(ASI) Città del Messico- A tre giorni dal terremoto che ha colpito la capitale messicana, continuano senza sosta le ricerche dei dispersi, delle medicine, di alloggi per migliaia di sfollati. 35 anni dopo il sisma che nel 1985 fece oltre 10mila vittime, il Paese rivive la stessa tragedia, in una delle città più densamente popolate al mondo e ora piena di rovine e devastazione.
Stavolta i morti accertati sono 286 e i soccorritori, alcuni provenienti anche dal Giappone, non si arrendono nel disperato tentativo di salvare qualche altra vita, come Frida, non una bambina da salvare, ma un Labrador di 7 anni, eroe che è riuscito a recuperare dalle macerie 52 persone. Scava ancora senza sosta per trovare altri bambini sepolti nella scuola Rebsamen, ormai uno dei simboli di questa tragedia.
Più di 50 edifici sono crollati a seguito del colpo di magnitudo da 7.1 della scala Richter e almeno 10mila sono quelli danneggiati e non più abitabili. Un terremoto non forte come la scorsa settimana (8.2) ma molto più a sud, prossimo alla costa e a Città del Messico, con l’epicentro vicino alla superficie.
Matias Quiroz, segretario del governo di Morelos, sta già facendo il conto dei danni, mentre nel Paese è in corso un’emergenza umanitaria per reperire tutti i mezzi necessari al sostegno della popolazione, dai medicinali agli alloggi provvisori. «Il governo sta provvedendo a tutte le prime necessità», ha detto Quiroz, «Per le zone critiche abbiamo predisposto un commissario speciale per ogni regione dello Stato, affinché possa organizzare i mezzi di pronto soccorso in aree specifiche». Alimenti e medicine sono in questo momento la priorità, difficili da reperire, insieme a tutti gli strumenti necessari agli scavi fra le macerie, dalle pale, agli elmetti, ai guanti.
Lo stesso presidente Messicano Enrique Pena Nieto ha intimato di continuare a cercare. Sulle emittenti televisive di tutto il mondo circolano le immagini dei “pugni del silenzio”. Centinaia di soccorritori in piedi sulle macerie invocano il silenzio con il pugno alzato, sperando che anche la voce più fioca di una persona sommersa dai ruderi possa essere udita. Perché anche il minimo segnale può salvare una vita in più, evitando che il conto delle vittime continui ad aumentare.
Lorenzo Nicolao – Agenzia Stampa Italia