(ASI) La ricerca dal titolo “Servizi sanitari e discriminazione razziale”, promossa dall’Istituto internazionale Scienze mediche, antropologiche e sociali – presentata a Roma nei giorni scorsi - ha preso in esame anche Arezzo. Il secondo focus-group ha avuto come riferimento la Asl 8 (il primo dedicato a Roma) che ha un bacino d’utenza che si estende su 3.232 chilometri quadrati.
Al primo gennaio 2006, la popolazione immigrata residente sul territorio costituiva il 6,7% della popolazione totale e a livello regionale la provincia era al terzo posto in termini di incidenza, dopo Prato e Firenze, con tre nazionalità predominanti: rumena con 5.896 residenti (pari al 26,2%), albanese con 4380 (19,4%) e marocchina con 1484 (6,6%).
I dati dell’Osservatorio Sociale della Provincia di Arezzo - che ha dedicato una specifica sezione sull’accesso al sistema sanitario locale da parte della popolazione straniera – relativi all’anno 2004 hanno indicato tra le prestazioni specialistiche e diagnostiche ambulatoriali più richieste dagli utenti immigrati, la radiologia (13.99%), gli interventi di Medicina e chirurgia di accettazione e d'urgenza (0.19%) e la nefrologia (9.85%).
Il problema principale emerso dai focus concerne l’accoglienza, un problema dovuto all’elevata presenza di stranieri e alla molteplicità di etnie. Le altre difficoltà sono risultate essere una carenza della mediazione linguistico-culturale, in alcuni casi addirittura sconosciuta agli immigrati, e un’inadeguata informazione, mancanza, questa, visibile anche nella modalità di scelta del medico di medicina generale: in questa provincia, infatti, il medico di famiglia viene scelto dagli stranieri sulla base dei consigli dati da amici o parenti.
Anche nel caso dei focus di Arezzo, la discriminazione non sembra essere stata percepita come tale, ma sembra essere stata confusa con l’atteggiamento distaccato del personale medico, una sensazione avvertita maggiormente negli immigrati provenienti dal Marocco, paese in cui i medici sembrano avere una maggiore capacità di ascolto e dialogo e un maggior impegno nella cura della persona più che della malattia.
Foad Aodi - Agenzia Stampa Italia