Presentazione del libro “Strade di Belfast. Tra muri che parlano e sogni di libertà”. Intervista all’autore Fabio Polese

(ASI) Perugia – Venerdì 29 gennaio a Perugia presso la Sala della Vaccara a Palazzo dei Priori, è stato presentato Il libro-reportage “Strade di Belfast.
Tra muri che parlano e sogni di libertà” (Eclettica Edizioni) del reporter Fabio Polese, che racconta attraverso scritti, interviste e splendide immagini, la situazione attuale di una Belfast ancora ribelle. Al tavolo di presentazione oltre all’autore, erano presenti Leonardo Varasano (Presidente del Consiglio Comunale di Perugia) e Umberto Maiorca (Giornalista).

L’evento è stato un interessante “tuffo” nella storia dell’Irlanda. Storia questa, connotata dalla plurisecolare lotta di liberazione che il popolo irlandese ha condotto contro qualunque invasore che minacciasse la sua verde e ridente isola, e in ultimo contro la vicina Inghilterra.

Il governo di sua Maestà britannica nel 1922 dopo una sanguinosa guerra contro la clandestina “Irish Republican Army” (Esercito Repubblicano Irlandese, I.R.A.), fu costretto a concedere la creazione dello “Stato Libero d’Irlanda” con una giurisdizione che interessava il sud ed il centro del Paese, mentre il nord rimase sotto dominio inglese. Negli anni seguenti se lo Stato Libero si distaccò ulteriormente dal controllo dell’Inghilterra arrivando a fondare – e che oggi conosciamo – la libera ed indipendente “Repubblica d’Irlanda” (Éire), nell’Irlanda settentrionale le cose sono andate diversamente, o per meglio dire, sono rimaste inalterate. Il nord dell’isola è ancora odiernamente sotto il governo di Londra. Ma la presenza britannica non ha mai avuto vita semplice. Difatti la sigla dell’”I.R.A.” dal 1922 ha continuato a operare in quel pezzo di terra staccato dalla madre patria e a rivendicarne il diritto alla libertà e alla riunificazione al resto del Paese. Negli anni la guerra tra nazionalisti irlandesi e le forze d’occupazione ha conosciuto punti di atrocità inaudita. Attentati dinamitardi, omicidi, la strage di civili nel 1972 compiuta a Derry a opera dei reparti dell’esercito inglese durante una manifestazione per la richiesta di diritti civili che passerà alla storia con il nome di “Bloody Sunday”. Gli scioperi della fame dei detenuti repubblicani contro le sevizie delle guardie nel carcere di Long Kesh, e per vedersi riconosciuti lo status di “prigionieri politici” e non di delinquenti comuni; in uno dei quali morì Bobby Sands e dopo di lui nove suoi commilitoni lo seguirono nella tomba, a causa dell’intransigenza di Margaret Thatcher, la “Lady di ferro”.

L’autore del libro, insieme ai suoi interlocutori Varasano e Maiorca, ha ben delineato la realtà odierna di Belfast, nel tempo della fine delle ostilità concordata con l’” Accordo del Venerdì Santo” del 10 aprile 1998. Una città divisa ancora in zone tra inglesi e irlandesi di cui i confini sono segnati con la presenza di alti muri. Dove le mura delle case raccontano con dipinti le battaglie, le lotte, i martiri e il sangue dell’infinità lotta dell’Irlanda per la sua libertà. E dove, a dispetto degli accordi di pace, gli scontri ancora infiammano le strade.

Nei giorni seguenti la presentazione A.S.I. ha raggiunto lo scrittore giornalista fotoreporter freelance Fabio Polese, il quale ci ha gentilmente concesso un’intervista.

Da quanto hai in interesse la questione irlandese?

Fabio Polese: «Sin da piccolo ero affascinato dalle storie umane che ci arrivavano dall’Irlanda del Nord. Sono cresciuto con il mito di Bobby Sands, che per la causa dei repubblicani ha combattuto fino a lasciarsi morire, dopo sessantasei giorni di sciopero della fame. Volevo vedere quei posti con i miei occhi e conoscere da vicino le loro storie, per questo nei primi anni duemila sono partito alla volta di Belfast e Derry. Dal quel giorno ci sono tornato molte volte.»

I tuoi reportage giornalistici e fotografici hanno già avuto modo di esprimersi su un popolo in pluridecennale lotta come il Karen. Perché hai voluto porgere ora la tua attenzione sull’Irlanda?

Fabio Polese: «Ho sempre portato avanti l’attenzione anche sul Nord Irlanda, con diversi articoli, approfondimenti e reportage, usciti negli anni in alcune delle maggiori testate nazionali. Con la pubblicazione di “Strade di Belfast. Tra muri che parlano e sogni di libertà” (Eclettica Edizioni), ho voluto parlare della situazione attuale, fatta da uomini che non rinnegano il passato, ma che cercano di guardare al futuro.»

E’ stata semplice la tua entrata “investigativa” nel mondo dei ex-volontari dell’I.R.A., oppure non priva di una discreta difficolta? E gli stessi “vecchi” combattenti hanno espresso un atteggiamento positivo e di collaborazione nei tuoi confronti, o mantenendo un po’ di diffidenza?

Fabio Polese: «Ci sono voluti diversi anni prima di riuscire a stabilire un contatto. Una volta acquistata la loro fiducia è stata una strada tutta in discesa. Sono persone normalissime che hanno combattuto per la loro libertà e che hanno pagato con anni di carcere e sofferenza le loro scelte. Ma che ancora oggi sognano un’Irlanda libera dall’occupazione britannica.»

Secondo la tua esperienza, la popolazione irlandese preferisce la pace odierna o la situazione belligerante antecedente? E se pur preferendo la prima, comunque si avvertono dei rimpianti di quei, se pur tremendi, anni dove comunque l’Esercito Repubblicano svolgeva anche da “forza dell’ordine” contro la delinquenza?

Fabio Polese: «Non è una questione di preferenza. A nessuno piace la guerra e a tutti piace la libertà. Ma spesso le due cose sono strettamente collegate. In passato, nelle zone controllate dai combattenti repubblicani dell’IRA, non c’era spazio per la microcriminalità. La comunità irlandese si sentiva protetta e appoggiava i guerriglieri. Ora che l’IRA non ha il controllo dei quartieri come in passato, i furti sono all’ordine del giorno e gli spacciatori in molti angoli della città. Nel libro lo spiega bene Breige Brownlee, una donna ex combattente che ho intervistato nello scorso luglio e che è molto attiva nel sociale.»

Ritornando a quei “vecchi” combattenti, il processo di pace lo hanno accettato?

Fabio Polese: «Molti degli ex volontari sono stati costretti ad accettarlo. Quando si stava trattando per il processo di pace, parecchi combattenti erano in carcere da anni. Quando sono usciti si sono accorti che la società era cambiata e che molto probabilmente, doveva essere cambiato anche il modo di lottare per l’unificazione d’Irlanda.»

I militi dell’I.R.A. si sentono oggi rappresentati dalla politica dell’attuale Sinn Féin di Gerry Adams, oppure anche se in disaccordo gli concedono il voto perché non vi è di meglio che possa rappresentare le istanze repubblicane?

Fabio Polese: «Lo Sinn Fèin è composto da molti ex volontari dell’IRA. Alcuni, pur non essendo d’accordo con la leadership, credono che questa sia attualmente la soluzione migliore per portare avanti la causa repubblicana. Negli ultimi anni lo Sinn Fèin è cresciuto tantissimo ed è diventato il secondo partito del Nord Irlanda.»

La popolazione nord irlandese di oggi come è apparsa ai tuoi occhi? Vitale, apatica? Descrivila.

Fabio Polese: «Belfast sta cercando di ripartire e la città in se per se è sicuramente più vitale degli anni più caldi degli scontri. Ma decenni di conflitto hanno indubbiamente lasciato i segni. I dati parlano chiaro: i suicidi sono in crescente aumento, di disoccupazione è alle stelle, come lo è il consumo di droga e farmaci tra i giovani. Uno studio della Queen’s University, condotto recentemente in dodici zone di Belfast, ha rilevato che quasi il 70 per cento degli adolescenti tra i 18 e i 25 anni non hanno mai avuto neanche una conversazione con un coetaneo dell'altra comunità. Queste dure problematiche, insieme ad un assistenzialismo sfrenata del governo britannico, hanno sicuramente indotto i giovani ad un’apatia verso la società che li circonda, verso la causa repubblicana e verso la politica in generale.»

Perché affermi che i sussidi concessi dal governo britannico alla popolazione nord irlandese, sono l’arma con cui la Gran Bretagna ha saputo mantenere buoni i fermenti indipendentisti negli ultimi decenni?

Fabio Polese: «Credo che l’assistenzialismo sfrenato ha fatto si che i giovani dimenticassero, almeno per ora, la storia del loro popolo e le sofferenze dei loro padri. Cosa che il governo di Londra, prima di intraprendere questa strada, sapeva bene.»

E tali sussidi magari nel breve periodo funzionano, ma credi che a lungo andare possano fermare il ritorno di focali di rivolta?

Fabio Polese: «I vari problemi descritti sopra, potrebbero nei prossimi anni sfociare in nuove violenze.»

Alla luce di questa popolazione da te descritta, secondo te oggi che margine di spazio c’è per le rivendicazioni nazionaliste irlandesi?

Fabio Polese: «La voglia di libertà del popolo irlandese non è mai svanita. Ma è sicuramente cambiato il modo di combattere quello i repubblicani hanno sempre definito “l’imperialismo britannico”. Molti ex volontari dell’IRA hanno deposto le armi e ora fanno politica attiva con lo Sinn Fèin e altri piccoli partiti, come l’ Èirìgì. Esistono anche dei gruppi paramilitari, più o meno collegati al passato, ma in questo momento le azioni armate sono molto limitate perchè non godono più del supporto della popolazione. Quel supporto che in passato aveva fatto dell'IRA un gruppo molto organizzato e temuto dal governo britannico.»

Lo Sinn Féin sta avanzando in Irlanda?

Fabio Polese: «Si, come dicevo prima, lo Sinn Fèin è diventato oggi il secondo partito del Nord Irlanda. Lo stesso sindaco di Belfast è del partito repubblicano. Una cosa inimmaginabile fino a qualche tempo fa.»

In Italia, come in tutto il mondo, la questione irlandese è sempre stata descritta con forti connotati religiosi. È realmente così, o se lo è lo fu inizialmente lasciando nel corso del tempo lo spazio alla sola lotta di liberazione nazionale indipendente dal contrasto cattolico – protestante?

Fabio Polese: «Posso affermare, senza il timore di essere smentito, che la lotta del popolo repubblicano non è da individuare nella religione. La causa, piuttosto, è storica e territoriale. Detto questo, in passato, la chiesa ha sicuramente supportato la causa dei nazionalisti.»

Per concludere, da italiano che ha visto questi “muri che parlano e sogni di libertà”, come recita il sottotitolo del tuo libro, credi che ancora Belfast sia una città “ribelle”?

Fabio Polese: «Sicuramente Belfast è una città ancora ribelle. Dove appunto, anche i muri parlano. E dove le molotov possono ancora incendiare la voglia di libertà di tutto il popolo irlandese.»

Federico Pulcinelli – Agenzia Stampa Italia

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