(ASI) Le cure palliative perinatali (CPpn) sono state pienamente attivate in meno del 10% dei Centri Nascita del nostro Paese. Ciò dipende anche dalla difficoltà di trasferire in ambito perinatale
i principi base delle Cure Palliative, che in questo caso includono sia la presa in carico della donna durante la gravidanza, quando il feto è affetto da gravi patologie, sia del neonato in condizioni critiche e quindi ricoverato in Terapia Intensiva Neonatale (TIN), un ambiente assai diverso dall’Hospice pediatrico.
“Se da un lato i progressi scientifici e tecnologici degli ultimi anni, con importanti ricadute sia dal punto di vista diagnostico durante la vita fetale e che da quello assistenziale in Terapia Intensiva Neonatale (TIN), hanno permesso di individuare molto precocemente gravi patologie congenite genetico-malformative e di assistere con successo neonati di età gestazionale molto bassa, ai limiti della vitalità, dall’altro lato hanno evidenziato la necessità di un progetto strutturato che coinvolga le famiglie e numerose figure professionali. Le CPpn si caratterizzano proprio per la tempistica del loro intervento, che comprende sia il periodo prenatale che quello neonatale”, afferma Luigi Orfeo, presidente della Società Italiana di Neonatologia in occasione della Giornata Nazionale del Sollievo, che si celebra il 29 maggio e che offre l’opportunità di fare il punto sulla situazione attuale delle Cure Palliative (CP) e della Terapia del Dolore (TD) nel nostro Paese e in particolare di quelle rivolte al bambino inguaribile, dalla nascita all’adolescenza.
Per i piccoli neonati e bambini che soffrono di patologie incurabili o sono in fase terminale l’obiettivo è dare piena attuazione alla raccomandazione dell’OMS ovvero “L’attiva presa in carico globale del corpo, della mente e dello spirito del bambino e della sua famiglia…nell’ottica della qualità della vita, con un’enfasi sulle cure a domicilio, la necessità di un approccio interdisciplinare e la disponibilità di una risposta residenziale ad hoc, ovvero di un Hospice pediatrico. Le Cure Palliative Pediatriche (CPP) non sono solo le cure dei bambini morenti, ma iniziano già dal momento della diagnosi, proseguono indipendentemente dalla continuazione della terapia curativa e si prolungano dopo la morte con il sostegno alla famiglia nell’elaborazione del lutto”.
Lo sviluppo di questa modalità assistenziale in Italia è stato reso possibile dalla emanazione della Legge 38 del 15 Marzo 2010 “Disposizione per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore” che all’Articolo 1.1 sancisce il diritto di ogni cittadino (e quindi anche di tutti i bambini di qualsiasi età!) di accedere alle Cure Palliative più la Terapia del Dolore e all’Art. 3.1 dichiara che questi sono obiettivi prioritari del Piano Sanitario Nazionale. L’Italia è stata il primo e a lungo l’unico Paese a dotarsi di una Legge ad hoc sulle CP e TD, una Legge che l’ONU ha definito una “modellaw”, un modello da imitare anche da parte di altri Paesi. La Legge 38, riconoscendo le peculiarità dell’età pediatrica, dedica uno specifico articolo, l’Articolo 5.2,a questa fascia di età, rimandando per i dettagli della sua applicazione al Documento Tecnico Ministeriale pubblicato due anni prima.
La complessità dell’implementazione di queste indicazioni per neonati e bambini, rispetto agli adulti, ha ritardato la piena applicazione della legge in età pediatrica. Infatti, le regioni che sono in grado di offrire pienamente questo servizio sono ancora una minoranza anche se vi è stata un’accelerazione in seguito alle recenti raccomandazioni da parte dell’OMS e all’emanazione della legge sull’accreditamento regionale delle CPP.
Le CPpn devono essere gestite da una équipe multidisciplinare (ginecologo, ostetrica, pediatra neonatologo, genetista, palliativista, bioeticista, psicologo, infermiere e eventualmente consulente spirituale della famiglia), in grado di garantire il necessario supporto alla famiglia durante tutto il periodo perinatale, attraverso la consulenza prenatale e la pianificazione delle cure che includano la gestione della gravidanza, la nascita, il ricovero in TIN, fino all’eventuale decesso o alla dimissione a domicilio o presso l’Hospice pediatrico.
“È, quindi, necessaria e urgente la progettazione e l’attuazione di percorsi di CPpn basati sulla multidisciplinarietà e sulla formazione ad hoc, che siano in grado di garantire la presa in carico
della diade madre-bambino e di tutto il nucleo familiare, senza dimenticare l’attenzione per gli Operatori Sanitari coinvolti,” continua Orfeo che aggiunge “Profondamente consapevole di questa necessità la SIN ha recentemente creato il Gruppo di Studio di Cure Palliative Perinatali (GdS-CPpn). Tra le prime iniziative messe in atto nel 2022 ci sono interventi formativi rivolti ai professionisti (Pediatri-Neonatologi, Ginecologi, Ostetriche, Infermieri e Psicologi), ma anche interventi divulgativi prevalentemente rivolti alle Associazioni di genitori e a quelle Non-Profit”.
È in corso anche una nuova indagine nazionale, che coinvolge i Responsabili di tutte le TIN Italiane, per verificare quali iniziative siano già state messe in atto, anche se solo in modo parziale. Ciò consentirà di ottenere una stima, seppure approssimativa, del numero di donne e di neonati candidabili alle CPpn che, a differenza delle CPP e TD non è attualmente disponibile e servirà per la costruzione di protocolli e di linee guida per garantire un’uniformità nella programmazione e attuazione delle CPpn nei diversi punti nascita Italiani.