di Giovanni Zambito
Che cosa rende un evento reale come in questo caso la scoperta di manoscritti antichi degno di essere raccontato in un romanzo?
In generale mi stimola la possibilità di fondere realtà e fantasia, è un gioco che rende più interessante ogni opera letteraria; nella fattispecie l'evento, per quanto retrodatato, è di una portata tale che non ho saputo resistere alla tentazione di farne un libro che assieme alla critica moderna e agli altri trattati sulla materia contribuisce ad accendere i riflettori su quella che potrebbe essere la più grande bugia di tutti i tempi.
Perché il soggetto religioso affascina sempre scrittori e lettori?
Credo non esistano persone al mondo che non si siano poste le domande: chi mi ha donato la vita, cosa c'è dopo? È una domanda a cui tutti prima o poi cerchiamo di dare una risposta, quindi si crea molto interesse nei lettori che sperano di trovare le risposte che cercano; gli scrittori talvolta trattano questo argomento per fini commerciali, la religione interessa alle masse. Personalmente nella scrittura ho trovato la mia dimensione, è la ricetta per l'immortalità, i miei libri sopravviveranno a me e saranno il segno tangibile del mio passaggio su questa terra. Duemila anni fa dovevano saperlo, per questo la parola di Dio è scritta.
Sta particolarmente bene nel contesto della cattolicissima Sicilia?
Probabilmente i cattolicissimi siciliani prenderanno come un pugno allo stomaco questo libro ed altri omologhi, ma spero che qualcuno dica alla gente la verità, i tempi sono maturi affinché tutti sappiano. Oggi non ci sarebbe niente di male nel dire alla gente, ci siamo sbagliati, credo che la gente capirebbe; qualcuno da qualche parte del mondo inventerebbe un'altra bugia, magari con un po' di fortuna durerebbe duemila anni, come quella del Cristo. Il mondo ha bisogno d'aria nuova, la Sicilia ancor di più.
E Palermo viene vista e attraversata in maniera diversa dal solito? in che cosa?
Ero stufo dei soliti stereotipi mafiosi appiccicati addosso alla mia città ed alla Sicilia: Palermo, i suoi monumenti, la sua storia, miti e leggende sono il palcoscenico naturale per l'ambientazione di opere e fiction di ben altro stile. Non si può raccontare la Sicilia sempre alla stessa maniera, è un'ingiustizia che non rende onore alla sua storia. Forse ho esagerato ma credo sempre vi sia qualcosa di magico quando dopo un viaggio fuori, rimetto piede in Sicilia e quando vedo l'inferno e il paradiso convivere nelle stradine del capoluogo. Un giorno Palermo cambierà, tornerà ad essere quello che era, il fiore del Mediterraneo che incantava poeti e naviganti. Io non ci sarò più ma tutto questo accadrà.
Rispetto ai racconti, alle poesie e al giornalismo, scrivere un intero romanzo è stato particolarmente faticoso o inaspettatamente naturale?
Sono fortunato. Scrivere per me è come respirare, è la cosa più bella che io possa fare. Scrivo nelle ore più impensabili e nei luoghi più incredibili, ma quando arriva l'ispirazione mollo tutto ed entro nel mio mondo. I miei personaggi vivono, si materializzano come dal nulla, entro in un posto immaginario. Ciò mi crea qualche problema nella vita reale, a volte rimango scollegato dal mondo che mi circonda, divento sbadato, smemorato, abulico, ma non ci posso fare niente, oramai questa cosa mi ha preso la mano e non credo che tornerò indietro. Nel mio romanzo Q L'enigma del Messia e negli altri a venire, la verità è sempre mescolata alla finzione, semplicemente perché la mia vita è veramente così a cavallo tra realtà e fantasia. I personaggi che descrivo esistono veramente, cambio soltanto il nome e qualche dettaglio per ovvi motivi, poi li calo nel periodo storico; se lei frequentasse la Chiesa dei Cappuccini o conoscesse i mie amici rimarrebbe sbalordito, personalmente quando incontro i miei personaggi nel mondo reale è un tuffo al cuore, una specie di macchina del tempo che si mette in moto, io li vedo proiettati dentro la storia e tutto fiorisce intorno a me, luoghi, fatti eccetera. Poi in un istante torno indietro, ma quanto è bello sognare...
Secondo alcuni siciliani i piemontesi furono la causa di tutto, il loro malgoverno fece sprofondare la Sicilia nella voragine in cui tuttora rotola. Spero che apprezzino gli sforzi di un piemontese di nascita e siciliano d'adozione, perché io a Torino ci sono nato e basta, la mia città da sempre è Palermo. Circa il motivo per cui nacqui a Torino, beh, qui ci vorrebbe un romanzo a parte per spiegarlo. Credo, ma non ne sono sicuro, che la sorella di mia madre vivesse nel capoluogo piemontese e mia madre fuggì lì per darmi alla luce. Aveva già quattro figli ed il marito era un delinquente che minacciava di ucciderla perché io ero stato concepito dall'amore con mio padre, che non era sancito dal matrimonio. Si immagini la cattolicissima Trapani anni Settanta (teatro del fattaccio) come avrebbe preso questa cosa. Per salvare la faccia... e la pelle, mia madre scappò e si rifugiò in quel di Torino dove io nacqui, per poi affidarmi alle cure di mia zia che mi ha allevato insieme a mio padre. Mia madre non la vedo da oltre trent'anni, non so dove sia, so solo che non ero ancora nato e mi volevano uccidere... Ho sempre detto a tutti che è morta, mi scocciava spiegare i dettagli, ovunque sia spero che qualcuno le dica che suo figlio scrive e che sta bene. Dopo questa intervista tutti sapranno, beh, anch'io ho detto una bugia, ma ho avuto il coraggio di dire la verità.
L'AUTORE
Giuseppe Barcellona, 37 anni, nato a Torino, vive e lavora a Palermo. Perito chimico, giornalista dilettante, ha collaborato con varie testate ed emittenti come il Mediterraneo, Palermochannel TV, Palermo24h, alcuni free press cittadini, Radio Up e Radio Giovane Sicilia. Poeta e scrittore, si è aggiudicato numerosi premi letterari, tra i quali il Gran Premio Speciale della giuria "Città di La Spezia", il "Serialchillers award 2011" e il primo premio narrativa inedita al concorso indetto dall' "Associazione Chiese storiche".