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Malasanità. L'Italia che non funziona, e che non vuole funzionare

(ASI) Probabilmente, nel scrivere queste righe sarò più toccato del solito. Succede, quando si toccano certe corde del cuore. Avevo un amico. Avevo, perché non c'è più. Lo hanno ucciso in tanti. Non uno, tanti. Si chiamava Roberto Janne. Aveva nel 2007, ventun anni. Era il figlio del migliore amico di mio padre.

Abbiamo giocato molto assieme. Dall'altalena, alle carte. Da nascondino, allo scoppiare i primi petardi. Dalla competizione scolastica a tutte le cose che si fanno dai 3 ai ventun anni di età. Da piccoli eravamo soliti baloccarci presso il circolo Ufficiali e Sottufficiali di Presidio Aeronautico, poiché i nostri genitori, entrambi militari, prestavano servizio per quell'arma. E potrei andar avanti per ore.

Era il mese di agosto, anno 2007. Nel quotidiano locale della mia città, il Mattino di Padova, leggo che vi sarebbe stato un funerale in Duomo. La triste cerimonia doveva essere per Roberto Janne. Non potevo crederci. Non sapevo ancora nulla, e gradualmente mi documentavo sui giornali. Pochi giorni prima, si era difatti consumata una tragedia.

Roberto, si trovava in vacanza in Salento, terra originaria di suo padre, così come del mio. A Torre Lapillo, decideva di gustare, assieme a tre amici padovani, una granita alla menta, probabilmente per dissetarsi, contro quel caldo estivo che attanaglia il Sud Italia. Roberto soffriva di un'allergia particolare, ossia di una grave intolleranza al lattosio. Molte volte, quando abbiamo mangiato assieme, non beveva il latte, la pizza doveva essere con ingredienti senza lattosio, etc. etc.

Prima di bere la granita, aveva avvertito la banconista, che lo aveva rassicurato circa il contenuto della bibita. Non era invece come aveva asserito la signora.

Roberto si sentiva subito male. Accompagnato dai tre amici, si era recato prima in auto dalla guardia medica di Torre Lapillo. Incapaci di assisterlo, lo avevano invitato a recarsi a Copertino. Veniva così accompagnato da un'ambulanza sulla quale viaggiavano due infermieri. A metà strada, veniva preso in consegna da una seconda ambulanza, con medico presente a bordo. Nessuno è stato in grado di salvarlo. Nessuno gli ha somministrato i farmaci salvavita. Non li avevano con sé. Un broncospasmo indotto da shock anafilattico, se lo è portato via. Per sempre.

Ieri, il giudice monocratico di Nardò (Lecce), ha stabilito che non vi è alcun colpevole per la morte di Roberto Janne. Non v'è omicidio colposo, il fatto non sussiste.

Non ha importanza se nessun medico, o prestatore di soccorso, come l'infermiera Paola Martina, non aveva da somministrare alcun farmaco. Sarebbe stata sufficiente una puntura, per garantirgli la salvezza. Invece No.

Neanche la banconista è colpevole, nemmeno lei sapeva di vendere un prodotto che ha stroncato la vita del ragazzo. O semplicemente non gliene importava, bastava guadagnare i soldi della granita, e fare passare la serata. Erano le 23,30, tra poco, il locale avrebbe chiuso.

I due genitori di Roberto, si erano costituiti parte civile. Il ritorno a Padova, che sarà a giorni avrà un sapore amaro. Così come tutta la vicenda. Assolti tutti, nessun colpevole. Roberto, tuttavia, non c'è più. Non sarebbe stato certo un risarcimento a riportarlo in vita. Nulla può risanare la perdita di un figlio morto. Tuttavia, ricordo al Pm che ha emesso la sentenza, alla banconista, ai medici ed infermieri che lui, fino al 4 agosto 2007 era lì. Dal 05 agosto, non più

Valentino Quintana per Agenzia Stampa Italia

 
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