Il suo editoriale per il 25 novembre è una risposta alla censura. “E' difficile oggi, scrivere sulla libertà di stampa, senza essere ugualmente accusati di essere Mata – Hari”. Oppure essere un “nipote di Stalin”. La libertà di stampa è solo un aspetto della libertà per eccellenza. Tuttavia, l'obiettivo è di difenderla con grande tenacia, in quanto non esistono altre possibilità di “vincere veramente la guerra”. Sebbene egli desse questa battaglia per persa: “la questione non è come ottenere la libertà di stampa. Bensì solo “come un giornalista, quando queste libertà vengono revocate, possa rimanere libero. Il problema non riguarda più la comunità. Incontra l'individuo. “Egli crede di ottenere non solo la libertà in guerra e in servitù, bensì anche di manifestare”.
Enumera quattro condizioni: “lucidità, rifiuto, ironia ed ostinazione”. Perspicace è solo chi rifiuta l'odio e le bugie. “E' difficile immaginare che Hitler si serva di ironia socratica. Eppure l' ironia resta un'arma senza precedenti contro i troppo potenti. È una qualità che completa la capacità di dire no, perché permette non più di rifiutare ciò che è falso, ma di dire spesso ciò che è vero”.
Così un “libero giornalista nel 1939 non si fa alcuna illusione circa l'intelligenza di coloro che lo opprimono”. Ma deve essere ironico, “restio involontariamente”: “Una verità enunciata con tono dogmatico è censurata nove volte su dieci. La stessa verità detta scherzando non lo sarà che cinque volte su dieci. ”.
Il grave editoriale di Albert Camus non venne stampato. E “Le Soir républicain”, dopo 117 uscite, il 10 gennaio 1940 venne vietato. Camus, neo – disoccupato, lasciava a Marzo – ancora prima dell'attacco tedesco alla Francia – la sua Patria e si trasferiva a Parigi, dove Pascal Pia aveva trovato per l'amico un posto di lavoro come segretario di redazione al “Paris Soir”. Nella capitale occupata, Albert Camus era attivo nella resistenza, e pubblicava in diverse riviste clandestine. Al contempo, condivideva la vita spensierata di molti poeti e pensatori. Scrive libri, che diventeranno classici del dopoguerra: “Lo Straniero”, apparso nel 1942 con la benedizione della censura tedesca, e il suo “Le Malentendu” (Il Malinteso) comparve in anteprima ancora durante l'occupazione. Dall'opera filosofica “Le Mythe de Sisyphe” venne rimosso per volere del responsabile della censura tedesca, Gerhard Heller, il capitolo su Kafka e gli ebrei, cosa che l'autore e l'editore Gaston Gallimard accettarono.
Dopo la guerra, Albert Camus rimase a lungo nel giornalismo. Si prodigò contro le purghe fanatiche nella cultura. Nel 1944 portò Pascal nel nel giornale fondato durante la Résistance “Combat”. Di quest'ultimo, Camus ne fu redattore capo, e affrontò ulteriormente la questione della necessità di un giornalismo libero. In “Combat” pubblicò il suo essay “Ni bourreau, ni victime”: né vittime né carnefici. E' un testo chiave della sua etica politica. In contrasto con la maggior parte degli scrittori e dei filosofi, che d'ora in poi avevano deciso per il comunismo, ruppe già molto prima con il partito: era ancora in Algeria quando ne era stato escluso. La sua posizione nella guerra coloniale ampliò la frattura tra lui e gli intellettuali di sinistra guidati da Sartre.
Ironia della sorte, il fine settimana, nella Francia degli accordi di pace che rievocava gli accordi di pace di Evian, “Le Monde” ha reso pubblico l'editoriale mai pubblicato nel giornale algerino, come risposta alla censura mondiale. E' stato ritrovato da Macha Séry, segnalando un contributo nelle ricerche. “Come il calcio e il teatro”, scrive lei - il giornalismo era per Camus una comunità umana, nella quale si poteva spiegare una scuola di vita e della morale”. Ma lei si distingue dagli specialisti di Camus e dai suoi biografi. Nessuno si era mai interessato alle sezioni dimenticate o all'articolo censurato. Macha Séry lo ha ritrovato negli archivi della censura e dell'intelligenza.
Jürg Altwegg
Frankfurter Allgemeine Zeitung, pag. 25, 20.03.12 Tutti i diritti riservati – All rights rerserved.
Traduzione di Valentino Quintana per Agenzia Stampa Italia