(ASI) Probabilmente la mia pretesa, con codesto scritto, è un po' elevata, soprattutto se dovessi confrontarmi con due giganti come Ardengo Soffici e Curzio Malaparte, che hanno compiuto la medesima operazione agli inizi del secolo scorso. Cercherò comunque di prendere in esame lo stato della letteratura e del suo mondo in quest'epoca, a carattere esemplificativo, e non certo onnicomprensivo.
Il nome della Rosa. Quando tutte le agenzie di stampa si sono letteralmente scatenate, pur sprovviste di notizie ufficiali, si profilava improvvisamente il ritorno del mito, ossia uno degli ultimi grandi libri comparso in tutte le librerie mondiali, e tradotto in ogni angolo. Il semiologo ha tuttavia subito precisato che non intendeva affatto riscrivere il suo capolavoro, bensì, voleva solamente rivedere alcuni errori verbali ed apportare certe correzioni di carattere storico. Insomma, niente di nuovo, ma un miglioramento con gli strumenti della modernità.
Per quanto concerne la letteratura italiana vera e propria, il grosso dibattito sulla sua esistenza ai nostri giorni si è aperto quando Umberto Eco ha prospettato l'intenzione di riscrivere la sua opera maggiore,
Ciò che da anni udiamo dall'impatto mass – mediatico, è il fatto che viviamo in un'epoca manierista, priva di novità assolute: gli anni '30, gli anni '60, gli anni '90, presentati tutti come “mitici”, propongono un costante ritorno al passato. Quando sulla scena letteraria è apparso il romanzo Gomorra, di Roberto Saviano, si è parlato, dopo qualche anno, di spaccatura totale. Nel senso che, vi sarebbe un prima di Gomorra ed un dopo Gomorra, e l'opera segnerebbe uno spartiacque nella letteratura italiana, del tutto addormentata, o addirittura, secondo qualche critico radicale, “ferma all'800 come schemi ed impostazione”.
L'opera di Saviano è di per sé interessante, in quanto è stata in grado di mescolare diversi stili letterari: dal romanzo all'inchiesta, dall'esperienza personale ai riferimenti mitologici. Dopo aver conseguito una smisurata vendita in tutto il mondo, Gomorra ha spalancato la carriera dell'autore, oggi considerato un guru dell'informazione e della lotta alla mafia, con conseguenti distorsioni ed esagerazioni mediatiche.
Il problema di fondo è capire se veramente la letteratura italiana sia ferma all'800, oppure sia proseguita nel tempo. Quando, ad esempio, pochi mesi orsono è morto il poeta – letterato Andrea Zanzotto, s'è subito asserito che scompariva “il più grande poeta vivente”, e non giova ricordare che lo scrittore veneto era della classe 1921.
La letteratura, ricordiamo, non si esprime solamente con un'opera, bensì anche con le riviste, con la poesia, con i caffè, con un clima adeguato che ne faciliti la diffusione. Non deve essere considerata solamente un bene borghese, o da salotto intellettuale, bensì della collettività, e patrimonio imprescindibile del cammino umano.
Raffrontando il secolo presente con quello passato, notiamo ad esempio che manca un movimento di avanguardia, come poteva essere il Futurismo, espressione non solamente nazionale, ma di matrice tipicamente italiana. Il manierismo vigente implica la completa mancanza di avanguardie, di movimenti letterari, continuando a richiamare il passato come possibile modello, senza comunque una precisa connotazione temporale di riferimento: vadano bene sia il 1600 che gli anni '90 del secolo scorso.
Oltretutto, sembra scomparsa la letteratura di impegno morale e civile, destinata a cambiare i destini di determinate realtà, o addirittura della nazione. Si ricordi doverosamente il movimento de La Voce di Firenze, guidata dal genio di Giuseppe Prezzolini, un letterato, scrittore ed editore in grado di riunire istanze completamente differenti, per un unico fine: il miglioramento dell'Italia, il suo svecchiamento e il potenziamento della realtà vigente. Il genio prezzoliniano è stato in grado di coniugare scrittori totalmente diversi per formazione ed impegno, provenienti da realtà differenti: da Scipio Slataper a Giani Stuparich, da Benito Mussolini a Benedetto Croce, da Giuseppe de Robertis ad Ardengo Soffici, da Giovanni Papini a Piero Jahier, da George Sorel a Giovanni Gentile. Lo stesso impegno era stato preso da Giovanni Papini nella sua Lacerba, e funzione analoga aveva il gruppo futurista sparso in diverse parti d'Italia.
Dal 1903 al 1944, ininterrottamente l'Italia ha potuto godere dell'esperimento de La Critica, rivista di letteratura, storia e filosofia, diretta da Benedetto Croce. Tale rivista, oltre a discutere di problemi letterari, civili e filosofici, recensiva diverse opere europee, facendo conoscere al Paese diverse realtà internazionali, e proiettando l'Italia in una dimensione più europea. Ovviamente divenuta fortemente politicizzata proprio durante il ventennio fascista, assurgeva a ruolo di resistenza civile e morale.
Di nuovo il confronto non regge: tutto il secolo scorso, fino agli anni '60, ha visto una fioritura di riviste, di idee e di spazi. Il secolo vigente, che comunque risente particolarmente della crisi post – sessantottina, può sfruttare degnamente le possibilità che gli sono concesse, come il web o le opportunità di auto – pubblicazione. Sebbene queste, facciano scomparire gradualmente altri elementi che sono stati trainanti nei secoli passati. Un esempio per tutti sia il caffè letterario. Città come Vienna, Trieste, Parigi sono divenute famose nel mondo per i loro caffè e per la loro capacità attrattiva. Claudio Magris ha scritto la sua opera principale, Danubio, nello storico caffè San Marco di Trieste. Le rive gauche e droite hanno ospitato Marcel Proust o Oscar Wilde, rendendo quel quartiere parigino famoso proprio per quelle frequentazioni letterarie. A Vienna, gran parte del mondo letterario e psicanalitico popolava i caffè del Graben. Ed è anche giusto ricordare, ad onor di cronaca visti i tempi, che gli studenti universitari si riunivano in determinati caffè invisi agli austriaci, dando origine ai primi movimenti risorgimentali.
I caffè letterari, ai nostri giorni, sono in via di scomparsa totale: la maggior parte, visti determinati locali storici che ospitano le strutture, stanno chiudendo per gli elevati costi di gestione, e i letterati non frequentano più i caffè, se non per certe mode più radical – chic che creative in senso stretto. Stesso esempio è fattibile per determinate librerie antiquarie o di riferimento: nuove catene come Feltrinelli organizzano presentazioni di libri o eventi letterari, un tempo cosa impensabile; le vecchie librerie non rappresentano più il cosiddetto “salotto buono”, e vengono visitate solo da appassionati bibliofili o amici legati da determinati interessi. Valga l'esempio della Umberto Saba di Trieste, frequentata per lo più da turisti e curiosi circa la figura dello scrittore triestino, che per effettivo interesse bibliografico o letterario, nonostante la gran qualità del materiale presente.
L'incitamento alla scrittura è avvenuto proprio dall'espansione del web e dalla conseguente possibilità collettiva di esprimere facilmente i propri racconti ed opere. I blog, i siti di scrittura, le operazioni letterarie del web, in pochissimi casi tradotti poi in riviste od opere reali (cartacee) hanno sia ridotto la carta stampata (si pensi anche ai quotidiani e al giornalismo on – line, per lo più indipendente) che facilitato la possibilità di cimentarsi con la letteratura. Iniziative come la Scuola Holden, o ilmiolibro.it, accrescono le opportunità di cimentarsi con la scrittura, prendendo in considerazione la scrittura, la regia, la sceneggiatura ed altri ambiti.
Il nostro Paese ospita anche diversi premi letterari: Campiello, Strega, Bagutta, Bancarella o Andersen sono alcuni dei nomi degli stessi. V'è da segnalare che i premi sono molti, le opportunità di vincita sono pochissime, e per i fortunati v'è un trampolino di lancio inimmaginabile per la propria carriera. Più che ai premi tuttavia, occorrerebbe ripensare all'ambito stilistico, ai generi letterari e al cosiddetto scouting dei nuovi talenti. L'impatto mass – mediatico ha creato dei cosiddetti “fenomeni” che meritavano solamente in parte l'attenzione dedicata, chiamando determinati soggetti a collaborare alle migliori riviste e ai quotidiani più importanti del Paese, senza effettivi meriti sul campo. Gli esordienti sono sempre e comunque tali, e necessitano di prove future per comprovare la loro bravura. Il difetto tutto italiano di mitizzare una buona opera, per poi fare scomparire l'autore subito dopo il fumo creato, dovrebbe gradualmente scemare, per lasciar spazio ad una buona critica.