Un ritratto che vuole ricostruire la vita di Pedersoli, scomparso nel 2016, in tutte le sue più diverse sfaccettature - atleta, attore, ambasciatore dell’Unicef, creatore di abbigliamento per bambini, padre di famiglia – attraverso le testimonianze di amici, colleghi, familiari. “Di Bud Spencer pochi sanno – dice il regista - che era un padre esemplare, profondamente credente, che parlava sei lingue, e aveva frequentato tre università. Inoltre faceva pugilato a livello amatoriale, partecipava a gare di auto da corsa e giocava a rugby, era diventato campione italiano di nuoto e di pallanuoto ben sette volte, e aveva partecipato alle olimpiadi di Helsinki e di Melbourne. Come nei suoi film, così anche nella vita si metteva sempre dalla parte dei buoni e cercava ovunque di aiutare i bisognosi: con il suo elicottero ha preso parte ai salvataggi dopo un terremoto, ha svolto una campagna per non vedenti, ha alzato la sua voce contro le guerre e contro il consumo di droghe, è stato ambasciatore dell’UNICEF.” Oltre a mostrare materiali di archivio inediti e le scene più famose dei suoi film, nel documentario ci sono anche foto di famiglia, delle sue case.
Dopo l’anteprima l’Istituto, che ha anche sostenuto in parte la produzione, ospiterà un’altra proiezione il 29 gennaio, poi il documentario, in ungherese con sottotitoli in italiano, approderà a fine febbraio nelle sale cinematografiche locali. In Ungheria, come anche in molti altri paesi dell’Europa dell’est i film di Bud Spencer e Terence Hill hanno un’enorme popolarità che risale all’epoca comunista quando, in un’epoca in cui in film americani erano spesso vietati, rappresentavano una finestra sul benessere e sulla libertà del mondo occidentale.