(ASI) Già con la sentenza n. 1516 del 2 febbraio 2001 la Suprema Corte ebbe modo di precisare che: “appare fuorviante parlare di un danno riflesso e di rimbalzo, proprio perché lo stretto congiunto il convivente e /o solidale con la vittima primaria, riceve immediatamente un danno conseguenza, di varia natura (biologico, patrimoniale, ed esistenziale) che lo legittima iure proprio ad agire contro il responsabile dell’evento lesivo”.
Questa conclusione fu condivisa anche con riferimento alle ipotesi di ferimento del congiunti.
Sempre la Suprema Corte di Cassazioni a Sezioni Unite con la pronuncia n. 9556 del 1 luglio 2002 ebbe modo di precisare che: “ad un ulteriore approfondimento sembra doversi riconoscere che la nozione dei cd. danni riflessi o mediati non evidenzia una differenza sostanziale e /o eziologica con i danni diretti, ma sta ad indicare una propagazione delle conseguenze dell’illecito delle cd. vittime secondarie, cioè ai soggetti collegati da un legame significativo con il soggetto danneggiato in via primaria…..In termini di causalità infatti il rapporto esistente tra il fatto del terzo ed il danno risentito dai prossimi congiunti della vittima è identico, sia che a tale fatto consegua la morte, sia che da esso derivi una lesione personale. In entrambi i casi esiste un rapporto da causa ad effetto che, se è diretto ed immediato nel primo caso, non può non esserlo anche nel secondo. Non vi sono eziologie diverse tra il caso della morte e quello delle semplici lesioni perché in entrambe le ipotesi esiste una vittima primaria, colpita o nel bene vita o nel bene della salute, ed una vittima ulteriore anch’essa lesa in via diretta ma in un diverso interesse di natura personale.”
Successivamente la Cassazione ribadì come la definizione del danno dei congiunti alla stregua di un “ danno riflesso” non cogliesse nel segno, dovendosi avere riguardo alla lesione della posizione giuridica protetta che nel caso di evento plurioffesivo è contestuale ed immediata per tutti i soggetti che sono titolari dei vari interessi incisi (Cass. Civ. Sez. III n. 8828 del 31 maggio 2003).
Questo inquadramento del danno-evento subito dai congiunti come danno “diretto” è stato poi costantemente ribadito (Cass. Civ. Sez. III 13 dicembre 2012, n. 22909, in cui si è ribadito che: “ i congiunti della vittima di un illecito hanno diritto di chiedere il risarcimento dei danni non patrimoniali come diritto proprio e personale e non anche quale mero effetto riflesso del danno subito dalla vittima”).
In conclusione si deve evidenziare che le espressioni “danni riflessi e vittime di rimbalzo”, non hanno un vero valore giuridico, ma una funzione meramente descrittiva, volta a dimostrare che il fatto illecito coinvolge una persona quale vittima principale ed al contempo altri soggetti legati a questa.
Per altro, anche l’espressione “vittime secondarie”, va concepita quale mera etichetta avente finalità esclusivamente descrittiva, in quanto questi soggetti sono in realtà vittime dirette e principali del sinistro, esattamente come le vittime primarie.
L’illecito civile incide quindi direttamente e soprattutto autonomamente, su diverse posizioni giuridiche tutelate dall’ordinamento.
Francesco Maiorca – Agenzia Stampa Italia