(ASI) Ricalcolare il Pil inserendo le attività criminali significa utilizzare Photoshop per eliminare virtualmente la cellulite oltre che a sporcarsi le mani e l'etica.

Il Pil si calcola sommando l'offerta e la domanda di beni e servizi, vale a dire: cosa offriamo e cosa chiediamo. Il 67% delle nostre industrie hanno delocalizzato determinando il boom dell'importazione e crollo del prodotto Interno Lordo. Inserendo la corruzione si farebbe bingo.

 Se andiamo a vedere il Pil dei 5 grandi Paesi della UE vediamo che il crollo del 2009 ha coinvolto tutti i Paesi dell'Euro: dal meno 17 della Lettonia al meno 5 di Germania e Italia. Dal 2009 ad oggi, la Germania si è assestata sullo 0,4, l'Italia sul meno 1,8, di chi è la colpa?

Principalmente delle holding.

Le politiche di fusione hanno rappresentato la principale causa di perdita di posti di lavoro, quindi di produzione e consumo, a causa della loro nomenclatura monopolistica. Società le cui partecipazioni sono controllate da famiglie unitesi in gruppi determinando nel tempo un comportamento collusivo capace di impedire la sana concorrenza e contemporaneamente dall'assetto fiscale e finanziario poco trasparente. Fattesi aiutare con i soldi pubblici hanno poi spostato nei Paesi a basso costo le loro industrie e fabbriche. Tutto questo ha prodotto uno scarso sviluppo nei mercati e nella produzione di beni di consumo e di posti di lavoro, perché lo sfruttamento delle posizione di monopolio ed atteggiamenti spesso poco onesti da parte dei gestori delle imprese, prima statali, poi privatizzate li ha resi immuni da ogni controllo o capaci di acquistare i controllori. E se questi politici insistono sulla svendita Eni, ricordiamo loro che negli anni'70 contava più di 700'000 occupati con 17'000 miliardi di lire di fatturato ed assorbiva il 35% delle imprese medio-grandi; quando finì per essere amministrata nella complessa burocratizzazione conobbe bilanci in rosso fino ad indebitarsi ed a ricorrere al denaro pubblico. Le holding, le prestigiose famiglie italiane diventate gruppi di potere economico e politico non solo hanno impedito all'Italia di puntare nella tecnologia, ricerca e sviluppo, ma hanno anche impoverito i settori più tradizionali: le auto, gli elettrodomestici, la raffinazione del petrolio, la meccanica industriale, la chimica fine e l'industria leggera. Occasioni perse di una Italia che ora intende inserire nel calcolo del PIL la mafia e tutte quelle attività criminali che producono denaro rosso sangue e schiavitù, inquinamento, speculazione.

Concordiamo sul legalizzare la prostituzione, gesto di civiltà e di tutela contro lo schiavismo umano. La ricetta per dare nuovo sprint al PIL?

Trattare le holding come ogni altra piccola impresa italiana: tartassandola di tasse, obbligandole a versare al fisco il dovuto e richiedendogli il rientro dei capitali pubblici utilizzati per delocalizzare.

Il PIL ha bisogno di fabbriche e industrie, di posti di lavoro, dell'adeguamento della retribuzione, di sgravi fiscali, dell'apertura di attività nell'ambito agricolo, chimico, automobilistico, industriale, tessile, ect. La mafia va combattuta, non pensata come fonte di ricchezza interna lorda, è come fare il patto con il diavolo, anche se, non sarebbe la prima volta.


Redazione Agenzia Stampa Italia

 

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