Il 4 e 5 marzo prossimi, l'Organizzazione Mondiale per la Proprietà Intellettuale eleggerà il suo nuovo direttore generale, chiamato a sostituire per i prossimi sei anni l'australiano Francis Gurry, in sella dal 2008 dopo due mandati consecutivi.
L'organismo è un vero e proprio forum globale, con sede a Ginevra, in Svizzera, in seno all'ONU che dal 1967 si occupa principalmente di cooperazione internazionale in materia di proprietà intellettuale e amministrazione nelle pratiche di assegnazione dei brevetti internazionali. In corsa ci sono 6 candidati rispettivamente da Cina, Singapore, Kazakhstan, Ghana, Perù e Colombia. Due di questi sono donne. La candidata cinese Wang Binying, che attualmente ricopre la carica di vicedirettore, lavora da quasi trent'anni per l'organizzazione.
La candidatura di Wang Binying ha già ricevuto commenti negativi dal segretario di Stato americano Mike Pompeo, più volte critico verso la Cina per presunte violazioni della proprietà intellettuale, che ritiene strategico il ruolo in palio sebbene gli Stati Uniti non abbiano espresso un proprio candidato.
Di recente, anche in risposta alle critiche, il Ministero degli Esteri cinesi, attraverso il suo portavoce Zhao Lijian, ha sostenuto che «Wang Binying è un'eccellente esperta di proprietà intellettuale» e «gode di profonda stima sia nell'organizzazione che nell'ambiente internazionale della proprietà intellettuale». Secondo il governo asiatico, Wang «è ritenuta la più competente, competitiva ed esperta tra tutti i candidati», oltre ad «adempiere all'auspicio di una più incisiva capacità di guida femminile negli organismi globali».
Si tratta - come noto - di una fase delicatissima per la Cina, che sta affrontando da ormai due mesi l'emergenza epidemica «più grande dal 1949», come l'ha definita Xi Jinping alcuni giorni fa. La partita per la guida dell'organizzazione finirà inevitabilmente in secondo piano ma assumerà comunque contorni di rilievo. La missione dell'agenzia internazionale è quella di «indirizzare lo sviluppo di un sistema di proprietà intellettuale equilibrato ed efficace capace di stimolare l'innovazione e la creatività a beneficio di tutti».
Secondo l'Articolo 3 della Convenzione dell'Organizzazione Internazionale per la Proprietà Intellettuale, l'organismo: deve promuovere lo sviluppo di misure mirate a semplificare la protezione efficace della proprietà intellettuale nel mondo e ad armonizzare le legislazioni nazionali in materia; può concordare di assumere l'amministrazione - o di prendervi parte - di qualsiasi altro accordo internazionale finalizzato a promuovere la protezione della proprietà intellettuale; deve esortare la conclusione di accordi internazionali finalizzati a promuovere la protezione della proprietà intellettuale; deve offrire la sua collaborazione agli Stati che richiedano assistenza tecnico-legale in materia di proprietà intellettuale; deve raccogliere e divulgare informazioni relative alla protezione della proprietà intellettuale, sviluppare e promuovere studi in quest'area e pubblicarne i risultati; deve preservare strutture che facilitino la protezione internazionale della proprietà intellettuale e, dove appropriato, fornire servizi di registrazione in questo ambio, e la pubblicazione di dati riguardanti le registrazioni; deve intraprendere tutte le altre azioni adatte.
Una delle principali preoccupazioni dell'Europa, in questo senso, richiama l'ormai celebre questione delle Indicazioni Geografiche. Per il nostro Paese, grande produttore di celebri specificità agroalimentari, quella della protezione IG (IGP) è una battaglia campale a protezione di milioni di piccoli e medi produttori e lavoratori. Wang Binying, che si è a lungo occupata della questione durante la sua carriera all'interno dell'Organizzazione, ha già fatto sapere di voler portare avanti gli interessi dei produttori europei.
Chiaramente, l'Italian Sounding, non solo nell'agroalimentare, è un problema con cui i nostri governi stanno facendo i conti da molti anni e i dispositivi di protezione europei risultano spesso inefficaci al di fuori dello spazio UE e degli accordi commerciali conclusi da Bruxelles con Paesi extra-UE. Ancora oggi, decine di prodotti tipici italiani vengono imitati in diverse parti del mondo, spesso in malomodo e con scarsa qualità, generando non soltanto enormi perdite per il nostro export ma anche un danno reputazionale rispetto a quei consumatori e distributori che, ingannati dall'imitazione, potrebbero definitivamente rinunciare a ricercare prodotti autentici del Made in Italy.
Se l'elezione di Wang riuscirà a rendere la legislazione internazionale più armonica con gli interessi del nostro Paese, sarà solo il tempo a dircelo. Di contro, spetterà naturalmente a Roma far valere con più forza le sue posizioni in tutte le sedi opportune.
Andrea Fais - Agenzia Stampa Italia