(ASI) Saverio Costanzo si lancia in un’avventura coraggiosa, difficile, impegnativa. Racconta una storia di quelle che oggi, oggi in modo particolare, non si possono raccontare.
In un epoca del politicamente corretto, dove nessuno ha mai la colpa del male commesso, dove nessuno di noi è mai responsabile delle sofferenze altrui, il giovane regista sceglie la sincerità, la complessità, il non facile da capire e da risolvere. Due giovani si incontrano e si innamorano, chiusi per errore nel bagno di un ristorante cinese. Si amano leggermente, ma i sentimenti crescono ed abbozzano un progetto di vita in comune. Ma quando lei viene trasferita per lavoro lui non accetta il rischio allontanamento e forza e non rispetta la volontà dell’amata, procurando una gravidanza non desiderata, non condivisa. È l’inizio del declino. Matrimonio nella tristezza. Emergono ombre sul passato, sul rapporto con i genitori. Sogni premonitori di soluzioni violente. Un’incursione dalla maga per svogliata curiosità fa esplodere la follia della neomamma, che trasforma il nascituro in un esperimento vegano. Il regista riesce sapientemente quasi a nascondere i passaggi chiave del dramma familiare: la prepotenza di lui e l’occultismo di lei. I protagonisti non sono in grado di rintracciare le cause del male che li affligge, impegnati a malapena nel comprendere che qualcosa non va. La pellicola ci guida all’interno di un vero e proprio campo minato. La trasmissione del male dai genitori ai figli. Ma qui non si tratta di una divinità che insegue per punirlo il discendente al posto di un colpevole che sia riuscito a farla franca. Qui si parla di genitori malati che non si sono curati e non trovano niente di meglio da fare che ammalare i propri figli sani.
Ilaria Delicati - Agenzia Stampa Italia