(ASI) Con riferimento ai pregiudizi non patrimoniali subiti iure proprio dai congiunti per il decesso o il ferimento di un loro caro, la giurisprudenza di legittimità, soprattutto a partire dal 2003, ha puntualizzato che il criterio generale per la liquidazione dei pregiudizi in questione rimane come ovvio quello della valutazione equitativa (artt. 1226 e 2056 c.c), ciò a prescindere che trovino applicazione parametri di legge ( come per il danno biologico-psichico) oppure le tabelle di elaborazione giurisprudenziali.
In merito la Suprema Corte ha avuto modo di precisare che: “ la liquidazione del danno non patrimoniale subito dai congiunti in conseguenza dell’uccisione del famigliare deve avvenire in base a valutazione equitativa, vertendosi in tema di lesioni di valori inerenti la persona, in quanto tali privi di contenuto economico, e deve tener conto dell’intensità del vincolo familiare, della situazione di convivenza e di ogni ulteriore utile circostanza, quali la consistenza più o meno ampia del nucleo familiare, l’età della vittima e dei singoli superstiti, le abitudini di vita”.
E’ stato altresì dedotto e specificato che il danno non patrimoniale concepito quale categoria unitaria, deve essere liquidato in via analitica, cioè adeguatamente considerandosi e personalizzandosi, in relazione alla posizione di ciascun componente familiare e del caso concreto.
Il risarcimento del danno non patrimoniale deve quindi essere integrale e comprendere tutte le componenti del danno, voci, poste o sottocategorie enucleate (biologico, morali ed esistenziali).
Concretamente questi criteri e principi trovano oramai da più di un decennio la loro attuazione attraverso due distinti fasi: il ricorso all’individuazione dei parametri uniformi di base, che avviene mediante l’applicazione del metodo tabellare, più precisamente mediante l’applicazione delle “tabelle milanesi”, e la personalizzazione dei suddetti parametri di base.
Quindi si può affermare che con riferimento alla liquidazione del danno non patrimoniali dei congiunti la liquidazione prevede due fasi:
- L’individuazione dei parametri uniformi di base indicati dalle tabelle ( tenendo conto del fatto che per i pregiudizi biologici si ricorre a tabelle diverse da quelle operanti per gli altri pregiudizi non pecuniari connessi al lutto ed alla perdita del rapporto parentale).
- La personalizzazione degli importi di base, addivenendosi così alla determinazione del quantum complessivo, da riconoscersi a titolo di danno non patrimoniale.
La suddetta impostazione trova le sue radici e giustificazioni nell’insegnamento proveniente dal precedente della Corte Costituzionale nel caso Repetto, tuttora tale da costituire un riferimento imprescindibile, che molto chiaramente a mente dell’art 3 della Costituzione, aveva delineato due esigenze fondamentali ed imprescindibili per la liquidazione del danno non patrimoniale:
- L’esigenza di una uniformità pecuniaria di base, e quindi, il ricorso a riferimenti monetari validi per la generalità delle persone;
- Il bisogno di elasticità e flessibilità delle liquidazione, con imprescindibile adattamento del quantum di base all’effettiva incidenza della menomazione sulla vita quotidiana del danneggiato.
Orbene, acclarato sulla scorta di quanto sopra dedotto che la questione relativa alla liquidazione del danno non patrimoniale da uccisione o da ferimento del congiunto si risolva di fatto nell’applicazione di una determinata tabella di creazione giurisprudenziale.
In merito va specificato che, a fronte della perdurante assenza di tabelle di legge, gli operatori del diritto hanno da sempre seguito il monito della Cassazione che ha indicato le “Tabelle Milanesi” come quelle da assumere a riferimento per tutto il territorio nazionale.
Appare lecito, pertanto, chiedersi che senso possa avere discutere ancora circa la vexata quaestio delle sotto-categorie del danno non patrimoniale.
Autorevole dottrina ritiene che la risposta al quesito debba essere rinvenuta proprio nella stessa tabella milanese, la quale per quanto concerne il danno non patrimoniale risarcibile iure proprio ai congiunti, evidenzia come rimanga ferma la distinzione tra il danno non patrimoniale da compromissione del rapporto con la vittima primaria, dal danno non patrimoniale da lesione dell’integrità psicofisica.
Non va disatteso, infatti che, ogni qualvolta una vittima secondaria riporti una patologia di ordine psichico o fisico, per la quantificazione del danno occorre fare riferimento alle diverse tabelle del danno non patrimoniale da lesione della salute (danno biologico), ove ritornano in auge le varie sottocategorie del danno.
E’ evidente quindi che per una corretta articolazione delle domande risarcitorie anche dal punto di vista dell’onere probatorio, e per una corretta applicazione (personalizzazione) dei parametri monetari individuati dalle tabelle, appaia opportuno tenere in debita considerazione la complessità, sia in senso naturalistico che giuridico del danno non patrimoniale , cioè le sue diverse sfaccettature.
In particolare per ottenere una piena attuazione del principio di riparazione dell’integralità del danno, la liquidazione del danno non patrimoniale da uccisione o ferimento del congiunto, sebbene unitariamente concepito, dovrebbe imprescindibilmente risolversi nella sommatoria, laddove ricorrenti e comprovate, delle seguenti poste di danno- pregiudizio, ovvero pregiudizio morale, pregiudizio esistenziale e pregiudizio da menomazione all’integrità psicofisica della vittima secondaria.
La distinzione tra queste diverse componenti del danno non patrimoniale, non costituisce un mero vezzo dottrinale, bensì un’esigenza pratica, giacché unicamente muovendosi da questa ampia prospettiva è possibile articolare compiutamente le domande risarcitorie insieme alle rispettive prove e istanze istruttorie, mirando ad una congrua personalizzazione del danno.
Dirimente sul punto è il principio statuito dalla Corte di Cassazione, secondo cui: “pur se l’importo del risarcimento va quantificato in un’unica somma, il Giudice deve dimostrare nella motivazione di aver tenuto conto di tutti gli aspetti che il danno non patrimoniale abbia assunto nel caso concreto, ed in particolare del danno insito nella perdita del rapporto parentale, oltre che delle sofferenze morali transeunte”.
Il monito dalla Cassazione, quindi, è chiaro: la liquidazione del danno non patrimoniale da perdita de congiunto è corretta ogni qualvolta siano state valutate e valorizzate in termini monetari tutte le sue componenti.
Francesco Maiorca – Agenzia Stampa Italia