raid sono riusciti a colpire zone residenziali e impianti strategici, provocando vittime tra la popolazione civile e aumentando la pressione sull'apparato di difesa di Kiev. Altri centri urbani come Kharkiv, Kherson, Dnipropetrovsk e Odesa sono stati colpiti con intensità senza precedenti, facendo aumentare il bilancio delle vittime e le devastazioni materiali.

Le ripercussioni economiche di questa nuova escalation si fanno sentire con forza in tutta Europa e in particolare in Italia. La crescente instabilità ha spinto al rialzo i prezzi dell'energia, soprattutto gas e petrolio, aggravando l'inflazione già elevata e rallentando la ripresa economica post-pandemia. Le aziende italiane, in particolare quelle esportatrici, si trovano a dover affrontare costi crescenti e mercati incerti, mentre le famiglie devono fare i conti con l'aumento del costo della vita. A livello governativo, l'Italia ha incrementato la spesa militare destinata alla modernizzazione delle forze armate e all'acquisto di sistemi di difesa antiaerea, cercando di bilanciare questo impegno con misure di sostegno economico per le fasce più vulnerabili della popolazione. Inoltre, la crisi alimentare globale si aggrava, con l'interruzione delle esportazioni di cereali da Ucraina e Russia che provoca tensioni sui mercati internazionali e rischi per la sicurezza alimentare.

Dal punto di vista politico interno, la Russia si trova ad affrontare crescenti difficoltà. Le sanzioni economiche internazionali continuano a pesare su settori chiave dell'economia e la fuga di capitali ha indebolito ulteriormente la stabilità finanziaria. La propaganda governativa cerca di mantenere il consenso attorno a Vladimir Putin, ma il malcontento cresce soprattutto nelle regioni più colpite e tra le nuove generazioni. Le perdite militari, difficilmente quantificabili ufficialmente, alimentano il dissenso e rafforzano la repressione interna attraverso campagne di censura e controllo dell'informazione. In Ucraina, nonostante le devastazioni e le difficoltà umanitarie, la resistenza nazionale si rafforza, sostenuta da un ampio consenso popolare e dal supporto internazionale. Il governo Zelensky continua a coordinare la risposta militare e a chiedere un sostegno più robusto da parte dell'Occidente.

Viviamo oggi in un periodo di totale disregolazione internazionale, in cui nessuno sembra in grado o disposto a fermare le azioni aggressive, e dove le regole che un tempo governavano la convivenza pacifica tra stati appaiono ormai infrante o ignorate. Questa anarchia geopolitica crea un terreno fertile per conflitti prolungati e pericolose escalation, lasciando la comunità globale impotente di fronte alla brutalità di guerre senza fine.

Guardando al futuro, gli scenari del conflitto appaiono molteplici e incerti. Da una possibile escalation militare che potrebbe coinvolgere direttamente la NATO e portare a un confronto di portata globale, fino a uno stallo di logoramento che protrae la sofferenza senza un chiaro vincitore. Un terzo scenario auspicabile ma difficile è l'avvio di negoziati di pace condizionati, possibilmente mediati da potenze terze come la Turchia o l'India, con l'obiettivo di arrivare a un cessate il fuoco duraturo e a un accordo politico. Infine, non è da escludere una riorganizzazione geopolitica dell'area eurasiatica, con potenziali cambiamenti territoriali o accordi multilaterali che potrebbero ridefinire gli equilibri.

Il ruolo della diplomazia rimane dunque cruciale, ma si scontra con interessi divergenti, sospetti profondi e una diffusa sfiducia tra le parti. La coesione tra Stati Uniti, Europa e NATO sarà fondamentale per sostenere l'Ucraina senza però trascinare il mondo in un conflitto globale. La Cina, che ha mantenuto un atteggiamento più neutrale, si trova ora in una posizione di grande responsabilità, potendo agire come mediatore o, al contrario, come alleato strategico di Mosca. Paesi non allineati, quali India, Brasile e Sudafrica, sollecitano un approccio più equilibrato e pacifico, consapevoli delle conseguenze umanitarie e globali di una guerra prolungata.

In definitiva, la crisi russo-ucraina rappresenta una delle sfide più complesse e pericolose del nostro tempo. Essa mette a dura prova non solo la stabilità dell'Europa ma anche l'ordine internazionale basato su regole e cooperazione. Se la comunità globale non riuscirà a trovare un equilibrio tra fermezza e dialogo, rischio che la spirale della violenza trascini l'intero pianeta in una fase di instabilità prolungata, con conseguenze devastanti per le future generazioni. Il cammino verso una pace duratura sarà lungo e impervio, ma è l'unica strada percorribile per salvaguardare la convivenza pacifica, il rispetto del diverso e del vicino, e i diritti umani nel mondo.

Solo in questo sforzo collettivo e consapevole, la saggezza di Marco Aurelio potrà davvero illuminare il cammino: accettare ciò che non si può cambiare, ma soprattutto dedicare le proprie forze a ciò che è nelle nostre mani, lavorando per un futuro migliore, più giusto e rispettoso degli altri.

Carlo Di Stanislao

 

Immagine realizzata con AI Gemini.

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