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L’intesa militare tra Italia e Usa

(ASI) L’ambito su cui dagli anni ’50 ad oggi si fonda la nostra grande intesa con gli yankee è sicuramente quello della stretta collaborazione, che in certi momenti rasenta una vera e propria sottomissione, in campo militare.

 Non a caso nello scorso febbraio al termine dell’incontro svoltosi a Roma tra il nostro ministro della Difesa, Ignazio La Russa, ed il suo omologo statunitense, Robert Gates, questi ha sentito il bisogno di ringraziare “il popolo italiano che ospita più di diecimila militari americani e le loro famiglie. Per decenni l’Italia ha dimostrato al personale Usa di stanza qui un livello di calore e ospitalità che viene profondamente apprezzato”. Proprio in quell’occasione il segretario Usa ha ribadito di essere accorso in Italia per discutere l’intera gamma delle questioni militari sulle quali i due partner cooperano attualmente: gli aiuti per il disastro di Haiti, dove l’Italia ha dispiegato la portaerei Cavour, il programma Joint strike fighter, e altri temi internazionali, come la necessità di incrementare le relazioni con la Russia, solo per citare gli esempi più significativi.

L’intesa militare tra questi due Paesi ha origine lontane e si basa su vari documenti, posti quasi tutti sotto il segreto militare che non consente agli italiani di saperne molto.

L’accordo da cui tutti questi testi dipendono è sicuramente il Trattato di pace imposto dagli Alleati all’Italia in seguito alla II Guerra Mondiale. Il 27 gennaio del 1950 a Washington i due Paesi firmarono un accordo sull’assistenza difensiva reciproca, mentre due anni più tardi a Roma venne poi siglato l’accordo bilaterale sulla sicurezza reciproca che impegna l’Italia “a dare, compatibilmente con la propria stabilità politica ed economica, il pieno contributo consentito dalla sua manodopera, dalle sue risorse, dai suoi mezzi e condizioni generali economiche, allo sviluppo ed al mantenimento della propria forza difensiva ed alla forza difensiva del mondo libero”.

Nel frattempo durante il giugno del 1951, un’intesa raggiunta tra i due alleati aveva inoltre autorizzato le forze militari statunitensi, presenti senza soluzione di continuità sul suolo italiano già dal settembre 1943, a stipulare contratti locali privati per ottenere in uso terreni e strutture, ovvero ad erigere nuovi presidi militarizzati.

Nell’ottobre del 1954 le due parti siglarono poi un accordo quadro, coperto dal massimo riserbo, chiamato a disciplinare nel dettaglio le varie basi militari, sia a sovranità Usa sia a sovranità Nato, concesse ai soldati a stelle e strisce in Italia. All’articolo 2 questo documento stabilisce che gli Usa hanno la facoltà di avvalersi di questi presidi nello spirito e nel quadro della collaborazione atlantica ed esclusivamente per assolvere gli impegni cui è chiamata la Nato, vietandone, in linea molto teorica, l’uso per finalità contrarie a quelle di questa organizzazione. L’articolo 4, a sua volta, precisa che questi siti sono posti sotto controllo italiano, ma i comandi statunitensi detengono quello militare su equipaggiamenti e operazioni, che poi è quello che più conta in ambito bellico. L’articolo 17, infine, stabilisce che queste strutture devono essere costruite con fondi messi a disposizione dall’amministrazione di Washington.

L’ultimo testo in materia di cui si ha notizia è infine il Memorandum del 1995, importante soprattutto perché è l’unico redatto posteriormente alla caduta del Muro di Berlino. In questo nuovo documento viene comunque precisato che le nuove norme non sarebbero andate in nessun modo a sostituire o modificare le disposizioni precedentemente stabilite tra le parti negli accordi elencati nel Preambolo del detto memorandum o di ogni altro accordo bilaterale o multilaterale tra le parti che non si riferisca ad una particolare installazione e/o infrastruttura.

In tutta l’Europa sono molte le installazioni a più o meno totale disposizione delle truppe dello Zio Sam, anche se il numero di quelle italiane, circa un centinaio, è secondo solo all’inarrivabile Germania, dove all’incirca sono il triplo.

Secondo un accordo siglato nel 1954, il Bia ovvero l’Accordo bilaterale sulle infrastrutture, gli Usa non possono servirsi delle basi a scopi bellici se non a seguito di accordi Nato o con il governo italiano; le installazioni sono poste sotto comando italiano e i comandi Usa detengono il controllo militare su equipaggiamento e operazioni; le strutture costruite con fondi Usa su terreni italiani diventano proprietà italiana.

Tra tutte queste infrastrutture cinque sono quelle principali: Aviano, Camp Ederle a Vicenza, Camp Derby a Livorno, la base navale di Napoli, e quella aeronavale di Sigonella, anche se la situazione è in continuo mutamento ed ogni anno può cambiare non solo il numero dei militari americani di stanza ma anche l’importanza della base.

Questa presenza non è del tutto pacifica dal momento che, nonostante i vertici italiani non lo abbiano mai confermato ufficialmente, appare certo che nelle basi di Ghedi ed Aviano siano custodite qualcosa come un centinaio di testate nucleari, nonostante il nostro Paese abbia firmato il Trattato di non proliferazione nucleare e quindi non potrebbe detenerle.

Sebbene la presenza di queste basi sia un eredità della Guerra Fredda e che quindi ormai non avrebbero più ragione di essere, i continui sviluppi della strategia geopolitica a stelle e strisce unito alla strategica posizione dello Stivale nel corso degli anni hanno visto crescere costantemente l’importanza di queste installazioni.

Tralasciando la Ederle di Vicenza che a breve subirà un forte ingrandimento arrivando ad ospitare soldati yankee provenienti dalla Germania, la Sicilia in particolare è al centro di un vero e proprio restyling finalizzato a renderla sempre più funzionale agli interessi geopolitici della Casa Bianca.

Sulla principale isola del Mediterraneo infatti continuano a proliferare basi, caserme, porti, stazioni di telecomunicazione e comandi per le guerre tecnologiche del futuro.

Principale installazione isolana quella di Sigonella dove operano circa 5000 soldati dello Zio Sam e dal 1973 al centro di tutte le operazioni belliche organizzate dal Pentagono. Qui a breve sorgerà il centro di comando e controllo del nuovo sistema di vigilanza terrestre, l’Ags, destinato ad intercettare qualsivoglia comunicazione si svolga in Europa o nel bacino mediterraneo.

Un po’ più a sud, a Niscemi, sorgerà invece, all’interno di una riserva naturale, una delle quattro stazioni mondiali del più recente sistema di telecomunicazione satellitare delle forze armate a stelle e strisce ovvero il Muos.

A breve insomma la Sicilia dovrebbe diventare la regia del nuovo grande fratello bellico a stelle e strisce.

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