(ASI) Bruxelles – L’Europa è pronta a muoversi con passi concreti per gestire unitamente ed efficacemente il nodo dei flussi migratori. È quanto affermato dalla presidente della Commissione a margine del Consiglio europeo straordinario del 9 febbraio.
“Dobbiamo agire insieme. Perché insieme non esiste sfida che non possiamo vincere” ha esclamato Ursula von der Leyen, annunciando le decisioni prese dai Primi ministri dei ventisette Stati membri riuniti in Consiglio.
In primo luogo, sono state concordate misure per “rafforzare le frontiere esterne dell’Unione” e “prevenire l’immigrazione irregolare”. Ciò avverrà mediante la realizzazione di due progetti pilota sul campo.
I confini esterni saranno dotati di “un pacchetto integrato di infrastrutture mobili e fisse” mirati a garantirne la sicurezza. Von der Leyen ha menzionato veicoli di pattugliamento, telecamere, torri di guardia e dispositivi di sorveglianza elettronica che opereranno a tutela dei principali punti d’ingresso dell’Europa. Assieme ai meccanismi di vigilanza, un secondo progetto pilota istruirà le forze di stanza presso le frontiere su come effettuare correttamente le relative pratiche amministrative dalla registrazione dei migranti, all’avvio delle procedure di asilo fino alla gestione dei rimpatri.
I due progetti saranno sovvenzionati con fondi comunitari, finanziamenti bilaterali erogati da Stati membri e singoli finanziamenti nazionali. Nella loro attuazione un ruolo rilevante sarà riservato a Frontex, l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera. Istituita nel 2016 alla luce dell’ondata migratoria che investì quell’anno il continente, l’Agenzia è tutt’ora incaricata di assicurare l’incolumità dei confini esterni dell’Area Schengen. Per farlo, possiede la facoltà di amministrare le risorse e coordinare l’attività delle forze di sicurezza messe a disposizione dalle autorità nazionali di ciascuno Stato membro Ue. L’Italia contribuisce a pattugliare i confini marittimi grazie al prezioso apporto della Guardia di Finanza e della Guardia costiera.
Nel corso degli anni, nonostante il progressivo affievolimento dei flussi migratori l’Unione ha voluto continuare a implementare Frontex. La sua dotazione finanziaria è incrementata vertiginosamente dai 143 milioni di euro iniziali fino ai 754 milioni stanziati nel 2022. Il personale operativo è lievitato dai 402 dipendenti originari ai ben 1500 registrati al giorno d’oggi. Tuttavia, a crescere sono state anche le numerose inchieste giornalistiche e le denunce delle organizzazioni non governative. Esse hanno accusato l’Agenzia di chiudere sistematicamente gli occhi dinanzi le ripetute, pesanti vessazioni e violazioni dei diritti umani inflitte ai migranti intenti a varcare i confini europei.
Durante la conferenza stampa la presidente ha reso note le ulteriori iniziative pattuite. Sarà incoraggiata l’applicazione del principio del “paese terzo sicuro”. Un migrante non potrà entrare in uno Stato membro se, per arrivarvi, ha in precedenza attraversato un paese terzo – esterno all’Ue – considerato appunto sicuro per la sua incolumità. L’obiettivo fissato è quello di stilare al più presto un elenco condiviso di paesi terzi in cui non è in pericolo l’integrità fisica o la salvaguardia dei diritti umani fondamentali dei migranti.
Si è convenuto, inoltre, di riconoscere reciprocamente le deliberazioni relative al rimpatrio. “Se una decisione di rimpatrio viene presa in uno Stato membro, deve essere valida in tutti gli altri” ha spiegato la presidente della Commissione. Ne consegue che un migrante non potrà eludere gli effetti del decreto di rimpatrio emesso da una nazione europea semplicemente oltrepassando i confini di un’altra nazione europea.
A proposito di rimpatri, il Consiglio ha esortato a “intensificare l’impegno con i paesi d’origine”, nell’intento di velocizzare consensualmente le pratiche. Von der Leyen ha sottolineato la necessità di evitare che ciascuno Stato membro agisca per conto proprio. Al contrario, bisogna a suo parere “parlare con un’unica voce a nome di un’unica Europa”. Solo così sarà possibile intessere negoziazioni chiare e fruttuose con i paesi d’origine. Per giungere più velocemente alla sottoscrizione di accordi di rimpatrio, la presidente ha invitato a fare leva sui “molteplici incentivi” da propiziare ai governi locali, tendendo conto “degli interessi dei nostri partner”.
Non è mancata un’attenzione particolare alle aree più interessate dalle rotte migratorie a causa della loro posizione geografica, come ad esempio l’Italia. “Dobbiamo sostenere maggiormente gli Stati membri sotto pressione” ha ammesso la presidente. Gli strumenti finora messi in campo, del resto, risultano assai poco producenti. Il meccanismo comunitario di solidarietà volontaria non è mai davvero entrato in funzione, in quanto poche cancellerie si sono mostrate favorevoli ad accogliere anche solo una minima porzione di migranti. Lo scorso dicembre in sede di Consiglio si è convenuto di riformare l’accordo di Dublino nell’intento di non abbandonare a se stessi i paesi di primo approdo. “Ora è essenziale finalizzare il prima e il più rapidamente possibile il processo” ha chiarito von der Leyen.
In generale, sono stati compiuti passi in avanti sulla complessa questione. Eppure, è lecito domandarsi a quale prezzo. La presidente ha illustrato misure che sembrano militarizzare le frontiere. Ha continuato a fare affidamento sul controverso operato dell’Agenzia Frontex. Ha accennato a concetti sfuggenti e divisivi quali “immigrazione illegale” o “paesi terzi sicuri”.
La sensazione è che ci sia ancora molto da fare per conciliare la legittima aspirazione europea alla sicurezza con la difesa dei diritti umani fondamentali.
Marco Sollevanti – Agenzia Stampa Italia