(ASI) Il dato è senza dubbio preoccupante: un terzo dei medici italiani, potendo, andrebbe subito in pensione. A sognare di poter lasciare il lavoro sono i più giovani: il 25% dei medici tra i 25 e 34 anni e il 31% di quelli tra i 35 e i 44 anni.
A conferma di quanto si siano deteriorate le condizioni di lavoro dei medici italiani negli ultimi anni, al punto che molti di loro abbandonerebbero la professione.
La Conferenza sulla Questione Medica organizzata dalla Fnomceo e che ha visto la partecipazione di associazioni di categoria, sindacati, medici, oggi occupa tutto il nostro giornale con in primo piano i sondaggi che hanno appunto coinvolto la categoria e che lasciano trapelare numeri sicuramente inquietanti. Il ministro Speranza ha in parte rassenerato gli animi con le sue dichiarazioni: “Abbiamo assistito ad una retorica degli eroi sul personale sanitario nella prima fase della pandemia, ma c'era una normativa che da 15 anni metteva la camicia di forza al personale per la presenza di un tetto di spesa proprio per il personale. Questo modello per silos e tetti ci ha impoverito, è sbagliato e non funziona. Questo è un disastro cui porre rimedio al più presto e questo tetto lo stiamo un po' alla volta rompendo. Farò una battaglia politica perché si superi questa logica dei tetti”, assicura il Ministro della Salute. Che però aggiunge: “Per il personale medico avremo difficoltà per i prossimi 2-3 anni ma poi, grazie agli investimenti messi in campo e alle borse di specializzazione medica finanziate arrivate a oltre 17mila, la situazione cambierà. Il problema è come gestire i prossimi 2-3 anni e ci stiamo lavorando, per trovare soluzioni immediate: su questo, penso anche ad un utilizzo straordinario degli specializzandi, che abbiamo iniziato a fare ma che va rafforzato”. Ovvero ancora qualche anno di passione prima di poter vedere la luce. Intanto emergono cifre in negativo:dalla ricerca, condotta attraverso la la somministrazione di 500 interviste tra il 21 e il 28 marzo scorso su un campione rappresentativo di medici uomini e donne, è scaturito in modo rilevante l’aumento in pandemia dei carichi di lavoro per il 70% dei medici ospedalieri, per il 75% dei medici del territorio, per il 36% degli specialisti ambulatoriali e per il 23% degli odontoiatri, con quasi 1 medico ospedaliero su 5 costretto a cambiare reparto (un cambiamento difficile, nel 75% dei casi). Un impegno gravoso che ha avuto ripercussioni – lo pensano il 40% sia dei medici sul territorio sia degli ospedalieri - anche sul rapporto di fiducia con i cittadini e che ha provocato, insieme alle difficoltà organizzative, stress e preoccupazione nella stragrande maggioranza dei professionisti, il 71%. Si dichiara “stressato” il 90% dei medici del territorio, il 72% dei medici ospedalieri, l’80% degli specialisti ambulatoriali, il 62% degli odontoiatri. Un medico del territorio su 10 ha riscontrato problemi di salute che prima non aveva. D’altro canto, il 53% dei medici dichiara che molti cittadini hanno rinunciato a cure importanti, spesso interrompendole dopo averle iniziate, per colpa della pandemia. Anche l'indagine Anaao mette in luce le criticità di una professione che per anni si è vista sottrarre risorse con migliaia di medici che hanno lasciato l'Ssn.
Foad Aodi - Agenzia Stampa Italia