Il governo libico del post Gheddafi è del tutto incapace di gestire l'ordine pubblico connesso alla produzione petrolifera, che da sola assicura circa l'80% del PIL nazionale.
Alcune sedi energetiche cominciano a sfuggire di mano a causa degli attacchi terroristici, e la Libia è costretta ad importare risorse dopo un passato da primo produttore del continente africano.
L'attacco militare alla Libia, guidato dalla NATO con la partecipazione di Arabia Saudita e Qatar, inizio' nel marzo 2011 e si concluse solo nell'ottobre dello stesso anno, dopo il cruento assassinio del colonnello Muammar Gheddafi.
La guerra dell'Europa alla Libia, finalizzata a portare a termine cio' che la cosiddetta “Primavera araba” del 2009 non aveva fatto attecchire, ovvero un colpo di stato, ha acuito la guerra civile fra i sostenitori del Rais e i miliziani del nuovo Consiglio nazionale di transizione.
L'operato di Gheddafi che è stato volutamente stroncato dalla NATO sotto pressione francese non è affatto legato alla violazione dei diritti umani ad opera del regime, come l'ONU ha motivato.
Ad oggi il materiale raccolto sui crimini di Gheddafi durante la “Primavera araba” (famose le foto delle fosse comuni) è stato smentito dagli stessi giornalisti di Al Jazeera chiamati al tempo ad obbedire alle direttive mistificatrici dell'Emiro del Qatar, padrone dell'emittente.
Gheddafi fu al contrario fautore dagli anni settanta in avanti del boom economico del paese attraverso la nazionalizzazione del settore petrolifero e delle risorse energetiche.
Solo dopo la crisi economica globale degli anni novanta il PIL libico ha subìto un calo, anche a causa delle sanzioni economiche imposte dall'ONU nel 1991.
Le prime elezioni libere dopo 48 anni di regime nel luglio 2012 hanno decretato la formazione di un governo debole, frutto del compromesso fra i liberali laici e gli islamisti affini ai Fratelli musulmani.
Dal 2011 all'agosto 2013 Human Right Watch ha documentato circa 51 omicidi politici ad opera di milizie terroriste nelle sole città di Bengasi e Derna. Le vittime sono politici del passato regime, magistrati, attivisti, giornalisti, e il fenomeno è fuori controllo.
Tali attentati si susseguono con costanza anche a causa del possesso di armi diffusissimo senza soluzione di continuità dalla guerra civile del 2011.
La regione della Cirenaica, sede dei maggiori giacimenti petroliferi, sta vivendo un conflitto di interessi con la regione della Tripolitania, che è sede del governo.
La rivolta della Cirenaica è portata avanti sia sul fronte politico attraverso la richiesta di secessione, sia sul fronte bellicoso attraverso il lancio di scioperi selvaggi della produzione energetica.
A cavallo fra lo scorso luglio e agosto la produzione è crollata dagli 1.6 milioni di barili (mbg) al giorno a circa 100mila a causa degli scioperi del personale, che hanno portato persino alla chiusura di importanti poli industriali.
Le esportazioni sono precipitate così del 70%, costringendo il governo all'acquisto di gasolio ed olio combustibile dagli stati confinanti, pena la paralisi della nazione.
Il personale energetico rappresentato dall'agenzia di sicurezza Petroleum facilities guard (PFG) sta reclamando, oltre ad arretrati salariali, una maggiore fetta economica dal governo di Tripoli per la Cirenaica.
La sua diretta concorrente nella gestione dei poli è la compagnia statale Noc, con la quale ha aperto uno scontro diretto.
La PFG è divenuta un attore così importante da auto-assegnarsi le sedi industriali e fare il bello e il cattivo tempo nella contabilità delle esportazioni. La PFG è supportata ed infiltrata per la maggior parte dai combattenti anti Gheddafi della guerra civile.
Tali combattenti rappresentano la parte più oscura del passato conflitto, essendosi macchiati di metodi terroristici ricollegabili alla fazione islamista regionale conosciuta erroneamente in Occidente come“Al Qaeda”. Tale fazione è talvolta ricollegata a servizi segreti occidentali.
In una escalation di violenze fra i miliziani della PFG ed il governo sta rimbalzando l'accusa reciproca di corruzione.
Il governo ha coinvolto la marina militare e l'esercito nel monitoraggio di navi sospettate di contenere petrolio da vendere in nero.
La guerra della NATO del 2011 da un lato appare ora marcatamente economico-energetica, poichè ha permesso che la Libia fosse scavalcata dai concorrenti energetici globali dello schieramento avversario, in primis la Francia, l'Arabia Saudita e il Qatar.
Dall'altro lato appare politica, poiché ha tolto al Raìs Gheddafi, leader nazional-socialista indiscusso dell'area sub-sahariana, la possibilità di influenzare i mutamenti in atto nello scacchiere medio orientale di Siria ed Egitto.
Maria Giovanna Lanotte – Agenzia Stampa Italia
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