(ASI) Completo grigio, giacca azzurra, davanti a una sala gremita di giornalista si presenta un mito: Richard Gere.
Elegante, pacato, ironico risponde con garbo a tutte le domande e nel frattempo sorseggia un tazza di tè. Noi gli abbiamo chiesto quando e perché gli è venuto in mente di fare l’attore. Richard ha sospirato, ha riflettuto dicendo che era una bella domanda e poi ha detto perché il recitare gli dava un’insolita energia, che lo rendeva viva, oltre all’amore per la prosa, così al college ha deciso di intraprendere questa strada, anche perché i suoi stessi amici notavano il suo talento. Richard ama la sua professione, anche se riconosce che è un lavoro sostanzialmente duro perché bisogna sempre riuscire a trasmettere qualcosa e nonostante la tecnologia stia rivoluzionando il mondo e anche il cinema, Gere ritiene che la tecnologia nel cinema è solo divertimento e che la vera sostanza è la qualità, la psicologia. Questo lo induce sia nella scelta delle parti da attore, che anche da produttore, da cui si cimenta da poco: confessa di preferire i soggetti sul futuro, sul senso della scoperta, un qualcosa che vada su diverse direzioni, insomma ciò che gli piace. E’ un uomo libero, che mette al centro della vita l’amore e che dà molta importanza al suo credo buddista, tanto che mette al primo posto la famiglia e il suo maestro spirituale. Quello che parla è dunque un uomo sereno, che ha definito la sua vita magica, diverso forse da quel sex symbol che l’immaginario femminile e non solo si era immaginato e che confessa che questo ruolo è principalmente il suo lavoro. Sempre sorridente e pronto a conversare anche con i suoi intervistatori rivela il suo amore per Roma e gli piacerebbe se gli offrissero una casa, gradendo pertanto la Lupa consegnatagli dal sindaco Alemanno. Una due giorni piena di eventi che la conferenza stampa ha aperto, seguita dall’incontro con le istituzioni e poi una presentazione di un vecchio film del 1978 Days of Haeven con la consegna del Marco Aurelio e infine chiusura del Festival. Ama l’Italia, come l’Italia ama il suo Ufficiale gentiluomo o l’American gigolo o il manager di Pretty woman, parti indimenticabili anche se un posto speciale per l’attore è Cotton club. Richard Gere è non solo un uomo impegnato nel sociale e nelle questioni politiche, l’attenzione per il Tibet ne è una riprova (Gere ha affermato che un ulteriore film sarebbe interessante), ma anche una persona dotata di sensibilità umana e artistica, tanto è vero che ha criticato il troppo business di Hollywood che non stimola la creatività. Grazie per la lezione Richard, torna presto in Italia!!!