(ASI) A spingere l’inflazione sono gli effetti del clima impazzito che ha provocato l’aumento congiunturale dell’11,2 dei prezzi della frutta duramente colpita dal clima pazzo con gelate e grandine che hanno fatto sparire quest’anno dagli alberi un frutto su quattro, dalle albicocche alle ciliegie, dalle pesche alle nettarine fino alle susine.
E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulla base dei dati Istat sull’andamento dei prezzi a maggio in cui è caduta il 63% di pioggia in più rispetto alla media storica secondo i dati Isac Cnr. Il risultato sono –sottolinea la Coldiretti - oltre mezzo miliardo di danni provocati alle aziende agricolture nelle campagne con gelo, nubifragi, trombe d’aria, bombe d’acqua e grandinate che si sono succeduti colpendo a macchia di leopardo la Penisola dall’inizio dell’anno. La grandine in questa fase – precisa la Coldiretti – è l’evento più temuto dagli agricoltori perché causa danni irreversibili e provoca la perdita dell’intero raccolto dopo un anno di lavoro. Il crollo della produzione ha effetti sugli acquisti con il rischio di speculazioni nel passaggio dei prodotti dal campo alla tavola, a danno dei produttori e dei consumatori. In queste condizioni per ottimizzare la spesa e non cadere negli inganni il consiglio della Coldiretti è quello di verificare l’origine nazionale, comprare preferibilmente direttamente dagli agricoltori nei mercati di Campagna Amica e non cercare per forza il frutto perfetto perché piccoli problemi estetici non alternano le qualità organolettiche e nutrizionali. L’andamento anomalo di quest’anno conferma purtroppo i cambiamenti climatici in atto che si manifestano – sottolinea la Coldiretti – con la più elevata frequenza di eventi estremi con sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi ed intense ed il rapido passaggio dal sole al maltempo. Il 2018 si classifica nei primi cinque mesi al terzo posto degli anni più bollenti in Italia dal 1800 in cui sono iniziate le rilevazioni con una temperatura superiore di 1,34 gradi rispetto alla media storica mentre la primavera è stata segnata dalla caduta del 21% di precipitazioni in più, secondo elaborazioni Coldiretti su dati Isac Cnr.
Consumi, Coldiretti, carne alla riscossa nel 2018, +5%. Storica inversione di tendenza nella spesa delle famiglie
(ASI) Storica inversione di tendenza con l’aumento di oltre il 5% della spesa delle famiglie italiane per la carne nel 2018, il valore più alto degli ultimi sei anni che avevano fatto registrare un brusco calo dei consumi. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti su dati Ismea relativi al primo trimestre del 2018 divulgata in occasione della Giornata nazionale della bistecca #bisteccaday con l’apertura al pubblico dei Giardini Reali per il Villaggio della Coldiretti di Torino in Piemonte con maxi grigliata da record, bracerie, forni, spiedi con migliaia di allevatori e consumatori ma anche cuochi e gourmet insieme a rappresentanti del mondo scientifico per la prima operazione verità sulla carne italiana ed i suoi primati.
L’aumento dei consumi – sottolinea la Coldiretti - riguarda tutte le diverse tipologie di carne da quella di pollame (+4%) a quella di maiale (+4%) fino a quella bovina (+5%) che fa registrare il maggior incremento nel primo trimestre rispetto all’anno precedente, in un quadro di sostanziale stagnazione della spesa alimentare (+1,4%).
Il consumo medio annuo in Italia di carne (pollo, suino, bovino, ovino) è sceso ai livelli di 79 chilogrammi pro-capite, tra i più bassi in Europa – continua la Coldiretti – dove i danesi sono a 109,8 chilogrammi, i portoghesi a 101 chilogrammi, gli spagnoli a 99,5 chilogrammi, i francesi e i tedeschi a 85,8 e 86 chilogrammi. E la situazione – precisa la Coldiretti – non cambia se il confronto viene fatto a livello internazionale visto che, secondo il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti, nel 2018 il consumatore medio americano – sottolinea la Coldiretti – mangerà 222,2 chili tra carne rossa e pollame.
Nel Belpase si assiste ad una decisa svolta verso la qualità con il 45% degli italiani che privilegia quella proveniente da allevamenti italiani, il 29% sceglie carni locali e il 20% quella con marchio Dop, Igp o con altre certificazioni di origine secondo l’indagine Coldiretti/Ixe’. Vola, infatti, il consumo di bistecca “Doc” con un balzo del 20% nel numero di animali di razze storiche italiane allevati negli ultimi 20 anni sulla base delle iscrizioni al libro genealogico. La domanda di qualità e di garanzia dell’origine ha portato – sottolinea la Coldiretti – ad un vero boom nell’allevamento delle razze storiche italiane da carne che, dopo aver rischiato l’estinzione, sono tornate a ripopolare le campagne dagli Appennini alle Alpi. La razza piemontese con lo storico riconoscimento comunitario dei “Vitelloni Piemontesi della Coscia” a Indicazione Geografica Protetta (Igp) è la più diffusa e – precisa la Coldiretti – può contare su oltre 315mila capi mentre sono più di 52mila quelli di razza marchigiana, quasi 46mila di chianina, 12mila di romagnola, 11mila di maremmana e più di 35mila di podolica per un totale di oltre 472mila animali allevati.
Un patrimonio consolidato anche grazie - precisa la Coldiretti - a iniziative di valorizzazione messe in campo dagli allevatori, con l’adozione di forme di alimentazione controllata, disciplinari di allevamento restrittivi, sistemi di rintracciabilità elettronica e forme di vendita diretta della carne da parte degli allevatori attraverso le fattorie e i mercati di Campagna Amica. Le carni nazionali sono – sottolinea la Coldiretti – più sane, perché magre, non trattate con ormoni (a differenza di quelle americane) e ottenute spesso nel rispetto di rigidi disciplinari di produzione che assicurano il benessere e la qualità dell’alimentazione degli animali.
Il risultato è – prosegue la Coldiretti - una vera rivoluzione nell’offerta di carne in Italia che si estende dalle macellerie ai supermercati, dallo street food alle hamburgherie, fino all’arrivo della carta delle carni nei menu proposti dai ristoranti più prestigiosi. La conoscenza delle caratteristiche specifiche dei diversi tipi di carne è diventato un valore aggiunto che arricchisce l’offerta enogastronomica nella ristorazione. “Una domanda di trasparenza che va soddisfatta estendendo l’obbligo di indicare la provenienza sulle tavole della diverse forme della ristorazione fuori casa dove ormai si concentra oltre 1/3 dei consumi alimentari” conclude il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che “l’obbligo dell’etichetta di origine per la carne vige al momento solo per il commercio al dettaglio”.