(ASI) Milioni di persone al grido: “Black Lives Matter” (Le vite dei neri contano n.d.r.) hanno manifestato in tutto il mondo contro il razzismo, la discriminazione, la violenza, gli eccessi disumani della polizia e per ricordare la vittima George Floyd.
Problematiche da sempre irrisolte che hanno finito per far esplodere le grandi contraddizioni esistenti nella società multirazziale statunitense. Società che ancora non è riuscita ad integrare e far convivere pacificamente fra loro le numerose etnie che la formano. Prende forma il risveglio delle coscienze da parte della gente. La protesta si infiamma per le strade. Siamo in tempi di elezioni negli USA. L’ala democratica guidata da Joe Biden incalza quella repubblicana dell’attuale presidente In carica Trump. A partire da Minneapolis, dove si è consumato l’omicidio dell’afroamericano Floyd, il fuoco della protesta è divampato nelle altre città americane e mondiali.
A gettare ulteriore carburante che ha infiammato le proteste sono state le brutali azioni degli agenti di polizia a danno dei manifestanti e persino dei giornalisti. Si manifesta contro il razzismo. È come se una grande forza interiore abbia portato milioni di persone a manifestare in tutto il mondo. Ci si inginocchia in segno di rispetto. La forza della ribellione e dei manifestanti armati fino ai denti ha fatto della Casa Bianca un fortino blindato. Sulle recinzioni vengono attaccati cartelloni e slogan antirazzisti. “I can’t breathe” non riesco a respirare, le ultime parole di George Floyd prima di essere soffocato a morte. Le città sono gremite di manifestanti. Schierate le forze dell’ordine in assetto antisommossa. Il risveglio della coscienza è mondiale. Il sentimento che ha animato le folle di tutto il mondo a ribellarsi, alcuni lo fanno anche violentemente contro le forze di polizia. Gremito di persone anche il ponte Golden Gate di San Francisco.
Latinos, afroamericani, e bianchi fianco a fianco uniti dal comune desiderio di far cessare le brutalità della polizia ed il razzismo. A Londra i manifestanti si inginocchiano per il secondo giorno consecutivo. Gridano il nome di George Floyd. I giovani si schierano davanti all’ambasciata degli Stati Uniti chiedendo la fine delle discriminazioni. Anche ad Edimburgo si manifesta, cercando di mantenere le distanze sociali imposte dall’emergenza coronavirus. A Roma in Piazza del Popolo, sono in migliaia a gridare che discriminazione ed intolleranza non sono soltanto un problema americano. I giovani si fermano per otto minuti e quarantasei secondi, in silenzio e con il pugno alzato, il tempo in cui George Floyd è stato soffocato. Il risveglio di un sentimento generale. L’appello alla mobilitazione è partito dai social. Tante le partecipazioni anche in Piazza a Milano.
Massimiliano Pezzella - Agenzia Stampa Italia