(ASI) Occhiali bianchi e uno stile istrionico inconfondibile. Se ne è andata a 83 una delle più grandi registe del mondo: Lina Wertmuller.
Oscar onorario nel 2020, è stata la prima donna candidata all’Oscar come regista, quando nel 1977 ricevette ben tre Nomination (miglior film straniero, regia e sceneggiatura originale) per il film Pasqualino Settebellezze. Insignita nel 2018 come Cavaliere di gran Croce dell’ordine al merito della Repubblica italiana, nel 2010 ricevette David Donatello alla carriera. Allieva devota del maestro Federico Fellini, ha realizzatoimportanti film di rottura e grande impegno sociale dai Balischi (1963), Mimi Metallurgico ferito nell’onore (1972), Film d’Amore e d’anarchia – Ovvero “Stamattina alle 10 in viadei Fiori nella nota casa di tolleranza” al successo televisivo de Il giornalino di Gian Burrasca (1964-65) per andare su generi apparentemente più leggeri come Io speriamo che me la cavo, dove seppe dare una nuova visione come attore a Paolo Villaggio. Indubbiamente la coppia Giancarlo Giannini e Mariangela Melato sono stati i più valorizzati con cui si realizzò un sodalizio incredibile come ad esempio in Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto (1974).
Chi vi scrive, ha avuto il privilegio di conoscerla e ricordo una frase che ripeteva continuamente: “Se vuoi fare parte del mondo del cinema, devi essere per forza un po’ matto”, proprio a testimoniare la Sua grande personalità. Lina era libera, dal forte temperamento, brusca talvolta nei modi, ma anche molto affettuosa, diretta e di grande sensibilità. E’ stata una pioniera per le donne e ha sempre combattuto per l’emancipazione delle stesse. Aveva uno stile inconfondibile a cominciare da quei occhiali bianchi che le permettevano forse di vedere il mondo da una prospettiva migliore. Un esempio di Donna e Artista unica nel suo genere a cui il cinema e non solo deve molto.
Daniele Corvi - Agenzia Stampa Italia