(ASI) Bruxelles – Dalla guerra in Ucraina alle relazioni con Bielorussia e Iran, dal potenziamento della difesa ai rapporti scomodi con la Cina. Il 29 e 30 giugno scorsi si sono rivelati due giorni di intense discussioni per i capi dei ventisette Stati membri.
Il Consiglio europeo riunito nella capitale belga è stata l’occasione per ribadire, ancora una volta, la vicinanza dell’Unione al popolo ucraino “per tutto il tempo necessario”. Una vicinanza espressa con azioni tangibili: finora Bruxelles ha versato nelle casse di Kyiv oltre 77 miliardi di euro.
A ciò si aggiungono i fondi mobilitati urgentemente per fronteggiare la distruzione della diga presso la centrale idroelettrica di Kakhovka. Un evento dalla portata dirompente, che ha completamente sommerso d’acqua almeno trenta insediamenti nella circostante regione di Kherson. Al dramma delle decine di migliaia di sfollati si unisce la preoccupazione per lo stato di salute della vicina centrale nucleare di Zaporizhzhia.
L’Europa ha subito stanziato 500.000 euro per tamponare lo scoppio di una catastrofe umanitaria. L’attivazione del meccanismo di protezione civile dell’Ue, inoltre, ha permesso di inviare sul campo beni indispensabili di prima assistenza quali cibo, vestiti, tende attrezzate per gli sfollati, generatori di elettricità.
In un’ottica di lungo respiro, il Consiglio ha concordato di implementare un “sostegno finanziario stabile, prevedibile e sostenibile per gli anni a venire”. In altre parole, saranno messi a disposizione del governo ucraino nuovi fondi per contribuire alla ricostruzione del paese una volta cessate le ostilità.
Finché ciò non avverrà, Bruxelles continuerà ad aiutare lo Stato a difendersi dall’aggressione russa. Entro il prossimo marzo l’Ucraina riceverà almeno 1.000.000 di munizioni di artiglieria, in parte acquistate congiuntamente dagli Stati membri e in parte prodotte direttamente dalle imprese europee.
I Primi ministri hanno ribadito l’intenzione di indebolire giorno dopo giorno l’apparato bellico del Cremlino. In merito, poco fa è entrato ufficialmente in vigore l’undicesimo pacchetto di sanzioni. Le nuove restrizioni mirano a evitare che Vladimir Putin possa aggirare i divieti precedentemente imposti. Se si renderà necessario, l’Unione potrà prendere provvedimenti anche nei confronti di paesi terzi sospettati di essere complici della classe dirigente moscovita.
La risposta europea all’invasione passa, altresì, attraverso la via giudiziaria. Non a caso è appena entrato in funzione il “Centro internazionale per il perseguimento del crimine di aggressione nei confronti dell'Ucraina”. L’operato dell’organo sarà indispensabile ad accertare e catalogare le efferatezze compiute dall’esercito russo. In un secondo momento, sulla base delle evidenze raccolte, potrà essere istituito un “tribunale per il perseguimento del crimine di aggressione”.
Da Bruxelles è risuonato l’ennesimo, fermo avvertimento alla Bielorussia e all’Iran. Nel mirino c’è la pericolosa alleanza fra Lukashenko e Putin, culminata con il dispiegamento di armi tattiche nucleari russe in territorio bielorusso. C’è, poi, la mal digerita pratica dell’Iran di vendere al Cremlino droni sistematicamente impiegati in Ucraina. Sia Minsk sia Teheran, lo ricordiamo, sono già state sottoposte a sanzioni da parte dell’Ue. Le restrizioni intendono scoraggiare il supporto militare fornito a Mosca e sono arrivate a colpire persino ministri, partiti politici, funzionari governativi di alto livello.
Per quanto riguarda la questione della sicurezza, i Primi ministri si sono concentrati sul potenziamento dell’industria europea della difesa. Va segnalato, in merito, il raggiungimento di un accordo che, tramite un sistema di appalti comuni a livello europeo, renderà più efficienti le imprese del settore e le connetterà tra di loro. Su tavolo c’è, altresì, il lancio di un programma di investimenti destinato alle aziende comunitarie, al fine di ridurre la dipendenza dalle forniture di paesi esterni.
Sempre in tema di sicurezza, è stata aumentata di 3 miliardi e mezzo la dotazione finanziaria dello Strumento europeo per la pace (European Peace Facility, EPF). Si tratta di uno strumento operativo che entra in azione quando scoppiano crisi o guerre nelle aree circostanti i confini comunitari. Bruxelles vi ha ampiamente fatto ricorso per sostenere la difesa dell’Ucraina e la nuova iniezione di liquidità lascia presagire che proseguirà pure nell’avvenire.
A proposito di aree circostanti, il Consiglio ha compito ulteriori passi avanti verso la futura integrazione della Georgia e della Moldavia. Entrambi gli Stati, del resto, hanno ripetutamente dimostrato di voler rifuggire gli ingombranti tentativi di influenza della Russia. Mentre la Georgia deve ancora varare una serie di riforme prima di poter entrare nell’Ue, la Moldavia è ufficialmente un paese candidato all’ingresso. Le negoziazioni fra Bruxelles, Tbilisi e Chisinau stanno procedendo spedite. Le relazioni si sono intensificate soprattutto con la Moldavia, in seguito alla scioccante scoperta di un dettagliato piano segreto del Cremlino per rovesciare l’esecutivo europeista e sostituirlo con un governo fantoccio.
Ma i rapporti più complessi sono senza dubbio quelli intercorrenti con Pechino. Lo stesso Consiglio ha ammesso che la Cina è “contemporaneamente un partner, un concorrente e un rivale sistemico”. Nonostante l’atteggiamento ambiguo nei confronti di Putin e i toni aggressivi ai danni di Taiwan abbiano assai infastidito Bruxelles, Xi Jinping è e rimane – almeno nel breve periodo – un prezioso rifornitore di materie prime.
I Primi ministri hanno, dunque, convenuto di adottare una “strategia multiforme”. In sostanza, l’Europa continuerà a mantenere con il paese del dragone “relazioni costruttive e stabili”. Nel contempo, inizierà a ridurre sempre più la propria dipendenza dalle materie prime cinesi. Il Consiglio anche ha ribadito che qualsiasi interlocuzione dovrà avvenire nel pieno rispetto del diritto internazionale. In tal senso, ha invitato Xi a “esercitare pressioni sulla Russia” per indurla a cessare le ostilità in Ucraina. E sul grattacapo Taiwan, Bruxelles ha sentenziato che si opporrà a “qualsiasi tentativo unilaterale di modificare lo status quo ricorrendo alla forza o alla coercizione”.
Marco Sollevanti – Agenzia Stampa Italia