"Non voglio solo lavorare nella mia vita", lo slogan della protesta in Francia

(ASI) Parigi - Abbiamo visto in TV e sui video diffusi sui social le proteste popolari che stanno divampando in Francia. A tal proposito è doveroso chiedersi le motivazioni che hanno scatenato queste mobilitazione e contestazione popolare al Governo Macron. 

 - Cosa sta succedendo oltralpe?
 
 Milioni di persone, un'onda d'urto di disoccupati, liberi professionisti, lavoratori dipendenti, uomini e donne di ogni fascia di età, sono scese in questi giorni nelle piazze delle città francesi (circa 3,5 milioni in 300 centri urbani transalpini), in protesta per le riforme in campo pensionistico del Governo (passaggio dell'età pensionabile da 62 a 64 anni senza consultare il Parlamento come permetterebbe l'attuale costituzione francese) e contro lo sfruttamento e la precarietà del lavoratore/ cittadino, non più tutelato come un tempo dagli ammortizzatori sociali dello Stato, costretto a lavorare per la mera sopravvivenza, non a caso lo slogan eloquente della protesta riportato dagli organi di informazione di tutto il mondo è "Non voglio solo lavorare nella mia vita".
 
 - Come avviene questa protesta? 
 
Per lo più in maniera pacifica con cortei e presidi di protesta, talvolta anche in modo violento (incendiato nei giorni scorsi il portone del Municipio di Bordeaux e duri scontri ad esempio in Piazza dell'Opera e Piazza della Bastiglia a Parigi, con un totale fino ad oggi di 457 manifestanti fermati e 441 poliziotti feriti), sia quando ci sono in piazza i gruppi più violenti dei "Black Block" e dei "Casseurs", sia quando è la polizia francese che reagisce in maniera durissima, caricando tutto ciò che trova davanti, compresi i manifestanti, i sindacalisti e i giornalisti, considerati magari colpevoli di voler aizzare i toni delle proteste. 
 
- Perché in Italia non avviene quello che sta avvenendo in Francia?
 
 In Italia, a differenza della Francia,  esiste a tutti i livelli, con poche eccezioni fuori dal coro, una casta unica trasversale che comprende politici, amministratori pubblici, giornalisti e sindacalisti, fedeli al mantenimento dello status quo (cioè il sistema clientelare e delle consorterie di interessi privati)  che vanno ben oltre i Governi che cambiano velocemente e che rispondono ad interessi diversi o al di sopra di quelli nazionali. La situazione é ben diversa in Francia, dove, benché la lobby di potere di Macron rappresenti la finanza e la tecnocrazia internazionale, esistono grandi forze politiche sovraniste, come il Front National, ma anche parte dei conservatori e dei socialdemocratici che  hanno ben saldo un minimo di interesse nazionale, sindacati e parte della stampa libera assolutamente non allineati con il centro del potere locale che ancora riescono a coalizzare e coordinare un gran numero di persone, cosa che in Italia non è piú possibile, non solo per la casta di potere anti nazionale  esistente a tutti i livelli, ma anche per l'estrema eterogeneità del movimento sindacale con la nascita di tante sigle autonome (i sindacati più storici Ggil, Csl, Uil, hanno ancora 11 milioni di tesserati ma ne hanno persi oltre 1 milione negli ultimi anni), per le regole ben precise alle quali deve attenersi la stampa in Italia censurata e sotto l'influenza delle lobby politico - economiche e per l'esistenza di una larghissima fetta della cittadinanza  che vive in una realtà locale completamente avulsa e lontana dallo Stato e dalle grandi problematiche sociali, economiche e politiche nazionali. Anche in Francia ci sono realtà simili, sia nelle aree più degradate delle periferie urbane dove vivono gli immigrati, sia nelle aree più rurali, ma la Francia come Stato non é l'Italia, é molto più coesa e il potere amministrativo centralizzato si fa sentire molto di più che nel Belpaese. 
 
- Quanto influenza la diversa storia nella situazione differente esistente in Italia e in Francia?
 
In Francia, lo sciopero e la protesta sono una tradizione storica radicata nella cultura politica, basti pensare alla Rivoluzione del 1789 e che la "Marsigliese" é un inno rivoluzionario, quindi nulla di paragonabile con la situazione italiana, dove l'instabilità politica ha portato a una certa sfiducia verso l'utilità dell'azione e della protesta politica, e così cresce l'astensionismo e si posticipano e/o si demanda ad altri la risoluzione dei problemi che spesso  si trascinano da tempo e restano irrisolti. 
 
- Cosa è la resistenza passiva comune ad Italia e Francia?
 
 Esiste sia in Italia che in Francia, ma anche in altre democrazie occidentali, una sorta di resistenza passiva al sistema, soprannominata della "Great Resignation", fatta da tutti quei lavoratori che rassegnano le dimissioni, ed entrano anche loro nel mondo dell'economia sommersa indipendente dall'organizzazione fiscale e previdenziale pubblica. Questa forma di protesta passiva sarà possibile a livello individuale finché la tecnocrazia non riuscirà a controllare concretamente ogni aspetto della vita del cittadino, soprattutto in campo socioeconomico e finanziario; impedire che questo nuovo progetto di sudditanza tecnocratica si realizzi é un altro dei fini delle proteste. 
 
- Quanto durerà la protesta in Francia? Si potrebbe espandere altrove?
 
C'è da giurare che questa onda d'urto di protesta non finirà subito, anche perché Macron, interpellato da piú parti, sembra intenzionato ad andare avanti senza concessioni "Questa riforma é una necessità, non un lusso" ha dichiarato. Nel 1968, le proteste di piazza si trasferirono dalla Francia all'Italia nel 1969. Ma l'Italia di oggi è profondamente diversa da quella di ieri. Si preannuncia un anno caldo. Chi vivrà vedrà che succederà.
 
Cristiano Vignali - Agenzia Stampa Italia

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