(ASI) La prossima riunione dei Paesi aderenrti ai BRICS (Johannesburg, 22-24 agosto 2023) probabilmente segnerà l'attesa svolta decisiva nella politica mondiale e nel corrispondente sistema finanziario.
Sono 13 le nazioni che hanno ufficialmente fatto richiesta di adesione al gruppo BRICS: Emirati Arabi Uniti (UAE), Arabia Saudita, Bangladesh, Venezuela, Argentina, Indonesia, Etiopia, Bahrain, Messico, Nigeria, Algeria, Egitto e Iran. Senza contare i numerosi altri Paesi che mostrano crescente interesse per un'iniziativa che è stata promossa dai 5 Stati dell'acronimo BRICS: Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica.
Un dato che deve far riflettere: aggiungendo queste nuove realtà statuali ai 5 Paesi fondatori, si scoprirebbe che ammonterebbero a 5 miliardi le persone rappresentate dai BRICS, a fronte degli 8 miliardi della popolazione del pianeta. Laddove meno di un miliardo di persone popolano il cosiddetto Occidente.
Tutto ciò sta anche ad indicare il futuro scenario internazionale, che passerà inevitabilmente dalla fase unipolare a quella multipolare, sostituendo il potere monopolistico degli USA con una gestione collegiale e paritetica di tutti i Paesi aderenti al BRICS.
Sul piano del commercio globale, la conseguenza sarà l'abbandono del dollaro USA ("dedollarizzazione") e l'utilizzo di valute alternative nelle transanzioni internazionali. L'obiettivo principale dei BRICS è l'autonomia dal potere economico-finanziaro rappresentato dalla moneta statunitense.
Dopo i reiterati errori strategici che sono costati all'Italia in termini economici la rinuncia alle risorse energetiche russe (gas e petrolio) a basso costo e l'annunciato abbandono - sempre dietro pressione USA - dell'accordo commerciale con la Cina (la cosiddetta Via della Seta), non sarebbe forse il caso per l'Italia di cogliere l'opportunità che i BRICS offrono?