(ASI) Nella sintesi di una straordinaria, storica corsa dei Ceri di Gubbio, un grande complimenti e grazie deve andare a tutte le Forze dell’Ordine e di Polizia per l’apparato di sicurezza messo in campo.
Organizzazione perfetta, da cui è trasparito il grande lavoro di Vigili Urbani (Polizia Locale), Carabinieri ed altre Forze di Polizia e Sicurezza intervenute con una serie di misure perfettamente riuscite. Questo fino a tarda sera in cui si è assistito ad un divertimento in precisi spazi e alle taverne, in totale pacatezza.

Una corsa indimenticabile quella del 15 maggio 2018 scorso, che resterà nella memoria di ceraioli e turisti come memorabile. I ceri sono andati veloci, spediti, bene, attraversando le strade del centro storico e risalendo gli stradoni del monte tra una contenuta folla piena di gioia.
Non è stato clemente il tempo molto piovoso e freddo fin dalle prime luci dell’alba, anche se fortunosamente la corsa pomeridiana è stata risparmiata da grossi scrosci di acqua.
La giornata era iniziata presto con la sveglia dei Capitani e dei Capodieci dei Ceri, con il saluto ai ceraioli defunti presso il civico cimitero, tutto accompagnato dal tonante rullo di tamburi rimbombanti tra le mura urbiche e oltre.
I Capitani della edizione 2018 sono stati Francesco Rossi e Mauro Guardabassi, mentre l’alfiere è stato Fabrizio Monacelli. I Capodieci invece sono stati Fabrizio Martini per il cero di Sant’Ubaldo, Giorgio Angeloni “Cudignone” per il cero di San Giorgio e Giovanni Vantaggi “Dudu” per il cero di Sant’Antonio.
Tra le emozioni e le sensazioni straordinarie voglio segnalare la fotografia di gruppo fatta scattare a tutti i sant’antoniari presso il teatro romano di Gubbio in prima mattina, accompagnata dal suono della banda e dai loro inni suggestivi. Poi la tradizionale sfilata di tutte le cariche della festa e di tutti i ceraioli grandi e bambini. La sfilata di sant’Antonio diparte da Borgo Santa Lucia, ove sono assegnati i mazzolini di fiori apposti sul tradizionale fazzolettone rosso, attraversa i sinuosi vicoli del quartiere San Martino e si ricongiunge ai ceraioli degli altri ceri. A questo punto il corteo di colore giallo, azzurro e nero frammisto a macchie rossi e fiori, attraversa piazza Quaranta Martiri e si allunga per Corso Garibaldi fino all’ingresso in Piazza Grande. Da questa i ceraioli entrano nel Palazzo dei Consoli e si preparano ad uscire dal grande salone dell’arengo insieme ai loro ceri, Santi e brocche per rovesciarsi nuovamente nella Piazza, dove ricomporranno le grandi macchine lignee e daranno il via all’alzata.
I ceraioli dunque fremono, all’interno del palazzo e cantando scalpitano per uscire in Piazza Grande o della Signoria. Sulla scalea intanto e proprio pochi minuti prima della cosiddetta alzata i saluti istituzionali portati dal Sindaco prof. Filippo Mario Stirati, la benedizione del Vescovo Luciano Paolucci Bedini giunto accompagnato dal suono delle chiarine, la consegna simbolica delle chiavi della città dai quattro Consoli e dal Sindaco al Primo Capitano della festa dei ceri, che per un giorno assume simbolicamente il comando della città stessa, ...la “città dei ceri”. Poi i rulli di tamburi, mentre gli sbandieratori sempre irti sulla scalea avevano fatto già mostra dei bei loro costumi broccati e dei vessilli. Tutto è un turbinio. Ed ecco che i ceri escono attraverso una fiumana di colori e si dispongono per l’alzata. Sono “incaviati”. Dopo il saluto dei Capodieci al campanone il lancio delle brocche e la spettacolare innalzamento, l’“alzata”. Tutto perfetto. Poi le tre girate, quattro in verità per il Santo Abata vestito di nero, altrettanto spedite e vorticose, senza tentennamenti o incertezza quest’anno.
Ecco che allora inizia la cosiddetta mostra dei ceri che tocca luoghi significativi della città di Gubbio e che porge il saluto e omaggio ai Quaranta Martiri, agli anziani e soprattutto alle famiglie dei ceraioli scomparsi.
Poi i ceri sono appoggiati sui ceppi, in via Venti Settembre e i ceraioli si riposano in attesa della corsa.
Intanto la immensa “tavola bona” e il pranzo ceraiolo sotto agli “arconi” del palazzo.
A seguire, dopo la processione dedicata al Santo patrono sant’Ubaldo, veneratissimo nella città dei ceri, in tardo pomeriggio si scatena la corsa. Quest’anno è stata perfetta, memorabile, con un Corso “fatto” dritto e “calate” (dei “Neri” e dei “Ferranti”) velocissime. Ciò senza particolari soste fino al monte Ingino, risalito in pochissimi minuti. Chiude la porta con buon distacco sant’Ubaldo. La corsa non è una gara, non è una competizione, ma certamente l’assenza i cadute e il poter chiudere le porte della basilica restano gli elementi di merito che la rendono migliore o peggiore rispetto ad altri ceri ed aanni. Quest’anno per velocità precisione dei cambi e assenza di cadute o “pendute” la corsa è andata veramente bene.
Ed ecco la discesa dal monte dei ceraioli festanti e stanchi che riaccompagnano a dimora i Santi nella chiesetta dei Muratori e chiudono la notte in taverna.

Giuseppe Marino Nardelli - Agenzia Stampa Italia

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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