(ASI) Parlando della decisione del Governo italiano di non appoggiare la candidatura del comitato promotore per tenere a Roma i Giochi Olimpici del 2020, la cosa più sorprendente è la scarsa, scarsissima eco che la vicenda ha avuto in primo luogo a livello mediatico e secondariamente, ma non in ordine di importanza per comprendere lo stato d’ animo della gente, presso l’ opinione pubblica.
Se si escludono infatti i giorni immediatamente successivi al 14 febbraio, data dell’ ufficiale diniego governativo di apprestare le garanzie necessarie alla presentazione della candidatura, nei quali è stato fisiologico- quasi inerziale - che la notizia fosse presente nei resoconti giornalistici, il fatto è uscito rapidamente dalle cronache senza aver suscitato troppa indignazione o contrarietà . Come era prevedibile, non sono mancate opinioni in disaccordo con la decisione presa dal Consiglio dei Ministri da parte di quanti più direttamente si erano esposti nel sostenere l’ iniziativa, tra i quali in prima fila il sindaco della capitale Gianni Alemanno. Tuttavia l’ impressione percepita è stata come di voci fuori dal coro.
Ma ancor più veritiero indicatore del pubblico sentire sulla eventuale presentazione della candidatura- più veritiero ancora dello spazio e degli approfondimenti dedicati nei notiziari alla nuova- è che non si sia sentito far parola dell’ accaduto al di fuori delle sede istituzionali. Qualche fugace citazione nelle consuete chiacchiere vicinali o da bar, ma poco più che una presa di nota, piuttosto che una vera reazione. Pure negli ambienti universitari la notizia è passata quasi inosservata. Il che non è tanto sintomatico di un disinteresse giovanile per l’ attualità, che troppo spesso è invocato per lamentare i mali del nostro presente; quanto piuttosto ,in buona parte dei casi, della concordia di fondo con la decisione del Primo Ministro di “ non allentare la cintura di sicurezza in un momento ancora delicato”.
Per una corretta analisi della proposta è indubbio che dovessero aver luogo approfondite verifiche di carattere economico contabile, onde soppesare l’ onerosità dei costi con la consistenza del ritorno immediato e non. Non vi è ragione di dubitare che chi di dovere abbia adempiuto a tale compito in modo coscienzioso, ma bisogna evidenziare che la scelta abbia risposto a valutazioni generali a medio e lungo termine. ( Mentre quelle dei promotori erano forse carenti di quella lungimiranza, che è essenziale per evitare che occasioni simili si tramutino da promettente rampa di lancio a trappola inattesa ) Il punto centrale è cogliere da che parte pendesse la bilancia nel confrontare gli uni e gli altri, sapere con esattezza da che parte sarebbero venuti i fondi necessari al finanziamento e quale sarebbe stata l’ incidenza delle spese sulla finanza pubblica. Meritevoli di menzione sono anche le condizioni esterne al nostro Paese nell’ ambito delle candidature, poiché era ormai palese che la Turchia godesse dell’ influente appoggio tedesco, mentre il Giappone dell’ altrettanto valido sostegno transalpino; entrambi i nostri vicini europei avendo progettato con queste scelte di trarre ritorni indiretti dalle le loro esportazione.
Volendo anche tralasciare questi dati di fatto, che per lo più sfuggono ala considerazione di un cittadino mediamente informato, nondimeno si deve constatare che l’ Italia in gran parte e con essa i suoi giovani, ha accordato fiducia al Premier nell’ attendere tempi migliori per immettersi in un impresa tanto affascinante, quanto ardua. Acquisita è la consapevolezza , grazie al disastroso esempio ellenico, che un massiccio incremento della spesa pubblica effettuato al di sopra delle proprie forze, può portare ad una neppure troppo improbabile implosione dell’ apparato statale su se stesso.
In ultima analisi, la scelta della posizione tenuta in materia dalle persone comuni può ricondursi anche alla credibilità dei massimi esponenti delle due alternative: Monti per il no ed Alemanno per il sì. Da un lato si è scorto un pacato professore di economia indubitabilmente capace di destreggiarsi negli ambienti politici seppure a lui non familiarissimi, che prima di tutto è stato in grado di risollevare l’ immagine del nostro Paese agli occhi degli stati della comunità europea ed internazionale, dopo un lungo periodo nel quale esso era esposto al pubblico ludibrio degli osservatori stranieri soprattutto a motivo del vertice potere di governo; di riscuotere il consenso pressoché unanime di forze politiche di solito contrapposte sterilmente nella dialettica parlamentare priva della sua tradizionale funzione; di suscitare nuovamente consapevolezza delle grandi capacità del nostro popolo presso l’ opinione pubblica. Dall’altro ha invece fatto mostra di sé un amministratore ripetutamente disattento, per non dire insensibile, rispetto ai problemi concreti della città cui è preposto; grottescamente impegnato dinnanzi alle televisioni a scaricare evidenti sue colpe su altri, nel mezzo dell’emergenza neve delle prime settimane di febbraio, piuttosto che darsi da fare quando più sarebbe stata richiesta una sicura direzione centrale della situazione imprevista. La maggior parte degli Italiani ha mostrato di aver ripreso coscienza della centralità dell’ interesse generale, che è quello non già di uno o più gruppi pure ampi numericamente ed influenti, bensì quello che inerisce l’ intera comunità nazionale.
Damiano Cuppone Agenzia Stampa Italia
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