(ASI) L’ultimo rapporto ISTAT sugli indicatori demografici relativo all’anno 2024 evidenzia un nuovo calo della fecondità in Italia. Viene dunque confermato il trend negativo del calo demografico che prosegue dal 2009. Il tasso di natalità infatti si afferma al 6,3 per mille, in caso rispetto al 6,4 per mille del 2023.
Il rapporto entra nel merito del calo, stimando la fecondità in Italia del 2024 in 1,18 figli per donna. Questo valore stabilisce un nuovo minimo storico, superando in negativo il precedente del 1995 che era di 1,19 figli per donna. Nel 2023 la stima invece si attestava al valore di 1.20. Il calo si fa notare particolarmente al Nord e al Sud, in quanto al centro il numero medio di figli per donna è rimasto sostanzialmente stabile. Ragioni di tipo organico sono le cause principali di questa contrazione costante del calo delle nascite, in particolare la riduzione del numero potenziale dei genitori , risultato diretto del trend negativo delle nascite che è in atto da decenni. Ad un minor numero di nati corrisponde infatti un numero ridotto di potenziali genitori in età fertile e riproduttiva. Un altro fattore che ha contribuito significativamente è dato anche dall’ aumento dell’età media del parto che si registra in tutto il territorio: in particolare al Nord 32,7 anni, al Centro 33 e nel Mezzogiorno 32,3. Oltre a motivazioni organiche, alla base del crollo delle nascite italiane ci sono sicuramente altri motivi di tipo strutturale, legati alla precarietà sul lavoro, all’anzianità del nostro Paese e a politiche non sufficienti a far invertire la rotta. La precarietà frena in particolare i giovani, che si trovano scoraggiati nell’intento di mettere su famiglia. Il progressivo invecchiamento della popolazione italiana, oltre a mettere sempre più in crisi il sistema pensionistico, rallenta anche il mercato del lavoro, in quanto un crescente numero di pensionati necessita un corrispettivo aumento del numero dei lavoratori. Infine le politiche dello Stato, che non sembrano essere efficaci. Bonus, assegni unici, detrazioni e agevolazioni fiscali, non sono stati in grado di invertire il trend negativo degli ultimi decenni. Programmare un maggiore sostegno alle madri lavoratrici per mezzo di incentivi permanenti alle nascite, congedi parentali più lunghi e meglio retribuiti e garantire un migliore accesso agli asili pubblici, potrebbero essere tutte strategie di lungo periodo per cercare di riportare l’indice di natalità in positivo. Perché il dato è chiaro: l’Italia non è più un Paese per giovani e famiglie, se non ci saranno correttivi decisivi, vivremo un lento, progressivo e silenzioso spopolamento.
Carlo Armanni - Agenzia Stampa Italia