“In agricoltura manca il reddito che l’ Unione europea avrebbe dovuto garantire attraverso i suoi trattati istitutivi - prosegue il coordinatore - abbiamo perso il 35% di reddito in dieci anni rispetto alla media positiva dei partner europei e il potere di acquisto dei nostri prezzi agricoli e’ ancora quello di quarantanni fa, ma i sottosegretari all’ economia continuano a fare confusione tra agricoltura e agroindustria, anche nelle trasmissioni televisive, ritenendo florido il nostro settore a causa dell’ incidenza positiva dell’ export agroindustriale sul PIL”. “E’ vero - aggiunge - ma questo e’ un pregiudizio! Il valore aggiunto di quei fatturati, derivante da materie prime straniere, va all’ industria non agli agricoltori, che sono costretti ad accontentarsi delle briciole imposte dall’ industria di trasformazione”.
Oggi le strade per invertire la rotta e recuperare competitività e reddito sono chiare: ridurre i costi e aumentare i ricavi (e gli aiuti).
Sulla riduzione dei costi lo Stato puo’ fare molto e subito. “Ad esempio - afferma De Bonis - abbassando le aliquote iva al 4% sugli acquisti di tutti i beni e servizi, allineando le aliquote contributive e previdenziali a quelle degli altri concorrenti europei, eliminando le accise sui carburanti e sul trasporto dei prodotti agricoli, favorendo velocemente l’ accesso al credito attraverso la banca del mezzogiorno e una deroga alle regole di Basilea per l’ agricoltura, smantellando radicalmente la pressione fiscale sino a che non vi sarà una rivalutazione dei prodotti agricoli - i cui prezzi sono fermi agli settanta ! - con conseguente ripresa della capacità contributiva del settore. Senza tralasciare l’ urgenza di una moratoria di tutte le scadenze verso Inps, Equitalia e Banche e di un successivo consolidamento delle passività che frenano ogni investimento”.
Sul fronte dei ricavi il discorso e’ piu’ complicato e dipende dalle varie filiere. “In linea generale - riferisce il portavoce - si puo’ affermare che sino a quando il governo non implementerà una vera politica agricola a difesa delle nostre materie prime alimentari, sarà molto difficile convincere gli industriali a cedere quote del loro valore agli agricoltori. Solo se lo Stato interviene con le regole, gli industriali potranno accettare degli accordi equi di filiera”.
Tale politica passa attraverso la tutela del made in Italy, sempre piu’ in mani straniere, un‘etichettatura trasparente dell’ origine senza i tempi biblici europei, una tracciabilità obbligatoria e non volontaria, una trasparenza nei meccanismi di formazione dei prezzi all’ origine dove si annidano impuniti cartelli e abusi, una rinegoziazione europea degli aiuti per l’ Italia, che versa al bilancio comunitario piu’ di quanto riceve e non ha preso nessuna iniziativa per compensare il baratto comunitario che si sta facendo dell’ agricoltura mediterranea, infine una promozione dei consumi attraverso una politica che premi la sanità e non una qualità urlata con slogan e comunicazioni ingannevoli.
“Se Casini intende tornare ad occuparsi di agricoltura e salvare l’Italia, - conclude il coordinatore - cominci a parlare di queste cose al vertice di giovedì con Monti, senza ridurre il dialogo all’ Imu che rappresenta solo la punta dell’ iceberg”.