(ASI) è cominciata ieri la missione cinese del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in una settimana cruciale per le relazioni tra i due Paesi, che vede Pechino ospitare il 4° Business Forum Italia-Cina.
Al seguito del nostro capo di Stato, sono presenti il Ministro degli Esteri Angelino Alfano, il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Graziano Delrio (soltanto il 23 e il 24 febbraio prossimi), il sottosegretario allo Sviluppo Ivan Scalfarotto, il presidente di SIMEST Salvatore Rebecchini e diversi imprenditori.
Il programma prevede gli incontri nella capitale con il presidente cinese Xi Jinping e con il primo ministro Li Keqiang, e visite in altre tre città di fondamentale importanza: Shanghai, Chongqing e Xi'an. La prima, consolidato cuore economico-finanziario della Cina, vedrà Mattarella impegnato in una lectio magistralis presso la prestigiosa Università Fudan; la tappa nella seconda municipalità andrà a rafforzare la presenza delle nostre imprese nella megalopoli di 34 milioni di abitanti, dove nel 2014 l'Italia ha inaugurato un Consolato per agevolare gli scambi commerciali e gli investimenti; la terza città rappresenta, invece, il cuore storico e culturale del Paese asiatico, da cui anticamente si propagavano le rotte carovaniere della Via della Seta del passato e da cui avrà inizio anche quella del futuro, progettata dal governo cinese attraverso il piano One Belt, One Road per intensificare e velocizzare i trasporti e gli scambi tra l'Asia, la Russia, il Medio Oriente e l'Europa, che potrebbe vedere protagonista la città di Venezia quale terminal strategico e punto di incontro tra la direttrice terrestre, proveniente da Rotterdam, e quella marittima, proveniente dal Canale di Suez.
La "politica estera" di Mattarella
Nella tendenza affermatasi de facto da diversi anni a questa parte, la figura del presidente della Repubblica, per decenni e con poche eccezioni limitata ad un quasi esclusivo ruolo di garanzia costituzionale, godendo di una continuità di mandato praticamente indiscussa, ha potuto sopperire in modo più marcato alla precarietà degli ultimi governi, specie in un contesto internazionale che richiede la stabilità molto più che in passato. Non è dunque fantasioso parlare di una politica estera del Quirinale, sebbene questa debba necessariamente confrontarsi e coordinarsi con l'azione di governo, integrandola o rafforzandola. Rispetto al mandato di Giorgio Napolitano cambiano, almeno in parte, l'atteggiamento e la geografia. Con Mattarella, infatti, prevalgono un basso profilo ed una maggiore sintonia con le forze politiche, anche di opposizione, evitando prese di posizione divisive. Sebbene, poi, mantenga un indirizzo aperto a 360 gradi, fuori dall'Europa il presidente in carica sembra riservare molta attenzione all'Asia e all'America Latina, privilegiando anche aspetti culturali forse trascurati in passato.
Dopo le trasferte in Vietnam e in Indonesia nel novembre 2015, dunque, Sergio Mattarella è ripartito per l'Asia seguendo le orme di Giorgio La Pira, padre putativo di quella sinistra democristiana che durante la Prima Repubblica seppe costruire, anche assieme alla grande industria del nostro Paese, vettori di politica estera paralleli a quelli dettati dalle rigide logiche della Guerra Fredda. Nel mondo di oggi, il peso economico della regione Asia-Pacifico si è moltiplicato esponenzialmente e i mutati equilibri internazionali non lasciano dubbi sulle rotte da seguire. Obiettivo prioritario del presidente della Repubblica e delle delegazioni presenti è chiaramente quello di intensificare l'export, rilanciando il Made in Italy che vede nella Cina, oggi più di ieri, uno dei mercati di sbocco più importanti al mondo, non soltanto per le dimensioni che lo caratterizzano ma anche per le rinnovate capacità ricettive dell'emergente classe media locale. Con la recente riforma strutturale dell'offerta, infatti, Pechino intende venire incontro alle nuove esigenze di una fetta numericamente enorme di popolazione che, in virtù della rapida crescita economica e delle maggiori capacità di consumo, richiede beni e servizi sempre più accurati e di alta qualità.
In questo senso, l'Italia gode di grande stima in Cina non solo dal punto di vista economico ma anche sul piano storico e culturale. Dagli scambi con l'Antica Roma ai viaggi di Marco Polo e Matteo Ricci, il nostro, tra tutti i Paesi occidentali, è forse quello che custodisce il più remoto e profondo intreccio di scambi con la potenza asiatica: «Anticamente, nonostante la grande lontananza geografica, si sono realizzati e prodotti legami storici e una comune sensibilità culturale, una capacità di produzione artistica, di elaborazione culturale, che trova Italia e Cina a un livello particolarmente significativo ed elevato», ha detto Mattarella proprio ieri incontrando una delegazione della comunità italiana residente in Cina. «Col passare del tempo - ha proseguito il capo di Stato - le distanze geografiche sono superate, e rimangono un forte legame e una comune sensibilità artistica e culturale».
Nuove opportunità
Stando ai dati del nostro Ministero degli Esteri, le imprese a partecipazione italiana attive tra la Cina e la regione amministrativa speciale di Hong Kong sono almeno 2.000, per un totale di circa 157.000 posti di lavoro ed un volume d'affari pari a 16,8 miliardi di euro. Di queste, circa la metà presidiano il mercato locale con filiali o joint-venture. Le aree più battute dalle nostre aziende sono le municipalità di Shanghai, Tianjin e Chongqing, e nelle province del Guangdong, del Jiangsu, dello Shandong, dell'Hebei e dell'Hunan. Ad ogni modo non si tratta più di una presenza dettata dalla necessità di ridurre i costi del lavoro, come poteva avvenire molti anni fa. Oggi conta, piuttosto, la possibilità di abbattere i tempi di consegna e di garantire al meglio i servizi post-vendita.
Per le tante altre aziende italiane è tuttavia possibile sfruttare i servizi B2B e B2C offerti dalla megapiattaforma e-commerce Alibaba, che lo scorso anno ha già concluso vari accordi separati col nostro Paese per la promozione e la tutela del nostro agroalimentare in Cina, per la promozione dei beni di lusso Made in Italy (su Mei.com) e per la promozione e la prenotazione turistica nel nostro Paese (su Alitrip). Il flusso turistico cinese in Europa è infatti in costante aumento. Tra il 2005 e il 2014, i cinesi che hanno scelto il nostro Continente come meta vacanziera è aumentato del 282% e l'Italia è una delle destinazioni più ambite, non solo per il fascino esercitato dai suoi paesaggi tipici ma anche per una crescente sensibilità e attenzione verso la storia, la pittura, l'architettura, la letteratura, la musica e la cucina del Belpaese. A queste presenze vanno poi aggiunte quelle, altrettanto importanti, legate al turismo congressuale o d'affari e quelle, ben più prolungate e strutturate, degli studenti. Basti pensare che sono cinesi oltre 600 dei circa 1.100 studenti che ogni anno siedono sui banchi delle storiche aule dell'Università per Stranieri di Perugia.
Il presidente Mattarella non ha lasciato spazio a dubbi sulle intenzioni del nostro Paese: «Vi è un grande rapporto di collaborazione economica e commerciale, che vede l'Italia presente con il desiderio di esserlo sempre di più nella collaborazione con la Cina, in uno scambio proficuo per entrambi». Chiaramente, permangono ancora alcune complessità da risolvere e distanze da superare, ma il quadro trasformativo delineato all'interno del 13° Piano Quinquennale di Sviluppo Socio-Economico ci consegna un Paese enormemente dinamico, che si è ormai incamminato a pieno ritmo sulla strada dell'innovazione, della sostenibilità e dell'apertura, sostituendo il vecchio modello di sviluppo trainato dall'export con uno, molto ambizioso, sospinto dai consumi interni e caratterizzato da un alto contenuto tecnologico.
Andrea Fais - Agenzia Stampa Italia