(ASI) “Ci sono almeno tre grandi strade da percorrere sulla questione dell’immigrazione. Prima di tutto difendendo la vita umana: sempre! Non ci può essere alcuna giustificazione morale nel negare l’assistenza ai sofferenti e a coloro che rischiano di morire nei deserti africani o nel mar mediterraneo.
In secondo luogo, promuovendo dei programmi di sviluppo in Africa e adottando i cosiddetti canali umanitari. In terzo luogo, infine, elaborando una vera integrazione sociale e culturale di coloro che sono già in Italia e in Europa”. Lo dichiara il presidente della Conferenza Episcopale Italiana in un’intervista rilasciata ad Agenzia Stampa Italia. Monsignor Gualtiero Bassetti evidenzia inoltre, al nostro quotidiano online, le numerose iniziative, promosse dalla Chiesa Cattolica, volte alla lotta contro la povertà e in particolare la “Casa della carità che stiamo organizzando a Perugia per i senzatetto e per tutti coloro che ne avranno bisogno”. L’arcivescovo della città umbra sottolinea anche l’importanza della “cultura dell’incontro”, lasciata in eredità dall’ultima GMG avvenuta a Panama. Parla infine di Medjugorje, santuario in cui “la liturgia si svolge secondo tutte le regole della Chiesa ed i pellegrini pregano, adorano Gesù Eucarestia e si confessano”, ricordando al contempo che la Santa Sede dovrà ancora pronunciarsi in merito agli “aspetti carismatici”.
Come contribuirà, al rinnovamento della Chiesa, la GMG di Panama? Quali spunti di riflessione suggerisce?
La GMG di Panama, come tutte le GMG del resto, segnano in profondità il cuore di tutti coloro che hanno partecipato. Si tratta di una grande esperienza di una Chiesa in cammino e che si fa pellegrina in tutto il mondo. Panama, inoltre, ci lascia una grande eredità: la promozione della cultura dell’incontro. Il Papa ha detto ai giovani di essere “veri maestri e artigiani della cultura dell’incontro” e ha poi sintetizzato questo pensiero con una sola parola: “fraternità”. Una parola antica con un significato attualissimo. Si tratta di una grande sfida per il futuro. Quando infatti sembra prevalere, in ogni ambito, un individualismo estremo e un utilitarismo ossessivo, la Chiesa propone un’altra via: la cultura dell’incontro, ovvero riscoprirsi autenticamente fratelli e sorelle, diventare amici e non nemici. Incontrando Gesù si può promuovere concretamente ogni persona umana, si possono creare luoghi di dialogo e non di divisione, si possono costruire momenti di pace e non di guerra.
Come la Chiesa intende aiutare i giovani ad affrontare le sempre più numerose sfide del nostro mondo?
Anche in questo caso c’è una parola che racchiude tutto: “accompagnamento”. La Chiesa si fa prossima dei giovani accompagnandoli in ogni momento della vita, standogli accanto, dandogli la sua mano, indicando loro il sentiero della vita con amore paterno e sguardo materno. Non si tratta di imporre pesanti fardelli sulle spalle dei giovani, ma di fare luce. È la luce di Cristo che illumina i peccati del mondo e che rende gloriosa ogni croce, anche quella più dolorosa. Ed è la luce del Signore che dà significato all’esistenza: ad ogni esistenza! Con questa consapevolezza, l’accompagnamento della Chiesa si incarna nella vita quotidiana: nella famiglia, nella scuola, nell’Università, nel tempo libero, nel fidanzamento, nel lavoro e perfino sui social network.
Quali soluzioni propone la Chiesa alla problematica dell’immigrazione e alle difficoltà, della società italiana, di continuare ad accogliere nelle modalità tradizionali coloro che sbarcano sulle nostre coste?
La Chiesa è “maestra di umanità” e si prende cura degli ultimi, come diceva Paolo VI, per diritto evangelico e non certo per una rivendicazione sociale o politica. Detto ciò ci sono almeno tre grandi strade da percorrere sulla questione dell’immigrazione. Prima di tutto difendendo la vita umana: sempre! Non ci può essere alcuna giustificazione morale nel negare l’assistenza ai sofferenti e a coloro che rischiano di morire nei deserti africani o nel mar mediterraneo. In secondo luogo, promuovendo dei programmi di sviluppo in Africa e adottando i cosiddetti canali umanitari. In terzo luogo, infine, elaborando una vera integrazione sociale e culturale di coloro che sono già in Italia e in Europa: questa rappresenta la più grande sfida del futuro e su cui c’è molto ancora da fare.
La povertà dilaga, sempre di più, nel nostro paese. Sono previste ulteriori iniziative pastorali volte ad alleviare le sofferenze di coloro che vivono in stato di indigenza?
I poveri sono da sempre al primo posto delle nostre cure e dei nostri pensieri perché nei poveri riusciamo a scorgere il volto di Cristo in Croce. Abbiamo organizzato collette per le famiglie in difficoltà, mense per i poveri, empori della solidarietà: in ogni diocesi italiana c’è uno sforzo continuo e silenzioso per assistere gli indigenti, gli scartati, gli abbandonati. Tra le tante iniziative che stiamo mettendo in atto in questo momento mi piace sottolineare anche la Casa della carità che stiamo organizzando a Perugia per i senzatetto e per tutti coloro che ne avranno bisogno. Si tratta di un’iniziativa nata in modo spontaneo e da un’esigenza concreta: il freddo del nostro inverno che può arrivare ad uccidere i clochard e i senza dimora.
Il Visitatore Apostolico, nominato dal Papa, a Medjugorje monsignor Henryk Hoser ha dichiarato all’inizio di quest’anno che un gruppo di architetti sta preparando il progetto per estendere lo spazio per le celebrazioni liturgiche, valutando anche la possibilità di costruire una cappella. Ha aggiunto inoltre che sono in aumento i pellegrini nel noto villaggio dell’Erzegovina. Che cosa pensa di tale iniziativa, della località e del culto che si è sviluppato?
Medjugorje sta diventando uno dei santuari più frequentati d’Europa. La gente ritorna ritemprata nella fede. Una cosa è il santuario, dove la liturgia si svolge secondo tutte le regole della Chiesa ed i pellegrini pregano, adorano Gesù Eucarestia e si confessano. Altra cosa sono gli aspetti carismatici, su cui dovrà pronunciarsi la Chiesa.
Marco Paganelli – Agenzia Stampa Italia