Ma la nostra attenzione vuole soffermarsi sull'aspetto più nascosto ma anche più doloroso e devastante della crisi, quello che “tocca il cuore e che sembra togliere il respiro”.
In un Paese in cui il consumismo sfrenato l'ha fatta da padrona per decenni e in cui sembrava essere festa tutto l'anno risulta piuttosto difficile acquisire il senso del risparmio e accettare di fare delle rinunce. Eppure la fase storica che stiamo vivendo sembra costringerci a questo.
Basti pensare ai 2500 operai dell'Ilva ai quali l'azienda ha fatto recapitare l'avviso di cassa integrazione. Un destino atroce che sembra essersi accanito contro questi poveri lavoratori: a seguito del sequestro giudiziario degli impianti e della crisi di mercato infatti, lo scorso 28 novembre, si è scatenata una tromba d'aria che ha distrutto parte dello stabilimento rendendo vittima un giovane operaio.
Ad oggi, i lavoratori dell'Ilva vivono una condizione di precarietà, di incertezza nel futuro e, in parte, di angoscia, perché incapaci di garantire stabilità alle proprie famiglie.
Sono tante le storie che vedono protagonisti i 2500 operai: tutte diverse fra loro ma legate da un filo conduttore: il desiderio di mantenere integra la propria dignità. Non dimentichiamo che il lavoro, se onesto, è lo strumento che consente all'uomo di tutelare la propria dignità e di godere del senso di libertà di cui necessita. Il sentirsi privato di tale diritto implica che vi siano ripercussioni di vario tipo, non solo economiche ma anche psicologiche e sociali. Fra la numerose storie che abbiamo sentito raccontare vi è quella di Massimiliano Portulano assunto dall' Ilva all'età di 24 anni. Attualmente ne ha 39 e lavora nel Reparto Ril (Officina riparazione locomobili), l'area distrutta dalla tromba d'aria.
"Questo – ha dichiarato Massimiliano, in cassa integrazione per calamità - è un periodo davvero tragico e lo stiamo vivendo malissimo. Prenderemo l'80% dello stipendio perchè il sindacato non è riuscito a farci avere l'integrazione salariale. La mia famiglia è monoreddito. Sono sposato e ho una figlia di 9 anni, a cui devo dare spiegazioni e non trovo le parole". Il lavoratore si commuove. Vorrebbe urlare la sua rabbia, ma quando parla della bambina i suoi occhi si inumidiscono. "Lei è preoccupata per me. Per noi. Tra mutuo e bollette varie spendiamo 800 euro al mese". Ed è proprio questo l'aspetto che dovrebbe farci più riflettere: quali le ripercussioni di carattere psicologico provocate da tali vicende? Emerge in maniera piuttosto chiara dalle parole di Massimiliano Portulano che la maggiore preoccupazione non sia data dalle ingenti spese che dovrà sostenere ma piuttosto dal fatto di dover dare delle spiegazioni alla propria figlia. Quanto può essere frustrante e umiliante per un genitore dover negare ad un figlio cose che fino ad allora ha potuto tranquillamente offrire? E quanto è forte il dolore procurato da quegli occhi inumiditi dal pianto … gli occhi di colei che hai messo al mondo?
Anche lo stato di crisi sembra presentare il rovescio della medaglia... se da una parte, infatti, procura preoccupazione e malumore, dall'altra ci consente di aprire gli occhi su una realtà data troppo per scontata e su quei valori dimenticati da molti ed ignorati da alcuni. Se non vi fosse lo stato di crisi, forse, quel padre non sarebbe spinto a riflettere sullo stato d'animo della propria figlia e, in questi giorni di festa, anche una fetta di panettone farebbe 'meno gola' a tutti!