(ASI) Roma – Il Capodanno è forse la più antica festività e in Italia deriverebbe dalle celebrazioni pagane in onore del Dio Giano. Infatti, se i Romani chiudevano l’anno con i Saturnali (una serie di festeggiamenti in onore del Dio Saturno), lo aprivano il 1 gennaio con le celebrazioni in onore del dio Giano, da cui trae origine il nome del primo mese dell'anno, appunto Gennaio.
Il Capodanno, cioè la festa pagana del Dio Romano Giano coincide col 1 gennaio, da quando è stato introdotto nella Roma antica, nel 46 a.c., il Calendario Giuliano, promulgato da Giulio Cesare, in qualità di Pontefice Massimo. In precedenza, il Capodanno era il 1 marzo, in prossimità del risveglio naturale primaverile, come era in uso in molte popolazioni italiche.
Il nome del dio Giano, tipicamente italico e latino, deriverebbe da “Janus”, termine che deriverebbe a sua volta da “porta” in latino: “ianua”.
Quindi, Giano è considerato il Dio dell'apertura, cioè dell'inizio, in questo caso appunto dell'apertura dell'anno, cioè del suo principio.
Infatti, nell'antica Roma si credeva che ogni azione, sia pubblica che privata, non si poteva svolgere positivamente se non si aveva il favore del dio Giano che, secondo gli Italici e i Latini, presiedeva alla nascita del mondo, ed era anche protettore del concepimento, perciò, in tal senso, veniva definito “Janus Pater”, cioè padre di tutti gli uomini, dell'Universo.
Una delle attività pubbliche che assolutamente non si potevano fare contro il favore di Giano, era sicuramente la guerra, infatti il suo tempio nel Foro Romano (la cui sembianza è pervenuta a noi solo su una moneta di Nerone del 66 d.C.), rimaneva aperto in occasione di campagne militari e veniva sbarrato con una cerimonia in tempo di pace. Pertanto, si considerava Giano anche il custode simbolico della pace.
A Giano, i Romani offrivano ritualmente foccacia, farro o lenticchia (da ciò deriverebbe l'uso attuale delle lenticchie per i soldi e la fortuna nel nuovo anno), per propiziare i raccolti e quello stesso giorno i Romani usavano incontrarsi a mangiare con gli amici e scambiarsi doni. Inoltre, si gettavano fragorosamente dalla finestra delle case della plebe romana tutte le cose vecchie e legate a cattivi ricordi e presagi (da qui deriva la tradizione dei botti e del lancio degli oggetti, ancora molto diffusa a Napoli, a Roma e nel centro – sud Italia).
Esso, secondo una leggenda latina, sarebbe stato il primo Re del Lazio che dimorava sul Gianicolo (letteralmente “posto abitato da Giano”), dove ospitò il Dio Crono (Saturno per i Romani), dopo che venne detronizzato dal figlio Zeus (il Latino Giove).
Per la gentilezza, Saturno trasfromò Giano in una divinità, donandogli la possibilità di vedere sia il passato che il futuro e proprio per questo viene rappresentato bifronte, dal cui aspetto deriverebbe anche il fatto di essere il sorvegliante sia della porta della casa che della città: una sua faccia guarda verso l'entrata, mentre l'altra verso l'uscita (il passato – il futuro, l'inizio – la fine).
Cristiano Vignali – Agenzia Stampa Italia