Transizione necessaria dall’economia di oppressione a quella di liberazione. Gianni Lepre: “è molto più necessaria di quella ecologica al momento

lepre su transizione ASI) Da tempo ormai si parla di transizione ecologica, tanto è che il nostro Paese ne ha istituito addirittura un ministero apposito. Ma se non fosse stato per la guerra in Ucraina, mai la politica europea e nostrana in particolare si sarebbe resa conto di quanto sia velleitario e dispendioso in tempo ed in moneta  il cosiddetto passaggio all’energia pulita.

L’eolico, il solare, il termico, l’idroelettrico, non potranno mai, almeno nell’immediato futuro, soddisfare la richiesta di energia derivante dalla furibonda corsa alla tecnologia ed alla produttività del terzo millennio. Ma ovviamente non è solo colpa dell’avanzamento tecnologico ed industriale dell’ex homo sapiens, ma anche e soprattutto dello sfruttamento sfrenato delle risorse di questo pianeta sia in relazione al carbon fossile che alla materie prime ormai saldamente nelle mani dei cosiddetti paesi emergenti o meglio conosciuti come paesi con la valigetta. “Su questo discorso si innesta la vera necessaria transizione - esordisce Gianni Lepre, opinionista economico del Tg2 - quella da un’economia di oppressione ad una di liberazione”. Il prof. Lepre, tra le altre cose firma economica del Tg di Italpress e titolare della rubrica Economia Italia su Agenzia Stampa Italia, ha poi chiarito: “Per capirci basta pensare a quello che sta avvenendo a seguito dell’aggressione della Russia sull’Ucraina: L’intera Europa e parte del mondo sono dipendenti dal gas russo, ovviamente in percentuali diverse, ma ciò non diminuisce il peso specifico che il Cremlino ha su tutti, a prescindere dall’essere potenza nucleare. Se negli ultimi trent’anni si fossero colmati alcuni gap energetici nel continente europeo, magari facendo rete innescando sinergie comuni per il raggiungimento dei medesimi scopi, adesso vi sarebbero condizioni diverse sulle quali innescare la diplomazia”. Lepre ha poi concluso: “Per questo oggi è prioritario pensare ad una transizione in questi termini più che continuare con la misera propaganda del green, che a conti fatti, mica lo è poi tanto. Passare da una economia di oppressione ad una di liberazione significa diventare veramente artefici del proprio futuro economico ed energetico. Per questo il nostro governo fa benissimo a valutare la possibilità di produrre in autonomia l’energia di cui abbiamo bisogno, anche se poi di questo tipo di transizione, ne godranno forse i nostri nipoti o pronipoti”.

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