(ASI) Lettere in Redazione. Le invio queste poche righe, nella speranza che qualche lettore, di buona volontà e di onesti sentimenti, eserciti le proprie capacità critiche, fondate sulla facoltà di ragione, al fine di dare il giusto senso alla campagna mediatica, denigratoria, scatenata contro l’”evasore”, da un orwelliano grande fratello, che si nasconde dietro un fantomatica “Presidenza del Consiglio dei Ministri”.
E vengo al punto.
Da un po’ di tempo in qua, la caccia all’evasore fiscale, sorretta da una poderosa campagna pubblicitaria, è divenuta una specie di sport nazionale che vede schierati, da una parte, i finanzieri e, dall’altra, gli evasori, il cui prototipo è un essere talmente immondo da far parte di una schiera di schifosi parassiti di animali.
Orbene, a parte il fatto che nessun organo di stampa, della politica, della cultura o dell’economia abbia fatto sentire la propria voce sulle vere ragioni che possano generare il fenomeno e indagare sulle cause dell’evasione, quale, fra molte, la legittima difesa da una pressione fiscale eccessiva, o dalla ingiustizia più che manifesta di veder il proprio denaro versato all’erario, finire nelle fauci ingorde di uomini ed organismi che se ne impossessano senza pudore e fuori di ogni schema di legalità, ciò che scandalizza coloro che hanno ancora la capacità di pensare, è la sfacciata pretesa di convincere il Popolo italiano che la conclamata grave crisi economica, dipenda dal parassita evasore.
In proposito, poiché la caccia all’untore, ha mietuto tante vittime in tempi neppure tanto remoti, mi permetta, Caro Direttore, di concludere il mio messaggio, con la prima parte dell’introduzione alla Storia della Colonna Infame, del Manzoni, al fine di mostrare che, troppo spesso la verità non sta dalla parte dei più, né da quella delle “Presidenze”.
Ai giudici che, in Milano, nel 1630, condannarono a supplizi atrocissimi alcuni accusati d'aver propagata la peste con certi ritrovati sciocchi non men che orribili, parve d'aver fatto una cosa talmente degna di memoria, che, nella sentenza medesima, dopo aver decretata, in aggiunta de' supplizi, la demolizion della casa d'uno di quegli sventurati, decretaron di più, che in quello spazio s'innalzasse una colonna, la quale dovesse chiamarsi infame, con un'iscrizione che tramandasse ai posteri la notizia dell'attentato e della pena. E in ciò non s'ingannarono: quel giudizio fu veramente memorabile.
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