(ASI) In Italia sono aperti 23 mila cantieri, con investimenti complessivi intorno ai 162 miliardi di euro. La situazione di queste opere in corso è resa critica da quanto sta accadendo ormai da mesi e mesi sul piano internazionale.
L’Associazione nazionale dei costruttori ha sottolineato con forza la necessità di definire misure per venire incontro a imprese che si trovano a fronteggiare continui aggravi dei costi. Al momento, pare che in totale siano pari a circa 5 miliardi. Chiediamo ad Anna Lepre, Direttore del Centro Studi di Lepre Group, di fare il punto su uno scenario così preoccupante.
Corriamo davvero il rischio di smantellare i cantieri?
È nella logica delle cose, se non si interviene con provvedimenti in grado di evitare alle imprese di operare in perdita. Nessuno può colpevolizzare coloro che, a suo tempo, hanno elaborato dei preventivi in base a tariffe e prezzi completamente differenti da quelli attuali. Ma nessuno può neppure pretendere che, stravolto lo scenario, si continui a procedere anche se i conti non quadrano più.
Ma il Governo precedente non ha fatto nulla per supportare le imprese?
Sono stati assunti provvedimenti per compensare gli operatori dei costi aggiuntivi nel 2021, e sono stati rivisti i prezzari nel 2022. Ma queste misure in gran parte non hanno trovato attuazione pratica, le imprese hanno cioè anticipato le spese in più per materiali e super-bollette energetiche, senza ricevere i rimborsi. Per di più, queste norme sono anche temporanee, in futuro se non ci saranno proroghe non scatterà alcuna copertura.
Sembra un problema irresolubile, viste le condizioni del bilancio pubblico.
La cosa peggiore è lasciare le cose come sono. Non possiamo rassegnarci a nuove incompiute, gli sprechi del passato sono già stati più che sufficienti! E’ fondamentale che i cantieri aperti non si fermino e che, anzi, proseguano con la maggiore celerità possibile nella realizzazione degli interventi in atto.
E il vincolo di bilancio?
Bisogna concentrare le risorse sulle opere avviate e, per quelle in partenza, sulle priorità assolute, rimandando nel tempo iniziative meno urgenti. Quando si parla di revisione di strumenti come il Pnrr, ad esempio, occorre partire realisticamente proprio da qui. Sappiamo che, se pur considerevoli, le risorse non sono infinite. Facciamocene una ragione e riconsideriamo il Piano, privilegiando ovviamente il Mezzogiorno, in una sana logica di coesione territoriale.