Germania: Crollano Cdu e coalizione di governo. Merkel –“Risultato amaro. Mai più un milione di profughi”

Angela Merkel 2 Hamburg(ASI) – Le elezioni regionali tedesche parlano chiaro; la Germania ha bocciato le politiche della sua cancelliera Angela Merkel. Con un tonfo senza precedenti, la Cdu, il partito Cristiano Democratico di cui la cancelliera Merkel è presidente, passando dal 24% al 17% delle preferenze. Non è andata meglio agli alleati di governo. I Social Democratici della Spd, pur recuperando terreno rispetto alle precedenti tornate elettorali si sono attestati su un deludente 21%. Chi si è avvantaggiato dall’emorragia di voti centristi sono stati i Verdi, cresciuti al 15,2%, ma soprattutto la destra dell’Afd che ha raggiunto il 14% dei consensi ed è riuscito per la prima volta ad ottenere delegati in 10 regioni su 16.


La battaglia di Berlino: la coalizione di governo in minoranza
Così come avvenuto nel 1945, e nel 1989, anche questa volta Berlino è stato lo spartiacque tra la fine di un era e l’inizio di un'altra. L’era che parrebbe avviarsi alla conclusione è quella di Angela Merkel. La cancelliera più amata dal popolo tedesco, al punto da esser soprannominata “Mutti” (mamma), ha dovuto assistere ad una storica sconfitta per la Cdu. Nella capitale i Cristiano Democratici, con il 17%, hanno ottenuto il peggior risultato dai tempi del dopoguerra. Il deludente esito elettorale era stato per altro preannunciato dagli altrettanto deludenti risultati della Pomerania, e delle altre regioni al voto, dove la Cdu aveva subito un crollo analogo. Il tonfo della Cdu a Berlino ha portato giù anche gli alleati di coalizione. La Spd, pur recuperando una manciata di punti percentuali rispetto alle scorse regionali, non è infatti riuscita a salvare la coalizione, e il fatto di essere il partito più forte della regione è suonato come un inutile orpello per il sindaco uscente; il Social Democratico Michael Muller. I trionfatori della battaglia di Berlino sono stati i partiti populisti. I Verdi hanno rafforzato la loro posizione, così come Linke, ma in assoluto la grande sorpresa è stata la destra nazionalista di Afd. Con il 14,1% il partito di tedesco di destra ha colto un successo senza precedenti riuscendo ad affermarsi nella regione della capitale con il 14% e a guadagnare delegati per ben 10 delle 16 regioni al voto. Il successo dell’Afd, un partito nazionalista, in un paese tradizionalmente scettico nei confronti di simili formazioni dai tempi del dopoguerra, ha spinto Joerg Meuthen, membro dell’Afd ad annunciare che alle elezioni nazionali di settembre 2017 “ci si dovrà aspettare risultati a doppia cifra”. Al di la degli annunci politici, l’affermazione della destra, e delle altre forze populiste, ha portato con se un ridimensionamento del numero di delegati detenuti dalla coalizione Cdu-Spd che dopo queste elezioni ha perso la maggioranza al Bundestrat, il Consiglio Federale della Germania.
Il mea culpa della cancelliera e la fine dell’accoglienza
“Me ne assumo la totale responsabilità come cancelliera e presidente del partito” – sono state le parole di Angela Merkel. “Si tratta di un risultato amaro che non ci aspettavamo” – ha proseguito la cancelliera la quale ha annunciato cambi di rotta su quello che è stato indicato unanimemente come il principale tema elettorale: le politiche migratorie. Questo tema, considerato alla stregua di un dogma intoccabile, perfetto ed immutabile, ha di fatto sancito la sconfitta dei partiti della coalizione di governo. In un recente sondaggio, citato dalla stessa Merkel all’indomani della disfatta di Berlino, l’82% dei tedeschi si era espresso contrario alle attuali politiche di accoglienza portate avanti dall’esecutivo. Il sondaggio era stato a suo tempo bollato come non rappresentativo del popolo tedesco, ma adesso la Merkel ha annunciato di essere disposta a prenderlo in considerazione pur con alcuni importanti “distinguo”. La cancelliera ha ribadito che “se l’82% degli intervistati è contrario all’immigrazione e all’accoglienza soprattutto di profughi di religione musulmana, non si può e non si deve accettarlo poiché la costituzione tedesca stabilisce l’obbligo di accoglienza”. Subito dopo ha però corretto il tiro affermando che “se quell’82% chiede invece che non si ripeta una situazione di emergenza come quella del 2015” allora la cancelliera tedesca “lotterà affinché non si ripeta”. L’emergenza in questione altro non è che il milione di profughi arrivati in Germania nel corso del 2015. Addirittura secondo la Merkel, le “stime potrebbero essere state fatte al ribasso in quanto nella prima fase gli ingressi non erano soggetti a nessuna forma di controllo approfondito, ne di censimento”. Subito dopo la cancelliera tedesca ha lanciato un inedito assist all’elettorato nazionalista ed euroscettico annunciando che “già ora il numero di migranti e richiedenti asilo si è ridotto, e si sta lavorando ad un progetto che dovrà portare ad una riduzione dei flussi migratori”. “Molta gente che è venuta in casa nostra non aveva buone intenzioni” – ha ammesso la cancelliera tedesca che ha poi annunciato –“vogliamo diventare un partito di massa (Volkspartei); per farlo noi crediamo che ascoltare il popolo ci permetterà di riconquistare quegli elettori che hanno votato per altri partiti”. Il riferimento all’Afd parrebbe neanche tanto velato ma, proprio per allontanare lo spettro di un apertura alle istanze della destra nazionalista, la cancelliera tedesca ha annunciato una serie di istanze onde modificare la Carta di Dublino che attualmente regolamenta le politiche sull’accoglienza. “Paesi come Italia e Grecia sono stati lasciati soli a gestire l’emergenza migranti. Bisogna far si che il problema della gestione dei flussi migratori sia appannaggio di tutti i paesi dell’Unione” – ha affermato la Merkel che ha però poi sottolineato –“Molti migranti sono migranti economici che però non possono essere accolti tutti”. In conclusione Angela Merkel ha però rassicurato il suo elettorato più fedele affermando -“la Germania non cambierà”. Parole che rischiano ora di far finire “Mutti” tra l’incudine di quanti chiedono il cambiamento, ed il martello di quanti invece vorrebbero continuare con le attuali politiche migratorie.
Alexandru Rares Cenusa – Agenzia Stampa Italia

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