Cosa ha imparato il governo della Corea del Nord dalla crisi libica!
di Tegno Tagne Honoré
(ASI) Questo pezzo è un estratto di un articolo pubblicato da Andrea Fais per Conflitti e Strategie e riproposto dalla pagina di Informare Per Resistere. L’articolo si riferisce alla dichiarazione ufficiale fatta lo scorso 22 marzo da un rappresentante del Ministero degli Esteri del governo della Corea del Nord.
“L’attuale crisi libica insegna alla comunità internazionale una seria lezione. È stato dimostrato al mondo che lo smantellamento nucleare della Libia, a lungo propagandato dagli Usa in passato, si è rivelato una modalità di aggressione con cui questi hanno blandito quella nazione con parole molto ‘dolci’ quali ‘garanzia di sicurezza’ e ‘miglioramento delle relazioni’ per disarmarla e poi inghiottirla con la forza […]
Ancora una volta viene dimostrata la verità storica per cui la pace può essere preservata soltanto costruendo una propria forza, fino a quando nel mondo si presenteranno comportamenti arbitrari e prepotenti. Bisogna trarre un insegnamento dalla crisi libica: non è possibile scendere a patti con l’imperialismo degli Stati Uniti, e anche qualora si intenda trattare commercialmente con uno o più Paesi dell’area Nato per finalità di mutuo vantaggio, è sempre necessario tenere una mano al portafogli e l’altra sul bottone di detonazione.
Non è ammissibile accettare diktat in merito alla dottrina strategica, dacché qualunque cedimento su questo terreno espone soprattutto gli Stati più piccoli all’ingresso in un tunnel senza uscita, dove Washington accompagna i propri obiettivi per mano, spogliandoli ed indebolendoli all’interno di un angusto angolo, per poi aggredirli e bombardarli senza alcuna riserva. Bisogna destinare almeno il 30% del PIL alla spesa militare, sviluppare un forte programma di finanziamento (anche ricorrendo allo stimolo di un’iniziativa “privata” nazionale, sottoposta ai vincoli dello Stato) nei settori della ricerca scientifica e dello sviluppo tecnologico, integrare programmi nucleari civili e militari, rispondere ad ogni mossa, non cedere neanche un millimetro della propria sovranità nazionale conquistata in secoli e decenni di sacrifici e fatiche, imporre il terrore a chiunque osi mettere in discussione l’integrità territoriale e la stabilità politica degli Stati non-ingerenti ed emergenti sullo scenario internazionale, pretendere una relativa reciprocità nel quadro dei rapporti bilaterali in base ai principi della non-ingerenza e della coesistenza pacifica, nella consapevolezza che gli Stati Uniti ed i loro alleati europei – già artefici del colonialismo e di migliaia di aggressioni nei cinque continenti – non rispetteranno mai questi principi sino in fondo, ma sapranno strumentalizzarli per ottenere un largo consenso dinnanzi alle proprie popolazioni, salvo poi aggirarli con complicati e contraddittori (ma efficaci) espedienti retorici, mediatici e giuridici: questa è la lezione che Pyongyang ha tratto in base alla sua particolare esperienza storica, cominciata con le feroci aggressioni imperialiste del Giappone, della Corea del Sud e degli Stati Uniti”.
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