(ASI) Parigi – Eccoci, domani è il gran giorno per la Francia e per tutta l’Europa. Domani, domenica 7 maggio, in Francia si terrà il ballottaggio per le elezioni presidenziali.
Due gli sfidanti a confronto per le elezioni che, dopo la Brexit e le altre elezioni in Austria di dicembre scorso, stanno tenendo con il fiato sospeso tutti gli Stati membri dell’Unione Europea. Da una parte Emmanuel Macron, l’enfant prodige dell’alta finanza che dopo un periodo da ispettore delle finanze della Repubblica francese, è stato assunto dalla banca d'affari Rothschild & Cie Banque divenendone dirigente, ricomprendo anche il ruolo di Ministro dell’Economia dal 2014 al 2016 nel secondo Governo socialista di Manuel Valls; Macron dopo aver inizialmente sostenuto la ricandidatura del Presidente uscente François Hollande, ha dato vita ad un proprio movimento “En Marche!” (In Marcia!), di stampo liberale europeista e progressista, con il quale ha lanciato la propria candidatura alle presidenziali. Dall’altra Marine Le Pen, la dama del Front National (Fronte Nazionale) che più di tutte fa passare notti insonne ai vertici di Bruxelles; la bionda donna di Francia che ha ridato nuova linfa al nazionalismo d’Oltralpe e che con l’effige di Giovanna d’Arco chiama tutti i francesi alla marcia per la libertà dall’UE votandola domenica.
Elezioni queste francesi che, comunque andranno, segnano la fine della “Quinta Repubblica”, come molti analisti asseriscono. Infatti mai prima di adesso, si era prodotta una sfida tra due candidati fuori dai partiti “ordinari”. Les Républicains (I Repubblicani) e le Parti Socialiste (Partito Socialista), ovvero il centrodestra e il centrosinistra che sempre avevano espresso almeno uno dei loro candidati, anche quando nel passato si è arrivati al ballottaggio con Jean-Marie Le Pen (padre di Marine) nel 2002, ora sono i grandi sconfitti. François Fillon, candidato de I Repubblicani, ha ottenuto il 20,01% divenendo il terzo classificato, mentre Benoît Hamon, candidato del Partito Socialista, ha registrato un misero 6,36% portando i socialisti ad una storica sconfitta nel quinto posto, sorpassati addirittura dal candidato dell’estrema sinistra Jean-Luc Mélenchon, per la lista “La France insoumise” (La Francia non sottomessa), che si posiziona al quarto posto con il 19,58% dei consensi.
Nel primo turno delle elezioni, tenutesi il 23 aprile, Macron ha conquistato il primo posto con il 24,01% dei consensi, mentre la Le Pen si è aggiudicata il secondo posto con il 21,30%. Attualmente i sondaggi danno Emmanuel Macron vincente con il 62% dei voti e Marine Le Pen con il 38%, ma dopo le grandi smentite che i “solerti” sondaggisti hanno avuto con la Brexit e l’elezione di Donald Trump, c’è poco da dire che quella di domani sia una partita già vinta.
Naturalmente, rifacendosi al vecchio accordo del “Fronte Repubblicano” (l’accordo che gollisti e socialisti strinsero con la promessa di appoggiarsi reciprocamente nel caso che al ballottaggio fosse arrivato il Fronte Nazionale), tutti i partiti filo-UE, a partire dai principali sconfitti socialisti, hanno dato indicazioni di voto per il candidato di En Marche! nella speranza di scongiurare la vittoria della Le Pen. Ma la candidata del FN, grazie ad una magistrale campagna propagandistica, è riuscita nel tempo a pescare il consenso di grandi masse di francesi delle campagne, del proletariato e della classe medio-piccola, stanchi e rancorosi verso il Governo francese che contro l’immigrazione incontrollata e le intromissioni di Bruxelles ha fatto ben poco. Stanchi e rancorosi, in particolar modo, per il clima d’allarme terroristico oramai divenuto tragicamente quasi “normale” in Francia. Emblematica è stata la differente accoglienza che i due candidati hanno avuto alla fabbrica Whirlpool di Amiens che rischia di delocalizzazione in Polonia, lasciando disoccupati moltissimi operai. E proprio gli operai della Whirlpool hanno accolto con grande affetto la candidata nazionalista, che da sempre si è battuta contro le logiche delocalizzatrici del libero mercato; mentre il candidato europeista che – avendo un passato da Ministro nel Governo socialista e sostenuto per il ballottaggio dagli stessi socialisti – dovrebbe “formalmente” sostenere le ragioni del lavoro, è stato accolto con fischi e al grido di “Marine Président”. Il “Sovranismo” di Marine Le Pen, promette una “Francia ai francesi” con l’uscita dall’Unione Europea, il controllo dei confini nazionali e una lotta senza quartiere all’immigrazione clandestina e al jihadismo islamista che, come è ormai tristemente provato, ha creato una fitta ramificazione nel tessuto francese. Temi questi che ora i francesi sentono molto a cuore e che sono la vera incognita di queste elezioni. In più l’aspetto che premia la Le Pen, è questo suo essere sola contro tutti: contro la violenza antifascista dei centri sociali e dell’estrema sinistra che non cessano di attaccare la leader frontista e i suoi militanti anche a pochi giorni dal voto, come è successo giovedì con il lancio di uova contro la Le Pen e i suoi collaboratori; contro i giornali e le televisioni che per tutta la campagna elettorale hanno tempestato la Le Pen di accuse e critiche; contro l’Unione Europea e i partiti di centrodestra e centrosinistra che ne sono i suoi alfieri. Mentre Emmanuel Macron incassa le simpatie delle più grandi testate giornalistiche francesi, è sostenuto dal Presidente Hollande e dai leader di Stato delle più importanti Nazioni dell’UE come l’argine al “populismo xenofobo e nemico dell’Europa”. A ciò farebbe bene ricordarsi che una similare situazione si era prodotta anche negli Stati Uniti d’America: Donald Trump dato per perdente da tutti i sondaggi e costantemente contrastato dalle televisioni e dai giornali, alla fine ha vinto con lo stupore di tutti.
Dunque una partita tutt’altro che data per scontata. Ma comunque dal risultato, come detto, queste elezioni rappresentano uno spartiacque: per la Francia che segna la morte della Quinta Repubblica; per l’Europa con l’ulteriore dimostrazione che i nazionalisti sono una forza che ha tutte le possibilità non solo per competere con gli altri schieramenti, ma soprattutto per vincere.
Federico Pulcinelli – Agenzia Stampa Italia