(ASI) Alcuni giocatori, nonostante non siano nati in quella città, o non siano tifosi di quella squadra possono diventarne bandiere.
Nel 99% dei casi questo accade a quei calciatori che approdano in club d’ élite, dove un ingaggio oneroso e la vittoria di trofei prestigiosi, ne appagano a pieno le esigenze, e sviluppano in loro la consapevolezza di aver raggiunto il top, portandoli a voler restare. Quell’ 1% invece è rappresentato da Matthew Le Tissier, non giocava in un top club e non ha mai vinto nulla, nonostante fosse dotato di una classe sopraffina e di un bagaglio tecnico decisamente fuori dal comune. Lui è semplicemente venuto a contatto con una piccola realtà, creando una tale simbiosi con la piazza, da non voler più svestire quella maglia a strisce biancorosse, alla quale è rimasto fedele per 18 anni.
La scelta di vita di Le Tissier ha sempre diviso l’ opinione pubblica in due fazioni: la prima sostiene che un campioni con i suoi mezzi si sarebbe dovuto confrontare con realtà più importanti, perché così avrebbe avuto un carriera più consona ai suoi mezzi ed avrebbe espresso al meglio il suo potenziale. La seconda (alla quale appartengo anch’ io) invece, ne apprezza la lealtà, i sentimenti, l’ amore verso il Southampton e le rinunce alle quali inevitabilmente si è dovuto sottoporre pur di contraccambiare l’ affetto di una tifoseria che, ammaliata dalle sue magie, lo ha amato ed osannato per quasi un ventennio. Matthew nasce nell’ isola di Guernsey, nel canale della Manica, e fin dall’ inizio della sua carriera contrappone una tecnica stupefacente ad un fisico da assiduo frequentatore di pub (statura medio-bassa, qualche chilo di troppo, e gambe piuttosto fine), tanto che nell’ 85 dopo un provino nelle giovanili dell’ Oxford, fu scartato dalla dirigenza che lo riteneva sovrappeso, e fisicamente inadatto al professionismo.
Il matrimonio tra Le Tissier e i Saints si consuma nel 1986 e già nella prima stagione, schierato trequartista realizza 6 reti in 26 apparizioni, dando un assaggio del suo potenziale sia in fase di rifinitura che n fase conclusiva. Dopo altre due buone annate nel 89-90 arriva l’ esplosione, soltanto in Premier in 35 presenze Matthew realizza 20 reti, salvando i suoi e suscitando l’ interesse di tutta l’ Inghilterra calcistica, stupefatta dal suo fulgido talento e dalla varietà delle sue giocate.
Nella stagione successiva si ripete su livelli altrettanto alti (35 caps 19 gol) e a fine campionato fioccano le offerte, ci provano Tottenham, Chelsea e Liverpool, mettendo sul piatto bei soldi, ma Matt puntualmente rifiuta, ribadendo di star bene a Southampton. “E’ giovane e ancora spaventato da realtà più grandi, ma un campione come lui non potrà rimanere là a lungo” dicevano gli opinionisti. Nel 93-94 si afferma come miglior realizzatore stagionale con 30 reti, 25 solo in Premier( niente male per un trequartista) e le big d’ Europa tornano alla carica, stavolta ci prova lo United, persino il Milan sonda la sua posizione, ma sorprendentemente Le Tissier rifiuta incondizionatamente qualunque offerta. E allora l’ opinione pubblica capisce che non è paura, ma amore per i propri colori, e coerenza verso la propria gente. Col Southampton alla fine Matthew disputerà 462 presenze realizzando 208 reti (162 in Premier), andando in doppia cifra in ben 7 stagioni, arrivando ad essere unanimemente riconosciuto uno dei migliori talenti della storia del calcio inglese. La sua fedeltà al Southampton ne ha condizionato la carriera in nazionale (soltanto 8 presenze), e non gli ha consentito di vincere alcun trofeo, ma la sua storia al confine con la leggenda è davvero stupefacente, e rende ancora più unico un campione che ha anteposto il cuore al portafoglio, ed ha preferito riempire il cuore dei suoi tifosi piuttosto che il proprio palmarès. Fine prima parte, segue.
Alessandro Antoniacci-Agenzia Stampa Italia
Fonte foto: Mark Kobayashi-Hillary [CC BY 2.0 (https://creativecommons.org/licenses/by/2.0)], via Wikimedia Commons