(ASI) Lo scorso 30 giugno il premier cinese Li Keqiang ha ufficialmente annunciato la presentazione dell'Intended Nationally Determined Contributions (INDC) da parte del suo Paese.
L'INDC è un programma coordinato dalla United Nations Framework Convention on Climate Change (UNFCCC), in base al quale ogni nazione presenta un proprio piano di impegno per la riduzione delle emissioni nocive e la risoluzione delle problematiche legate ai cambiamenti climatici.
Nel 2009 i vertici della Repubblica Popolare avevano annunciato al mondo che entro il 2020 il Paese avrebbe ridotto le emissioni di anidride carbonica del 40-45% circa per unità di PIL rispetto ai livelli del 2005, aumentando così sia la quota di combustibili non-fossili nel consumo di energia primaria fino al 15%, sia l'area boschiva di 40 milioni di ettari ed il volume delle risorse forestali di 1,3 miliardi di metri cubi rispetto ai livelli del 2005.
Secondo un rapporto della Pew Cheritable Trusts del 2011, già nel 2010 la Cina aveva nettamente battuto gli Stati Uniti nella corsa agli investimenti sulle rinnovabili. Washington si era fermata a 34 miliardi di dollari contro i 54,4 miliardi di dollari di Pechino. Come riportato da Assoelettrica, Jennifer Granholm, consulente della Pew, aveva sostenuto allora che la rapida espansione della Cina nel campo dell’energia pulita "è stata favorita dalle politiche adottate dal governo" e "non dal basso costo della manodopera, come affermano alcune teorie".
Secondo quanto pubblicato nel rapporto INDC, la Cina stima di ridurre notevolmente l'utilizzo di carbone entro il 2030, e di aumentare entro il 2020 la sua capacità installata di energia eolica a 200 gigawatt e quella di energia solare fino a 100 gigawatt.
Gli obiettivi già raggiunti
Negli ultimi sei anni, la Cina ha attuato e sviluppato il Programma Nazionale sui Cambiamenti Climatici, il Piano di Lavoro per il Controllo dell'Emissione dei Gas Serra durante il XII Piano Quinquennale, il Piano di Lavoro Inclusivo per la Conservazione Energetica e la Riduzione delle Emissioni per il Periodo del XII Piano Quinquennale, il XII Piano Quinquennale per la Conservazione Energetica e la Riduzione delle Emissioni, il Piano di Azione 2014-2015 per la Conservazione Energetica, la Riduzione delle Emissioni e lo Sviluppo Low-Carbon ed il Piano Nazionale sui Cambiamenti Climatici (2014-2020).
Secondo il rapporto INDC cinese, nel 2014 sono stati già raggiunti importanti obiettivi:
- Le emissioni di anidride carbonica per unità di PIL sono diminuite del 33,8% rispetto al 2005;
- La quota di combustibili non-fossili nel consumo di energia primaria ha raggiunto l'11,2% sul totale utilizzato;
- L'area boschiva e il volume di risorse forestali sono cresciuti rispettivamente di 21,6 milioni di ettari e di 2,188 miliardi di metri cubi rispetto al 2005;
- La capacità installata di energia idroelettrica è di 300 gigawatt (2,57 volte in più rispetto al 2005);
- La capacità installata di energia eolica collegata è di 95,81 gigawatt (90 volte in più rispetto al 2005);
- La capacità installata di energia solare è di 28,05 gigawatt (400 volte in più rispetto al 2005);
- La capacità installata di energia nucleare è di 19,88 gigawatt (2,9 volte in più rispetto al 2005).
La Cina ha inoltre già avviato in 7 tra province e città piani pilota nel mercato delle emissioni di gas serra, un innovativo sistema di quotazione monetaria delle emissioni, finalizzato al raggiungimento degli obiettivi di riduzione fissati dal Protocollo di Kyoto. Ha infine sviluppato piani low-carbon in 42 tra province e città.
Il piano cinese per l'energia pulita
"Come Paese in via di sviluppo con una popolazione che supera gli 1,3 miliardi di abitanti, la Cina è tra quelle nazioni che sono più fortemente colpite dagli impatti negativi dei cambiamenti climatici. La Cina è attualmente inclusa in un processo di rapida industrializzazione e urbanizzazione, e deve confrontarsi con molteplici trasformazioni, tra cui lo sviluppo economico, lo sradicamento della povertà, il miglioramento della qualità della vita, la tutela ambientale e la lotta ai cambiamenti climatici".
Con questa vera e propria dichiarazione d'intenti prende il via il documento presentato da Pechino alle Nazioni Unite, per assumere definitivamente e compiutamente un onere che la Cina aveva già preso in carico dalla fine degli anni Novanta, con l'avvio di programmi specifici per la diminuzione della dipendenza dal carbone e lo sfruttamento delle cosiddette energie pulite, e che aveva rafforzato all'interno della pubblicazione del XII Piano Quinquennale nel 2011, dove erano già stati previsti il rallentamento progressivo del tasso di crescita economico, una migliore razionalizzazione allocativa nel mercato interno e più decisi investimenti nell'ambito della tutela ambientale.
In un Paese di tali dimensioni geografiche e soprattutto demografiche, il problema ambientale è profondamente intrecciato a quello economico, più di quanto non lo sia nei contesti europei dove, tuttavia, il singolare e crescente fenomeno della riforestazione è frutto più dell'abbandono e dell'incuria delle zone rurali che di un vero e proprio piano di recupero. La Cina rivolge perciò la massima attenzione all'ambiente in relazione alle riforme del sistema produttivo e sociale che intende realizzare.
Gli obiettivi strategici della Cina "per costruire una società moderatamente prospera" (il modello confuciano dello Xiaokang, recuperato da Deng Xiaoping negli anni Ottanta) e "per creare una nazione socialista moderna prospera, forte, democratica, culturalmente avanzata e armoniosa entro la metà del XXI secolo" procedono di pari passo con la necessità di "trasformare le modalità di sviluppo economico, avviare una cultura ambientale e seguire un percorso di sviluppo ecologico, low-carbon e basato sul riciclo come proprio orientamento politico".
Per questo la Cina è "determinata a conseguire entro il 2030" obiettivi precisi:
- Raggiungere il picco di emissioni, cercando di anticiparlo con ogni sforzo;
- Diminuire le emissioni di anidride carbonica per unità di PIL del 60-65% rispetto ai livelli del 2005;
- Aumentare la quota di combustibili non-fossili nel consumo di energia primaria di circa il 20%;
- Aumentare il volume delle risorse forestali di circa 4,5 miliardi di metri cubi rispetto al 2005.
E' il governo stesso a ritenere il percorso arduo e pieno di sfide, da superare passo dopo passo, a partire dalla costruzione di un vasto sistema low-carbon, ma l'ambizione non manca così come non mancano i risultati sulla base dei quali anche il World Resources Institute ha potuto ritenere il piano cinese "serio e credibile".
Andrea Fais - Agenzia Stampa Italia